“L’abbattimento di un animale protetto quale l’orso non può che segnare il fallimento della politica, ma in generale anche l’incapacità della società civile di confrontarsi in modo aperto e costruttivo su temi divisivi. Paradossale che il maggior responsabile politico di questa cattiva gestione degli orsi in Trentino si erga adesso, attraverso proclami inattuabili e l’emanazione di ordinanze, a paladino della sicurezza delle persone, dimenticando le sue gravi responsabilità in merito alle carenze in termini di ricerca, monitoraggio, conoscenze, informazione, comunicazione e prevenzione in generale.” Sono le parole di Alessandro De Guelmi, ex veterinario che è stato responsabile del benessere e dell’anestesia degli orsi durante le fasi di cattura in Trentino.
In una recente intervista, De Guelmi ha commentato l’uccisione della Kj, madre di tre cuccioli, che definisce “il triste e tragico epilogo di una storia annunciata” a causa soprattutto della mancanza di investimenti per una conoscenza completa e aggiornata della popolazione degli orsi nella Regione.
Nonostante l’orso, come d’altra parte il lupo, sia una specie particolarmente protetta a livello comunitario, territori come il Trentino Alto Adige non hanno saputo gestire in maniera equilibrata e in una prospettiva a lungo termine la presenza dei plantigradi, tornati a popolare queste aree grazie alla loro reintroduzione, cercata e voluta per promuovere il turismo, tramite il progetto Life Ursus.
Gravi ritardi nella prevenzione e sono le azioni umane a rendere gli orsi confidenti
“C’è un ventennale ritardo – afferma – nella sostituzione dei bidoni dei nostri rifiuti organici che per anni hanno attirato e continuano ad attirare gli orsi nei centri abitati. Allo stesso modo la pratica, ancora consentita, del foraggiamento artificiale degli ungulati a scopo venatorio continua a condizionare i plantigradi all’uomo rendendoli confidenti, problematici e pericolosi per la sicurezza delle persone e per se stessi.”
C’è dunque ancora molto da fare in termini di prevenzione. Lo stesso Piano di azione interregionale per la conservazione dell’orso bruno nelle Alpi centro-orientali (PACOBACE) è definito come “l’unico regolamento, vecchio di venticinque anni: elaborato da tecnici capaci, è ormai superato. Non siamo stati in grado di modificarlo seguendo il naturale incremento numerico della popolazione degli orsi e il loro spostamento sul territorio. Non possiamo certo pensare di modificarlo in questo momento di ansia e psicosi collettive, in cui la riflessione e i pareri tecnici sono sempre meno considerati.”
Come ribadito più volte dagli esperti, le azioni per una corretta ed equilibrata gestione della convivenza con gli animali selvatici, in particolare i grandi carnivori, deve partire da maggiori investimenti nella ricerca e nella conoscenza delle specie e della loro presenza sul territorio. In parallelo, la politica deve intervenire con azioni di prevenzione e, soprattutto, con una corretta comunicazione nei confronti della popolazione e dei turisti, a partire dalla consapevolezza che sono le azioni umane le principali responsabili degli episodi di cronaca – i quali, tuttavia, rimangono minoritari rispetto alla popolazione totale degli orsi. Ma, purtroppo, sufficienti a creare allarmismi infondati.