Un vecchio e celebre libro di Donald Norman, “La caffettiera del masochista. Il design degli oggetti quotidiani”, raccontava un mondo di oggetti che ci rende la vita difficile perché progettati male. Mi viene sempre in mente quando mi aggiro per piazze appena riqualificate dove le panchine stanno al sole, dove i materiali in pietra accrescono il calore nelle giornate estive, dove la luce è troppo intensa. Anche le città per come le progettiamo sanno essere masochiste.
Categoria: Città e comunità sostenibili
Obiettivo 11: Città e comunità sostenibili
Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili.
1- Romeo Farinella, sicurezza e partecipazione in città sostenibili non devono restare slogan irrealizzabili
2- Antonello Stella, salvaguardare il patrimonio culturale e naturale e realizzare una mobilità sicura per tutti
3- Gianluca Frediani, riqualificare le aree urbane povere tenendo conto delle diverse realtà dei Paesi
4- Istat, quanto siamo lontani dal traguardo di città e comunità sostenibili. L’obiettivo 11 dell’Agenda 2030 dell’Onu misurato secondo nove parametri
Contro la città autoritaria. Lo sguardo delle donne per ritrovare il senso del vivere insieme
Nella storia della progressiva conquista da parte delle donne del diritto ad esprimersi in tutte le professioni, l’architettura è stata un baluardo piuttosto duro da conquistare. Tenute lontane dalla possibilità di progettare lo spazio pubblico, governato da sempre dal pensiero maschile, le donne hanno sviluppato nei secoli una cultura dell’abitare, che, trasformata in competenze progettuali, nel ‘900 è uscita dallo spazio privato ed ha espresso in più occasioni una qualità umana e professionale inconfondibile.
Contro la città autoritaria. Assemblee dei cittadini per il clima. Dal MUSE di Trento una nuova modalità di partecipazione
Per ora è un’utile simulazione che andrà sviluppata, afferma Oxoli di Extinction Rebellion
La sfida per la città postindustriale è la decarbonizzazione. Lo affermano tutti: dai sindaci delle metropoli mortalmente inquinate ai decisori europei. Ma pochi lo fanno e molti lo rimandano al tempo futuro. Ciò che invece si sta affermando nel presente è un’eco-retorica che serve solamente a camuffare interventi di gentrificazione e speculazione. È contro questa politica che i giovani ambientalisti si mobilitano prendendo di mira anche i musei. Era successo anche a Trento, con gli attivisti di Extinction Rebellion alle porte del MUSE, il Museo della scienza. Ma qui le istituzioni cittadine, seppur inizialmente diffidenti, invece di farne una questione di ordine pubblico, hanno elaborato una risposta, avviando la sperimentazione di un’assemblea dei cittadini sul clima.
Cresce il deficit delle Olimpiadi invernali. Eredità insostenibile per le comunità locali, secondo Valerio Della Sala dell’Universitat Autonoma de Barcelona
Giochi più sostenibili sono possibili: gli esempi di Norvegia e Svizzera
È salito a circa due miliardi, per ora, il costo delle Olimpiadi Milano-Cortina 2026. La cifra emerge da un’inchiesta de Il fatto quotidiano, secondo la quale il debito nel bilancio ha già raggiunto quota 500 milioni di euro. Ma non si tratta solo di costi di realizzazione: l’altra grande incognita rimangono le spese post-evento. Come sarà possibile, e quanto costerà, riutilizzare le infrastrutture costruite ah hoc per i prossimi Giochi olimpici invernali?
Città autoritaria. Nel Sud del Mondo prima di costruire case e infrastrutture bisogna partire dalle diseguaglianze e dai diversi bisogni
La riqualificazione delle baraccopoli secondo Andrea Rigon, dell’University College di Londra
Nel loro Manifesto contro la città autoritaria, il sociologo Alfredo Alietti e l’architetto Romeo Farinella dell’Università di Ferrara denunciano la rigenerazione urbana che favorisce nelle nostre città le classi più ricche e le dinamiche di segregazione socioeconomica ed etnica dei gruppi vulnerabili. Questi fenomeni rischiano di concretizzarsi in maniera ancor più accentuata nei progetti di riqualificazione degli insediamenti informali o baraccopoli, uno degli obiettivi fondamentali del Goal 11 dell’Agenda 2030 delle Nazioni unite.
Dalle casermette del Moncenisio a Ostana: il turismo alternativo passa per le comunità locali, secondo l’architetto Franz di Unife
L'architetto Antonio De Rossi: “la rigenerazione deve essere sociale e culturale oltre che turistica"
“Il turismo lento in tutte le sue forme rappresenta una grande opportunità, non solo per la montagna ma anche per le aree marginali ancora naturalisticamente interessanti. Ne sono un esempio alcuni fiumi italiani, come il Po, il Tagliamento o il Ticino, o una galassia di borghi storici che da questa nicchia di turismo naturalistico, culturale e del benessere possono trarre grande vantaggio in termini di sviluppo locale” afferma ad Agenda17 Gianfranco Franz, docente di Progettazione culturale per turismi sostenibili presso l’Università di Ferrara.
Città felice. A Milano il Borgo Intergenerazionale Greco è un laboratorio permanente di convivenza fra generazioni
In una vecchia cascina abbandonata, abitare è anche un’esperienza ricca di relazioni
Milano non è soltanto la “eco gentrificazione“, secondo un modello che è stato definito di “città autoritaria”, del quartiere di Porta Nuova con il noto Bosco Verticale circondato da uno skyline di grattacieli modernissimi, ma è anche una città in continua evoluzione dove, negli ultimi venti anni, sono stati completamente riqualificati e ridisegnati interi quartieri, anche con il contributo di processi partecipativi che hanno coinvolto cittadini, associazioni, fondazioni no-profit e imprese private.
Una città a misura di donna
Costruire una città che va bene per le donne significa costruire una città che va bene per tutti
In questi anni nel nostro Paese si è parlato molto di progettazione urbana secondo diversi modelli di città: smart, green, ecosostenibili, sicure, accessibili e inclusive, città partecipate, città “30 kmh”, fino alla città “15 minuti”. Su Agenda17 troviamo anche il manifesto contro la città autoritaria e il modello della città felice.
In questo articolo vorrei proporre il modello della città femminista, una città a misura di donne, perché, come si evince dai modelli teorici e dalle sperimentazioni fatte, in Europa da Vienna e Barcellona, in Canada a Montreal, in Australia a Melbourne, “costruire una città che va bene per le donne significa costruire una città che va bene per tutti”, tenendo ben presente che una città femminista non è fatta soltanto di pietre, non è soltanto una diversa destinazione degli spazi pubblici o un’aggiunta a quelli esistenti, ma è un progetto unitario del vivere insieme.
È possibile una città “felice” per tutti?
In questi giorni è entrato nel dibattito ferrarese un tema che potremmo definire nuovo (nel senso di mai sentito prima, non nuovo in assoluto), ovvero la felicità come soggetto politico.
Purtroppo, non ho potuto essere presente al dibattito cui ha partecipato tra l’altro Mons. Perego, ma personalmente credo che la valenza politica di questo tema la si possa associare alla questione posta da Hannah Arendt, ovvero del come contrastare la privazione del “diritto di avere diritti” che “si manifesta soprattutto nella privazione di un posto nel mondo che dia alle opinioni un peso e alle azioni un effetto” e quindi alle persone un ruolo.
Dalla città autoritaria alla città felice
Contro la città autoritaria il sociologo Alfredo Alietti e l’architetto Romeo Farinella dell’Università di Ferrara hanno scritto un “manifesto” che invita al confronto interdisciplinare. Sono già intervenuti Carlo Zanotti, medico e socio dell’Associazione Ferrara sostenibile 2030, segnalando le implicazioni di questo modello urbano per la salute, e Francesca Cigala Fulgosi, medico, membro di Extinction Rebellion e del Forum Ferrara Partecipata, che ha affermato la necessità di ripensare nuove forme di governo superando i fallimenti della “retorica del consenso” diffusa in tante amministrazioni locali.
Città autoritaria. Il modello di città va ripensato partendo da nuove forme di governo: le Assemblee dei cittadini
La partecipazione democratica è stata svilita dalla retorica del consenso
Il testo di Alietti e Farinella propone un dibattito sul futuro delle città e apre un confronto sui diversi aspetti dell’ “abitare” mettendo al centro una riflessione che integra democrazia, politiche, diritti, diseguaglianze, crisi eco climatica.
Gli autori sottopongono alla nostra attenzione l’urgenza di mettere in discussione l’attuale sviluppo urbano determinato dal modello neoliberista “disumano e disumanizzante” e la necessità di individuare le condizioni per “un’alternativa di giustizia sociale, spaziale ed ecologica”.
La città autoritaria nuoce anche alla salute. Governare i processi e coinvolgere le organizzazioni dei cittadini, soprattutto i giovani
L’editoriale di Alfredo Alietti, Romeo Farinella pone all’attenzione un argomento cruciale per il futuro: le città come luoghi dell’abitare sono ormai luoghi dove abitare è sempre più difficile “disumano e disumanizzante”. Questo processo è frutto di un modello neoliberista dove anche l’abitazione è divenuta il campo di competizione fra le diverse città, quartieri, palazzi in cui gli indicatori economici e le rendite immobiliari ne costituiscono il metro di giudizio principale e dove “il cittadino diviene sempre più consumatore e cliente”.