A Venezia, Milano, Firenze, Roma e Napoli sia il processo di gentrification che quello dell’ “overturismo”, con i loro correlati di speculazione immobiliare e “dysneificazione della cultura”, hanno portato a un aumento del costo della vita e dell’abitare, costringendo le famiglie a spostarsi da case in cui hanno vissuto per anni rintanandosi in periferie o quartieri popolari.
Milena Morini
Pietre senza popolo. Riqualificazione urbana per i ricchi ed espulsione per i poveri (2)
A Venezia, Milano, Firenze, Roma e Napoli speculazione immobiliare e “overtourism”. L’arte è un patrimonio delle città, ma il turismo è una risorsa instabile. Quando Chiara Ferragni “lancia” Botticelli
I processi di turisticizzazione e gentrification che stanno colpendo da alcuni decenni le città in tutto il Mondo hanno ricadute anche sui nostri centri storici. Il ciclo di seminari “Pietre senza popolo” organizzato dall’Università di Ferrara ha visto la partecipazione di numerosi esperti e studiosi per analizzare i casi di cinque tra le principali città del nostro Paese, evidenziando cause ed effetti della globalizzazione su di esse e sui loro abitanti, sempre più marginalizzati.
Pietre senza popolo. Riqualificazione urbana per i ricchi ed espulsione per i poveri (1)
Globalizzazione e “gentrification” cambiano il volto delle grandi città, da Londra agli USA
Negli ultimi anni, “sono rimaste le ‘pietre’, l’urbs, ma la civitas è scomparsa”: con questa affermazione Tomaso Montanari, storico dell’arte e saggista, sintetizza l’effetto combinato delle trasformazioni che hanno stravolto le nostre città a causa della globalizzazione e dell’iper-turistizzazione che essa porta con sé.
La responsabilità di istituzioni, aziende e finanza di fronte alle crescenti disuguaglianze sociali ed economiche
Per l’economista Stefano Zamagni non basta rispondere delle conseguenze delle azioni direttamente compiute
Cosa significa oggi essere responsabili? Abituati a un concetto di responsabilità “attiva”, nel quale è responsabile solo chi agisce concretamente, spesso trascuriamo invece le conseguenze del non agire: tuttavia, ognuno di noi ha precise responsabilità a livello sociale, ambientale ed economico anche e soprattutto quando sceglie, appunto, di non fare nulla. A spiegarci i molteplici livelli della responsabilità è Stefano Zamagni, economista, autore del libro “Responsabili. Come civilizzare il mercato”, nel quale introduce anche l’idea del “trilemma”, cioè la necessità di operare mantenendo in armonia queste tre dimensioni, contrariamente a quanto spesso oggi avviene.
La lezione del Covid. “Lockdown Memory” è molto più di una (bella) pièce teatrale sulla pandemia: è l’ “emozione documentata” del terribile contesto politico che abbiamo già rimosso
Il Laboratorio per la pace intervista la compagnia teatrale Instabili vaganti
Uno spettacolo per raccontare il lockdown e le storie nascoste che quel periodo ha portato con sé: si chiama “Lockdown Memory”, della compagnia teatrale Instabili Vaganti, che lo ha recentemente proposto al Centro teatrale universitario di Ferrara.
È notizia di questi giorni che l’Organizzazione mondiale della sanità non è riuscita – complice anche la posizione del nostro Paese – a varare il nuovo piano pandemico globale, mentre l’influenza aviaria ha fatto il salto di specie contagiando alcuni agricoltori americani.
Per educare alla pace servono partecipazione degli studenti, inclusione delle minoranze e riferimenti alla giustizia sociale e al colonialismo
La didattica tradizionale non funziona perché è intrinsecamente violenta secondo Claudio Baraldi, sociologo presso Unimore
In che modo le teorie dell’educazione affrontano il tema della pace? E come introdurre l’educazione alla pace nelle scuole e promuovere così un approccio non violento e inclusivo delle minoranze e dei gruppi culturalmente svantaggiati? Ne parliamo con Claudio Baraldi, docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l’Università di Modena e Reggio Emilia, che ha presentato all’Università di Ferrara il tema “Articolazioni e problemi delle teorie dell’educazione alla pace.”
Amore e amicizia al tempo della guerra in Palestina
Il Laboratorio per la pace intervista Cinzia Leone, autrice di una storia che sfida il conflitto e i pregiudizi
Possono l’amore e l’amicizia costruire la pace? Sembra vuota retorica, eppure gli scenari di guerra hanno sempre conosciuto, e conoscono tuttora, storie perlopiù non raccontate di persone divise da culture in conflitto tra loro ma unite da profondi legami, che sfidano le armi e i confini per poter stare assieme. Cosa significa oggi dover fuggire dalle proprie famiglie perché non la propria omosessualità non è accettata? Cosa significa per un israeliano e un palestinese, ma così per ogni essere umano, amarsi mentre i loro Paesi si combattono?