Gli esempi di processi deliberativi abbondano; l’Ocse, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo (2020) ne ha censiti finora oltre 300, a tutti i livelli di governo, dal locale al nazionale, europeo e globale; ne cito solo alcuni a titolo esemplificativo.
Categoria: Pace, giustizia e istituzioni forti
Obiettivo 16: Pace, giustizia e istituzioni forti
Pace, giustizia e istituzioni forti.
DOSSIER ASSEMBLEE dei CITTADINI Emergenza climatica e partecipazione: le assemblee non bastano se la politica non riscopre il proprio ruolo
Il contesto
“Gli obiettivi ambientali dell’Agenda 2030 dell’Onu, l’Accordo di Parigi sul clima, le strategie europee e nazionali in materia di ambiente richiedono l’impegno concreto di tutte le componenti della società, a partire dalle istituzioni”. Questo l’incipit del recente Rapporto ambientale 2022 della Banca d’Italia.
DOSSIER ASSEMBLEE dei CITTADINI L’effettiva partecipazione dipende dal modello adottato
Dalla semplice consultazione alla deliberazione
In che misura i cittadini possono essere coinvolti nelle scelte che i decisori politici compiono per raggiungere specifici obiettivi? Nelle principali democrazie occidentali sono stati messi a punto strumenti partecipativi con l’obiettivo di offrire la possibilità ai cittadini di prendere parte attivamente a processi consultivi e discussioni che possono influenzare le decisioni pubbliche su temi di rilevanza sociale (es. cambiamento climatico, vaccini e trattamenti sanitari, biotecnologie, nanotecnologie, intelligenza artificiale, ecc.).
SPECIALE CARCERE Giustizia, pena, detenzione e recupero
Giovedì incontro a cura di Ferrara sostenibile 2030
La detenzione in Italia sconta da tempo ritardi che con il passare degli anni appaiono insopportabili e in contrasto netto con la lettera e lo spirito della Costituzione. Nel nostro Paese, la condanna e la carcerazione sembrano indissolubilmente legate, mentre si sottovaluta l’importanza delle misure alternative alla vita reclusa.
Questi temi sono al centro della “Conversazione” organizzata da Ferrara sostenibile 2030 al Circolo Arci Bolognesi di Ferrara il 10 novembre alle ore 17.30. Un’occasione per ascoltare le opinioni di chi direttamente si misura con il problema del carcere da punti di osservazione differenti ma tutti allo stesso modo coinvolti.
SPECIALE CARCERE La sola reclusione è un fallimento
Idee, risorse e determinazione per un modello sostenibile
A una qualsiasi azienda che si vedesse respinto il 75% dei propri prodotti non resterebbe che portare i Libri in Tribunale. Che dire allora di una istituzione pubblica che si vede rifiutare oltre il 75% del lavoro svolto? Ebbene questo è il risultato raggiunto dal Sistema carcerario del nostro Paese. Questa è la recidiva, quel fenomeno, cioè, che vede rientrare in cella chi ne è appena uscito.
SPECIALE CARCERE Laurearsi per cambiare vita
Percorso utilissimo ma con molti ostacoli, secondo Stefania Carnevale, delegata Unife. “Studenti senza mani e senza braccia” per carenza di strumenti
Laurearsi in carcere è possibile. È del novembre del 2020 il primo detenuto ad aver conseguito, con lode, la laurea presso l’Università di Ferrara; e fa parte di un gruppo di alcune decine di detenuti che sono giunti al traguardo in uno dei numerosi atenei del nostro Paese che aderiscono alla Conferenza nazionale universitaria poli penitenziari (Cnupp), istituita presso la Conferenza dei rettori delle università italiane (Crui).
SPECIALE CARCERE La scuola come scelta
Decidere di studiare in carcere apre alla possibilità di una nuova vita. In un docu-film l’esperienza di Ferrara
Dall’obbligo alla scelta, si può riassumere così l’evoluzione che ha subìto la scuola in carcere. Chi viene a scuola ora lo fa scegliendo liberamente tra le diverse attività trattamentali previste dall’ordinamento carcerario, ma spesso l’istruzione in carcere è per molti il primo approccio in assoluto all’istruzione!
Non solo hijab nelle proteste delle donne in Iran. In gioco la libertà e il diritto di scelta di tutti
Da due mesi le donne in tutto l’Iran mettono la loro vita in pericolo scendendo nelle strade al grido di “Jin, jiyan azadî ” (donna, vita libertà) dopo la brutale uccisione della ventiduenne curdo-iraniana Mahsa Amini avvenuta il 16 settembre dopo tre giorni dal suo arresto perché non indossava correttamente il velo.
Fermare la guerra anche per tutelare l’ambiente, vittima silenziosa
“Disarmo climatico”: ne parliamo con Francesco Vignarca, coordinatore campagne della Rete italiana per la pace e il disarmo
“Da sempre come Rete pensiamo a vincere la pace, non la guerra. Il conflitto cioè non ci interessa solo quando è violenza conclamata, perché sappiamo che in guerra si instillano nella popolazione estremismi e semi di odio e violenza che rimangono e impediscono, anche in una situazione di non belligeranza, di costruire la pace in quanto tale. Quindi, dopo aver messo in atto una serie di iniziative immediate di aiuto umanitario alle popolazioni colpite, vogliamo ribadire che non c’è solo il qui e ora, ma ci sono anche problemi futuri di carattere ambientale, sociale e culturale”. È quanto afferma ad Agenda17 Francesco Vignarca, coordinatore campagne della Rete italiana per la pace e il disarmo, tra gli enti organizzatori del convegno Disarmo climatico, che si è svolto a Trento dal 27 al 29 ottobre.
Record di candidati indigeni per le elezioni in Brasile
Difendere il proprio territorio, ma soprattutto per difendersi dal genocidio, secondo l’avvocato Ricardo Rao
Circa 34mila chilometri quadrati – un’area superiore a quella del Belgio – di foresta amazzonica disboscata dal 2019, anno in cui Jair Bolsonaro è stato eletto Presidente del Brasile, a oggi. Senza contare la gestione della pandemia da Covid-19, che ha contato oltre 34milioni di contagi e 600mila decessi e che ha fortemente interessato la comunità indigena, spesso abbandonata a se stessa e alle proprie difficoltà. Queste sono solo alcune delle ragioni che giustificherebbero l’aumentato numero di candidati indigeni alle elezioni politiche in Brasile: si parla di quasi il doppio rispetto alle elezioni precedenti.
SPECIALE TREGUA IN UCRAINA La strada verso la pace parte da tregua armata e dialogo
Una Russia politicamente indebolita è un pericolo per l’Umanità, secondo Alberto Castelli. Necessaria un’azione diplomatica compatta e autonoma dell’Europa
“La guerra non si fa di colpo, e nemmeno la pace. Se da un lato questo conflitto era già in incubazione dal 2014, dall’altro in questo momento l’obiettivo non deve essere la firma di un trattato di pace domani, ma che tacciano le armi, se non del tutto almeno in qualche pezzo dello scacchiere. I pacifisti dovrebbero chiedere una tregua e un inizio di dialogo: è questo che realisticamente si può sperare nell’immediato sul piano della realpolitik. Nel frattempo l’opinione pubblica può spingere i potenti verso la pace, e chiaramente sperare che ascoltino” afferma ad Agenda17 Alberto Castelli, docente di Storia e teorie della democrazia presso l’Università dell’Insubria.
SPECIALE TREGUA IN UCRAINA In Europa i pacifisti sono maggioranza. Assoluta nel nostro Paese
Ricerca in dieci nazioni. Forti differenze, ma solo un europeo su quattro ritiene la punizione della Russia prioritaria
“L’indagine rivela uno scollamento sempre più marcato tra le posizioni assunte da molti governi europei e il sentimento dell’opinione pubblica nei rispettivi Paesi. Il divario più significativo che si profila è tra coloro che vorrebbero mettere fine alla guerra il più rapidamente possibile e coloro che vorrebbero continuare a combattere fino alla sconfitta della Russia.” Questa è la situazione fotografata dall’European Country on Foreing Realtions sulla base di 8mila interviste condotte in dieci Paesi dell’Unione relativamente alla posizione dei cittadini europei sulla guerra scaturita a seguito dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.