Pillola anticoncezionale maschile non ormonale. Una sfida anche culturale in una lunga storia della contraccezione e della sessualità

Pillola anticoncezionale maschile non ormonale. Una sfida anche culturale in una lunga storia della contraccezione e della sessualità

In Gran Bretagna una ricerca condotta nel 2018 da YouGov ha rivelato che il 79% dei mille e seicento uomini intervistati riteneva che la contraccezione deve essere una responsabilità condivisa; ma la domanda se l’Italia e il Mondo è pronto per una pillola anticoncezionale maschile rimane aperta considerato che solo recentemente hanno avuto inizio studi clinici di fase III per l’anticoncezionale maschile mentre i metodi di soppressione ovarica femminili sono disponibili da oltre 40 anni.

In preparazione all’introduzione dei nuovi contraccettivi maschili, lo studio globale dell’Organizzazione mondiale della sanità iniziato nel 2022 sulla contraccezione maschile (Oms GSMC) esamina gli attuali comportamenti contraccettivi maschili ed esplora i fattori socio-demografici, riproduttivi e ideologici associati che potrebbero predire la futura volontà di utilizzare nuovi metodi contraccettivi.


Un sondaggio globale diffuso in un webinar dell’Oms a settembre 2022 condotto su 5 mila uomini sessualmente attivi con partner femminili, ha rilevato che molti uomini sono interessati a provare il contraccettivo. I partecipanti meno entusiasti sono stati gli americani: negli USA circa il 40% degli uomini si sono dichiarati interessati a provare un contraccettivo nell’anno successivo; i più entusiasti invece sono stati i nigeriani, tra i quali i soggetti favorevoli a provare una contraccezione maschile sono stati l’80%.

La pillola maschile non ormonale potrebbe essere una svolta nella storia della contraccezione 

Negli ultimi due secoli, i Paesi occidentali hanno assistito e promosso due rivoluzioni contraccettive: quella avvenuta fra l’Ottocento e la prima metà del Novecento è da attribuirsi alla diffusione di pratiche come il coito interrotto, l’uso del condom e gli interventi abortivi, mentre nella seconda metà del Novecento la “seconda rivoluzione contraccettiva” si lega alla diffusione generalizzata della pillola, della spirale e degli interventi di sterilizzazione. 

Nell’ultima rilevazione generale condotta nel nostro Paese nel 2010 con interviste e colloqui in profondità su un ampio campione di popolazione (7.000 soggetti dai 18 ai 70 anni), l’80% dei cittadini italiani hanno dichiarato di aver usato qualche forma di precauzione in occasione dell’ultimo rapporto sessuale. 

Una percentuale simile si osserva in altri paesi occidentali. I metodi più utilizzati sono la pillola e il preservativo (30-40%), il coito interrotto è utilizzato assai meno frequentemente (25%), mentre altri metodi contraccettivi hanno percentuali residuali. 

Rispetto ad altri Paesi europei e agli Stati Uniti, l’Italia si differenzia per un uso ancora elevato del coito interrotto e del preservativo, un uso moderato della pillola e il ruolo del tutto residuale della sterilizzazione su cui grava ancora uno stigma sociale. 

Tra i giovani millennials, intervistati nel 2017, al primo rapporto sessuale il coito interrotto è sempre meno diffuso, a favore di un uso del profilattico (utilizzato dal 70% degli intervistati). L’uso della pillola è in aumento tra i giovani ma prevalgono i metodi puntuali (coito interrotto e preservativo), usati da due giovani su tre. 

Un’ultima indicazione ci arriva osservando il fenomeno da una prospettiva storica. Diffusamente si tende a ricondurre al Sessantotto l’inizio dei mutamenti nei comportamenti sessuali degli italiani. Eppure, i cambiamenti della vita e della cultura sessuale possono essere fatti risalire a molto tempo prima e oggi siamo all’interno di una nuova fase della trasformazione dell’intimità, come l’ha definita il sociologo britannico Anthony Giddens. 

Infine, le ricerche sociali sui comportamenti sessuali ci restituiscono una preziosa informazione che può essere utile anche future decisioni di policy, l’assunzione di provvedimenti sanitari e la progettazione di campagne di comunicazione volte a tutelare la salute (non strettamente sessuale) dei cittadini: negli ultimi due secoli, i mutamenti della sessualità degli italiani sono iniziati nei ceti sociali più elevati, nei quali hanno preso avvio anche altre grandi trasformazioni sociali. 

È nella borghesia intellettuale delle regioni centrosettentrionali che tutto ha avuto inizio. 

Cambiano i “bisogni sessuali”  di uomini e donne 

Nel recente passato non era certo ampiamente condivisa l’idea che uomini e donne avessero i medesimi «bisogni sessuali». Come rileva la ricerca condotta da Barbagli e colleghi nel 2010, in Italia, la frequenza media dei rapporti sessuali è leggermente più alta per gli uomini (quasi 8 al mese) rispetto alle donne (meno di 7). 

Sulla frequenza dei rapporti sessuali incide l’età: fino ai 40 anni la frequenza è superiore (8-10 al mese), con più di due persone con almeno due rapporti a settimana. 

Tra i 60-69, invece, i rapporti si diradano fino a 3-4 al mese, con il 20-30% delle persone con meno di due rapporti al mese. 

Non si rilevano particolari differenze tra i residenti nelle regioni del Nord e del Sud, tra i differenti livelli di istruzione o fra chi è più o meno religioso. 

Tra i millennials, invece, la frequenza dei rapporti sessuali è quasi tre volte più alta fra chi è in coppia che fra i single. Per i single l’attività sessuale è molto sporadica (il 50% ha meno di un rapporto al mese), con poche variazioni per genere. 

L’attività sessuale dei giovani in coppia  è invece aumentata: sette coppie su dieci hanno almeno un rapporto a settimana. Anche in questo caso sono poche le differenze tra maschi e femmine. Tra i giovani, quindi, appare molto limitata la cultura dell’«avventura» (hookup culture) che sfocia in un rapporto completo.

Come abbiamo ricordato poco fa, oggi i giovani italiani – sia maschi che femmine – vivono le prime esperienze sessuali ben prima del matrimonio ma comunque all’interno di una storia di coppia. Cambia così anche il numero di partner sessuali. 

Negli ultimi decenni, in tutti i paesi europei, è aumentato il numero di partner per gli uomini, ma soprattutto per le donne, portando a una riduzione della forbice. Questa tendenza è stata rilevata anche in Italia e alcuni studiosi hanno parlato di “maschilizzazione” del comportamento sessuale da parte delle donne. Tuttavia, altri studi hanno capovolto questa interpretazione parlando di “femminilizzazione” del maschio che avrebbe assunto un comportamento che in precedenza era agito più spesso dalle donne. 

Queste tendenze si riflettono anche sulla tendenza ad aumentare il numero di partner sessuali che sono aumentati negli ultimi anni sia per maschi che per femmine. A favorire questi mutamenti rispetto al passato sono state soprattutto le persone più istruite (diplomate o laureate), più secolarizzate e residenti al Nord, per poi diffondersi negli altri gruppi sociali.

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