“Restituendo dignità a genitori detenuti e garantendo una crescita possibilmente meno traumatica a figli minori senza colpe, oppure offrendo opportunità e alternative valide a giovani e gruppi di ragazzi sottoposti a procedimenti penali, si sta indicando un percorso di crescita all’intero Paese.” Sono le parole di Marco Rossi-Doria, presidente dell’impresa sociale Con i bambini, a commento dei recenti protocolli d’intesa siglati dall’associazione che presiede e da Fondazione Con il Sud con il Ministero della giustizia per favorire iniziative volte al reinserimento sociale e l’inclusione di giovani e adulti autori di reati.
Una buona notizia, che rischia però di essere vanificata dalla decisione del Governo di tagliare le risorse al Fondo per il contrasto alla povertà educativa minorile, risorse che si sono dimostrate fondamentali negli anni per aiutare proprio le fasce sociali più esposte al rischio di commettere reati
Minori in carcere: entrano soprattutto giovani non inseriti nella comunità
Secondo Antigone, a febbraio 2024 c’erano 532 tra minori e giovani adulti reclusi negli Istituti penali per minorenni. I numeri sono tuttavia in rapida crescita, visto che solo un anno prima (fine 2022) erano 381, passando dal 2,8% del totale di ragazzi a carico della giustizia minorile al 3,8%.
Gli ingressi in carcere durante il 2023 sono stati i più alti degli ultimi dieci anni, a causa di misure sempre più punitive, come il decreto Caivano, che portano con sé il rischio di “perdere quella specificità positiva del sistema della giustizia penale minorile nel nostro Paese che lo aveva reso un modello per l’intera Europa, ovvero la sua capacità di rendere residuale la risposta carceraria puntando piuttosto su un approccio di tipo educativo.”
A finire in carcere, però, non sono necessariamente i giovani che commettono i reati più gravi: a prescindere dalla gravità del reato, infatti, chi ha legami più solidi sul territorio e più opportunità di essere inserito in percorsi alternativi ha anche maggiori possibilità di evitare la carcerazione (uno dei motivi per cui, ad esempio, molti sono stranieri). Attore fondamentale nel sistema della giustizia minorile è, quindi, la rete di comunità.
I protocolli per il reinserimento lavorativo e sociale
Dal 2024 emergono però anche piccoli dati positivi: è cresciuto leggermente il numero di persone che lavorano dentro le strutture penitenziarie e c’è stato un aumento significativo di quanti lavorano per altri datori di lavoro (quasi 300 detenuti in più in un anno, da 2.848 del giugno 2023 a 3.144 di giugno 2024).
Ed è proprio a questo fronte che si rivolgono i due protocolli d’intesa siglati da Fondazione Con il Sud e Con i bambini con i Dipartimenti dell’amministrazione penitenziaria (Dap) e della Giustizia minorile di comunità (Dgcm) del Ministero. Si tratta di una collaborazione istituzionale volta a sostenere progetti di reinserimento lavorativo dei detenuti, percorsi di contrasto alla devianza minorile e promozione di diritti dei minori con genitori detenuti, rinnovando l’intesa stabilita tre anni fa con il Ministero per il reinserimento lavorativo dei giovani coinvolti nel circuito penale, ma anche di quelli a rischio devianza.
Il tutto sarà possibile grazie a strumenti come la promozione di interventi di supporto psico-pedagogico, la formazione professionale e le opportunità di inserimento lavorativo, internamente agli istituti penitenziari o presso soggetti esterni, ma anche l’accesso a misure alternative alla detenzione e ai lavori di pubblica utilità. È inoltre sottoscritto l’impegno a sostenere gli enti di terzo settore che contribuiscono a creare opportunità per l’inclusione sociale dei detenuti.
Fondo per la povertà educativa: il taglio colpisce anche il recupero di minori autori di reati
Attraverso il protocollo con il Dap, infine, le parti si sono anche impegnate a favorire la partecipazione dei provveditorati e degli istituti penitenziari ai progetti sostenuti nell’ambito del Fondo per il contrasto alla povertà educativa minorile.
Tuttavia è di pochi giorni fa la decisione del Governo di tagliare le risorse al Fondo,
Il Fondo, istituito ad aprile 2016 a seguito di un’alleanza tra Fondazioni di origine bancaria, Terzo settore e Governo, era destinato al sostegno di interventi per rimuovere gli ostacoli economici, sociali e culturali che impediscono la piena fruizione dei processi educativi da parte dei minori. Responsabile della gestione era appunto l’associazione Con i bambini, che in questi anni ha raggiunto quasi 600mila ragazzi, per un totale di oltre 800 milioni di euro.
Tra le attività svolte dall’associazione, ad esempio, c’è “Cambio rotta”, che ha aiutato oltre 2mila minori e giovani in tutta Italia con iniziative socio-educative, soprattutto per casi di reati di gruppo o giovani in uscita da procedimenti penali o amministrativi, attività volte a contrastare la devianza minorile grazie al coinvolgimento dell’intera comunità educante, a partire da coetanei e famiglie.