Quanti di quelli nati tra la fine degli anni 90 ed il 2010 non avevano un diario scolastico di quelli con gli adesivi sul retro. E quanti ancora oggi, se riprendessero quei diari ritroverebbero gli stessi adesivi ancora al loro posto, conservati con cura per il timore di sprecarne qualcuno, in attesa di essere staccati per essere incollati su qualcosa di migliore. Una perfetta metafora di come sta vivendo adesso questa generazione di ex bambini insicuri, spaventati e con tanti adesivi ancora da attaccare.
Più inchieste e sondaggi registrano un’insoddisfazione generale che si ripercuote sul corpo e sulla mente dei giovani di oggi. Uno su tre afferma di soffrire di ansia o, altre volte, di condizioni più gravi di depressione.
I giovani di oggi sono fragili, nascosti dietro gli schemi dei social media, provati dalla pandemia, hanno timore di non essere all’altezza delle aspettative e del giudizio degli altri. Cercano di compiacere i familiari e approvazione dagli amici. Quasi la metà crede, soprattutto, di non essere in grado di affrontare scelte importanti e situazioni negative che la vita potrebbe prospettare.
Pensano di fallire, e sono incerti sul loro futuro, personale e lavorativo.
I social media e il culto della straordinarietà
I social media hanno svolto un ruolo fondamentale in questo fenomeno. Ciò che distingue la GenZ dalle generazioni precedenti è il fatto di essere i cosiddetti “nativi digitali”, gli smartphone e i social hanno fatto parte della loro vita sin da piccoli.
Il confronto, quindi, non è più solo con i loro vicini di casa, ma con l’intero mondo globalizzato, in una grande vetrina che esalta e celebra solo i numeri uno.
Il risultato? Una scarsissima autostima che si ripercuote anche nel mondo del lavoro. Oggi niente sembra abbastanza, non ci si sente mai abbastanza pronti. Bisogna avere almeno una laurea specialistica, finire in corso i propri studi e con il massimo dei voti, conseguire un master e avere una buona conoscenza dell’inglese e dell’informatica. Non si fa in tempo a finire l’università che le aziende richiedono già degli anni di esperienza lavorativa, quando appena il 20% della GenZ dichiara di aver svolto più di tre lavori nella sua vita. Poi c’è chi a vent’ anni ha già due lauree, ha fondato una sua attività e posta le foto delle sue costosissime vacanze perfette. Straordinarietà.
La GenZ sta trasformando il mercato del lavoro
Nonostante ci si sia approcciata da poco, la GenZ è quella più infelice del proprio lavoro.
È spaventata da un mondo che non la comprende e non la apprezza e le preoccupazioni sono tante, non solo la necessità di avere un contratto a tempo indeterminato, una casa, una famiglia.
La GenZ vuole tutto, non perché svogliata e viziata, ma perché sente il bisogno di realizzarsi, è ambiziosa e crede nella meritocrazia. Vuole rompere gli schemi del passato, di gerarchie, vuole feedback chiari sulla propria crescita professionale, a iniziare da una formazione di alto livello, e prospettive di carriera.
Le sue priorità stanno già portando cambiamenti profondi nel mercato del lavoro italiano, spingendo molte aziende a modificare le strategie di assunzione e gestione del personale.
La life balance come rimedio al benessere mentale
Anche a costo di cambiare spesso lavoro, la GenZ dà molto valore, rispetto alle generazioni precedenti, alla life balance, l’equilibrio tra vita privata e lavoro. Vuole poter scegliere l’azienda per cui lavorare, che preveda benefit e orari flessibili più che un alto salario.
Non vuole ambienti tossici, si preoccupa dei propri diritti e li difende, è attenta ad aspetti etici, al rapporto sociale con i colleghi, alle strategie di inclusività e di sostenibilità ambientale. Nuovi approcci, valori, prospettive diverse riguardo al lavoro, al benessere personale e alla qualità della vita in generale.
La GenZ, come uno stratega attento, sta scrutando il modo che la circonda e si sta conservando, senza sprecare le sue potenzialità, perché crede che ci sia un futuro migliore per cui vale la pena di aspettare, un’occasione migliore da attaccare e conquistare.
Per me, che ho approfondito il tema fino all’adolescenza, è molto interessante leggere quello che succede dopo. Mi piace anche il fatto che siano citate le risorse e i pregi di questa generazione. Mi sento però di puntualizzare che i social media siamo, sotto sotto, la mia generazione di genitori che questo ha fornito, creandosi un ideale di figli perfetti che non possono sbagliare, pena la nostra sofferenza. Questo insegna Matteo Lancini, di una generazione che fa di tutto per non deludere i propri genitori, che vedrebbero nel dolore dei figli il proprio fallimento. Mi scuso se sembra una predica.
Grazie per il suo commento, anche le prediche sono ben accette e possono essere uno spunto per approfondire nuovi aspetti di un argomento. Se capisco bene, il suo è il punto di vista di un genitore e vuole ricalcare un altro fenomeno correlato con l’argomento per il quale spesso i genitori trasferiscono ambizioni e frustrazioni ai figli facendo dei social una vetrina per figli perfetti. Quindi in questo caso bisognerebbe approfondire il dolore e l’ansia dei genitori della GenZ!
A quello che capisco, Matteo Lancini, esperto di ritiro sociale, ne trova le cause sì nell’ansia dei genitori, ma non per i figli, bensì per sé stessi. Per questo ha appena pubblicato un libro dal titolo eloquente, “Sii te stesso a modo mio”.