“La via giudiziaria alla tutela dell’ambiente svolge una funzione di supplenza alla mancanza di intervento e di decisioni politiche degli altri due poteri, Non deve essere così: nella tutela dei diritti alla vita e alla salvaguardia dell’ambiente Il ruolo del giudice è quello di garante.” Margherita Ramajoli, docente di diritto amministrativo all’Università di Milano, inquadra così la situazione, invero molto complessa, che si è venuta a creare in questi ultimi anni con l’esplosione numerica dei casi di “cause climatiche”. La situazione è stata affrontata nel corso del Convegno “Il governo dei cambiamenti climatici: profili costituzionali ed amministrativi” organizzato recentemente presso la Facoltà di giurisprudenza dell’Università di Ferrara da Marco Magri, docente di diritto ambientale.
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Aumento delle temperature peggio del previsto per motivi inspiegabili. Gli scienziati dell’IPCC sono estremamente preoccupati
Indagine del Guardian. Senza tempestivi interventi politici il cambiamento climatico sarà irreversibile
L’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a +1.5°C rispetto all’epoca preindustriale potrebbe essere già solo un buon proposito: centinaia tra gli scienziati più autorevoli a livello mondiale hanno infatti previsto un aumento di almeno 2.5° C entro la fine del secolo. E le conseguenze saranno catastrofiche.
Causa climatica “Giudizio Universale”: i tribunali italiani non possono decidere sulle politiche per il clima
La sentenza conferma la debolezza del diritto in questo campo, ma l’azione legale va avanti
“Si tratta di un’occasione persa per le istanze sociali e ambientali nel nostro Paese. Secondo il tribunale nessun giudice italiano può tutelare i diritti fondamentali minacciati dall’inefficienza delle politiche climatiche dello Stato, come avvenuto in molti Paesi europei. È una scelta di retroguardia. Non possiamo negare di essere delusi dall’esito del processo ed è certo che impugneremo la decisione.” Commenta così Marica di Pierri, coordinatrice della campagna Giudizio universale, la prima sentenza dell’azione legale intrapresa due anni fa contro lo Stato italiano per inadempienza climatica.
Giustizia climatica: non bastano interventi finanziari. Servono decisioni politiche e vincoli giuridici, secondo il giurista Magri di Unife
Le norme nel diritto climatico sono deboli: non è facile costringere gli Stati ad abbattere le emissioni
“La logica di fondi come il Loss and Damage è una logica di solidarietà, ma bisognerebbe chiedersi se abbia senso fare della lotta ai cambiamenti climatici una questione fondamentalmente finanziaria. Inoltre, nonostante l’ipotesi di un’obbligatorietà della contribuzione mi trovi d’accordo, va considerato il diritto internazionale è privo dei meccanismi coercitivi del diritto nazionale in quanto mitigato dalla sovranità degli Stati, per cui anche in questi casi l’accordo si trova nella misura in cui tutti lo vogliono.” È quanto afferma ad Agenda17 Marco Magri, docente di Diritto amministrativo presso l’Università di Ferrara.
Giustizia climatica: difficile attribuire le responsabilità, meglio un contributo universale proporzionale, secondo l’economista Frattini di Unife
Prevenzione, pace e uguaglianza per contenere un danno annuale di trilioni di dollari
“Purtroppo siamo in una fase in cui si è passati dall’iper spinta alla globalizzazione alla contrapposizione in ogni ambito, dallo sviluppo economico ai diritti umani e al cambiamento climatico, per cui fatico a immaginare che ci siano davvero le condizioni per affrontare in modo costruttivo la questione della giustizia climatica. Bisogna trovare un terreno da dove cominciare a sanare questa frattura e introdurre un ragionevole meccanismo di proporzionalità nella contribuzione, che coinvolga anche le economie a basso reddito, permetterebbe un notevole passo avanti” afferma ad Agenda17 Federico Frattini, docente di Economia dello sviluppo presso l’Università di Ferrara.
SPECIALE COP28 Giusta attenzione alle emissioni di metano; finanziata la giustizia climatica ma troppo poco, secondo l’economista Francesco Nicolli di Unife
Risultato politicamente importante, ma non sufficiente per fermare il cambiamento climatico
“Anche se a Dubai non abbiamo voltato pagina sull’era dei combustibili fossili, questo risultato è l’inizio della fine” ha affermato il segretario esecutivo delle Nazioni unite per il cambiamento climatico Simon Stiell nel suo discorso di chiusura della ventottesima Conferenza annuale delle Nazioni unite sul clima (COP28), che si è tenuta a Dubai negli Emirati arabi dal 30 novembre al 13 dicembre.
COP28. L’Africa, molto colpita dalla crisi climatica e poco risarcita, potrebbe puntare sui crediti di carbonio (2)
Ma solamente fuori dal modello estrattivo per finanziare progetti come agroecologia e democrazia energetica, secondo Inyang Ntui, diplomatica nigeriana
In vista della prossima Conferenza delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici (Conference of Parties, COP28), in programma a Dubai (Emirati arabi uniti) dal 30 novembre al 12 dicembre 2023, per attirare più finanziamenti, i Paesi dell’Africa Climate Summit, tenutosi a Nairobi (Kenya) all’inizio di settembre, hanno sostenuto l’opportunità di sfruttare i serbatoi naturali di carbonio africani, ovvero le risorse che intrappolano l’anidride carbonica come foreste, savane e wetland (zone umide e palustri fra cui le foreste di mangrovie), per contribuire alla decarbonizzazione globale, facilitando il mercato dei crediti di carbonio nel continente.
COP28. L’Africa, molto colpita dalla crisi climatica e poco risarcita, potrebbe puntare sui crediti di carbonio (1)
Soluzione controversa e pericolosa. Accettabile solo con rispetto delle comunità locali, della biodiversità e in nuovi accordi internazionali, secondo Inyang Ntui, diplomatica nigeriana
Dal 30 novembre al 12 dicembre 2023 è in programma a Dubai (Emirati arabi uniti) la prossima Conferenza delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici (Conference of Parties, COP28). I Governi africani si presenteranno con una posizione comune stabilita all’Africa Climate Summit, tenutosi a Nairobi (Kenya) all’inizio di settembre. Il vertice e la Dichiarazione finale di Nairobi si sono concentrati sulla finanza climatica e sul (controverso) mercato dei crediti carbonici.
DOPO COP27 Un fondo per i Paesi poveri contro il cambiamento climatico. Secondo Frattini di Unife tutti dovrebbero contribuire
Ma Usa e Cina si rinfacciano ruoli e responsabilità. Chi e come deve contribuire è una partita aperta
“Se da un lato COP27 (Conference of Parties) è stata deludente rispetto a quanto si sarebbe potuto fare, dall’altro aver ammesso l’ipotesi di compensare le conseguenze del cambiamento climatico è un passo importante dopo decenni di stallo da questo punto di vista” dichiara ad Agenda17 Federico Frattini, docente di Storia economica presso l’Università di Ferrara.
Dal 15 maggio consumiamo più di quanto il Pianeta mette a nostra disposizione
Al nostro Paese servirebbero 2,7 Terre
Quest’anno, la data in cui abbiamo esaurito quanto possiamo consumare è caduta due giorni più tardi rispetto al 2021. Ma non c’è da essere tanto soddisfatti. Se tutti gli abitanti del Pianeta vivessero come gli italiani, servirebbero 2,7 Terre per sostenere la popolazione mondiale.
Tutela dell’ambiente e diritti umani: sei seminari per riportare al centro la giustizia climatica
Clima, sfruttamento e società i temi degli incontri organizzati da Csv terre estensi con Unife e Unimore
Inizia martedì 1 marzo il ciclo di seminari “Crisi climatica, sfruttamento e diritti umani”, che prevede sei incontri dedicati al tema del cambiamento climatico in una prospettiva che ne abbraccia le dimensioni ecologica, sociale ed economica. “Già dal titolo del corso abbiamo voluto sottolineare il fatto che la crisi climatica non è solo crisi ambientale, ma è strettamente correlata ai temi dello sfruttamento, del divario tra Nord e Sud del Mondo, dei diritti umani e della loro sistematica violazione”, afferma ad Agenda17 Anna Zonari, del Centro di servizi per il volontariato (Csv) terre estensi e coordinatrice dell’Università del volontariato.
Sono cinque gli Stati maggiormente responsabili del riscaldamento del Pianeta
Un recente studio pubblicato su Nature Communications Earth & Environment quantifica i contributi dei cinque maggiori emettitori di gas serra al riscaldamento regionale previsto per il 2030.