Le spese militari nel Mondo crescono a livelli mai raggiunti prima. I dati appena pubblicati del rapporto dell’Area studi Mediobanca sul Sistema difesa “The Defense era: capital and innovation in the current geopolitical cycle”, confermano le analisi che avevamo fornito sui dati dell’Istituto SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute, l’Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma): le spese per la Difesa nel 2023 hanno raggiunto il massimo storico a livello globale di 2.443 miliardi di dollari, pari a 306 dollari a persona.
L’incremento del 6,8% rispetto al 2022 è dovuto principalmente all’escalation delle tensioni geopolitiche dei conflitti in Ucraina e in Medio Oriente così come quelli di cui si parla meno in Sudan e Myanmar.
Le grandi aziende italiane fra i maggiori produttori mondiali
I dati Mediobanca consentono di affinare l’analisi e di avere una buona fotografia del ruolo del nostro Paese. Concentrando l’analisi sulle 40 multinazionali che si spartiscono quasi il 60% del mercato, notiamo che 17 hanno sede in Europa, 16 negli Stati Uniti e sette in Medio Oriente e Asia. I gruppi statunitensi, con una quota del 68% dei ricavi aggregati nel 2023, occupano la posizione predominante seguiti dalle aziende europee con il 27%.
Il nostro Paese ha un ruolo molto significativo in questo specifico settore del mercato: con le aziende Leonardo e Fincantieri incassa il 14% del giro d’affari europeo e il 4% di quello mondiale, quasi come tutti i Paesi dell’Asia messi insieme (5% complessivamente).
L’Italia è, infatti, uno dei pilastri della base industriale della sicurezza europea con competenze riconosciute in settori cruciali come l’elicotteristica, l’elettronica e la cantieristica navale e sono 100 le aziende italiane che operano nel comparto della sicurezza.
Da notare l’impegno diretto dello Stato nella produzione di armi: le imprese a controllo statale coprono più della metà (59.3%) del fatturato totale del settore
Siamo tra i principali fornitori di armi a Israele, impegnato in uno dei quattro gravi conflitti mondiali
Secondo l’ Istituto SIPRI, nel 2023 sono quattro i conflitti categorizzati come gravi conflitti armati (con almeno 10.000 decessi associati al conflitto) uno in più del 2022: le guerre civili in Myanmar e Sudan; la guerra tra Israele e Hamas e quella tra Russia e Ucraina. Anche il numero di conflitti armati ad alta intensità (con 1.000–9.999 decessi associati al conflitto) è aumentato da 17 nel 2022 a 20 nel 2023.
Nell’ultimo decennio, secondo lo studio di SIPRI sulle tendenze nei trasferimenti internazionali di armi, Israele ha aumentato notevolmente le sue importazioni di armi, diventando, nel periodo dal 2019 al 2023, il 15° importatore mondiale, pari al 2,1% delle importazioni globali.
Il nostro Paese è stato il terzo fornitore di armi a Israele (0,9%) dopo Stati Uniti (69%) e Germania (30%), mentre altri Paesi hanno fornito componenti militari, munizioni o servizi. Tra questi il Regno Unito, la Francia e la Spagna mentre la Russia e la Cina, che sono rispettivamente il terzo e quarto esportatore di armi al Mondo, non risultano tra i fornitori di armamenti del Paese.
Il 71% delle esportazioni italiane – cresciute in un decennio dell’ 86%, uno dei maggiori incrementi mondiali – va nell’ area “calda” del Medio Oriente (Qatar, Egitto, Kuwait).
Dal 2008 la legge degli Stati Uniti – primo e principale esportatore verso Israele – prevede l’obbligo di garantire a Israele un “vantaggio militare qualitativo”, e prevede inoltre che le forniture di armi statunitensi ad altri Stati del Medio Oriente non debbano compromettere il vantaggio militare qualitativo di Israele.
La Germania – al secondo posto, con un terzo delle armi importate – rifornisce principalmente le forze navali israeliane: l’81% dei trasferimenti è stato costituito da fregate e 10% da siluri. Il restante 8,5% è costituito da motori per veicoli blindati, compresi quelli per i veicoli blindati utilizzati nella guerra di Gaza; anche le fregate sono state utilizzate nella guerra di Gaza.