SPECIALE CARCERE Laurearsi per cambiare vita

Percorso utilissimo ma con molti ostacoli, secondo Stefania Carnevale, delegata Unife. “Studenti senza mani e senza braccia” per carenza di strumenti

Laurearsi in carcere è possibile. È del novembre del 2020 il primo detenuto ad aver conseguito, con lode, la laurea presso l’Università di Ferrara; e fa parte di un gruppo di alcune decine di detenuti che sono giunti al traguardo in uno dei numerosi atenei del nostro Paese che aderiscono alla Conferenza nazionale universitaria poli penitenziari (Cnupp), istituita presso la Conferenza dei rettori delle università italiane (Crui).

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SPECIALE CARCERE La scuola come scelta

Decidere di studiare in carcere apre alla possibilità di una nuova vita. In un docu-film l’esperienza di Ferrara

Dall’obbligo alla scelta, si può riassumere così l’evoluzione che ha subìto la scuola in carcere. Chi viene a scuola ora lo fa scegliendo liberamente tra le diverse attività trattamentali previste dall’ordinamento carcerario, ma spesso l’istruzione in carcere è per molti il primo approccio in assoluto all’istruzione!

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Obiettivo 4 La libertà dei popoli indigeni passa attraverso l’educazione

Il caso dell’America latina: l’analisi di Anita Gramigna, pedagogista di Unife

Il metodo dialogico di Paulo Freire, la visione olistica e il sincretismo fra cultura indigena e cultura europea-cristiana possono aiutare i popoli nativi latinoamericani a rivendicare i propri diritti. Fondamentale il ruolo delle donne nell’educazione dei figli alla lotta identitaria.

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Obiettivo 4 Didattica inclusiva nei confronti della disabilità

Analisi e bilancio della pedagogista Tamara Zappaterra di Unife

il percorso educativo di alunni con disabilità deve insegnare loro l’autodeterminazione e a tutti l’accoglienza delle unicità. L’Italia è stata il Paese apripista per una didattica che punta a far raggiungere a tutta la classe gli obiettivi formativi, ma restano gli stereotipi verso la disabilità.

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Nessuna speranza per le studentesse afghane

Nessuno - compresa la stampa occidentale - si occupa più del loro destino

Le scuole secondarie per le ragazze afghane sono chiuse da oltre 10 mesi, e non riapriranno. È il risultato della Grande Conferenza che ha riunito nei giorni scorsi, a Kabul, migliaia di anziani e Ulema, termine che nella religione islamica indica religiosi e predicatori; sono loro che avrebbero dovuto dare indicazioni sul futuro delle studentesse afghane dopo che Il governo dei talebani aveva già disatteso tutte le aspettative delle giovani donne che speravano di poter riprendere dal 21 marzo gli studi nelle scuole di istruzione secondaria.

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Afghanistan: le ragazze non torneranno più a scuola

Il governo dei talebani ha disatteso tutte le aspettative delle giovani donne che speravano di poter riprendere dal 21 marzo gli studi nelle scuole di istruzione secondaria, interrotti per oltre sette mesi dalla presa di potere dello scorso agosto. Come riporta the Guardian, il 23 marzo il Ministero dell’istruzione talebano ha infatti annunciato la chiusura delle scuole oltre il sesto grado per un tempo indefinito, o fino a quando saranno adottati regolamenti scolastici in linea con “i principi della legge islamica e della cultura afghana”, incluse ulteriori restrizioni sull’abbigliamento delle ragazze.

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La didattica online piace agli studenti. Se di qualità e integrata con la presenza

I risultati di una ricerca Unife smentiscono alcune voci di stampa

All’Università di Ferrara il modello di didattica online che si è affermato durante la pandemia – ma già oggetto di precedenti originali sperimentazioni didattiche – è quello cosiddetto blended: l’integrazione fra lezioni in aula e diverse modalità di insegnamento in Rete. È un modello che piace alla grande maggioranza degli studenti, come segnalano i risultati di un’indagine empirica condotta all’inizio dell’anno accademico in corso da Marco Pedroni – docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi a Unife – su un campione di studenti frequentanti il Dipartimento studi umanistici.

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