Rinaturazione del Po. Riparte con molto ritardo il più grande progetto per la biodiversità del Pnrr, ma non è più lo stesso Avrebbe potuto dare un grande contributo alla Nature Restoration Law, ma interessi economici e politici l'hanno snaturato

Rinaturazione del Po. Riparte con molto ritardo il più grande progetto per la biodiversità del Pnrr, ma non è più lo stesso

Avrebbe potuto dare un grande contributo alla Nature Restoration Law, ma interessi economici e politici l'hanno snaturato

La rinaturazione del bacino del fiume Po – obiettivo fondamentale  da 357 milioni di euro del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) – è partita, ma con un volto un po’ diverso da quello previsto inizialmente. Pensato per ripristinare gli habitat fluviali, mitigare gli effetti del cambiamento climatico e proteggere la popolazione dal dissesto idrogeologico, il progetto inizia con grande ritardo e solo dopo un significativo ridimensionamento deciso per andare incontro alle rivendicazioni di Coldiretti, Confagricoltura, Federlegno, dell’Associazione italiana pioppicoltori e di molti esponenti politici, tra cui alcuni assessori di Regione Lombardia.

Il caso è interessante anche perché si tratta del più grosso progetto dedicato alla biodiversità previsto dal Pnrr: portata avanti dall’Agenzia interregionale per il fiume Po (AIPo) con l’Autorità di bacino distrettuale del fiume Po (Adbpo) e le Regioni Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto, nella formulazione originaria la rinaturazione avrebbe toccato con cinquantasei interventi ben undici Province, 106 Comuni e 37 km di fiume. Il progetto avrebbe permesso all’Italia di portarsi avanti sugli obiettivi della Restoration Law, appena approvata dal Consiglio d’Europa, che tra le altre cose prevede la rinaturazione dei fiumi europei per il 15% della loro lunghezza entro il 2030. 

Forte riduzione delle aree coinvolte. I primi bandi

A gennaio 2024, Aipo e Adbpo avevano annunciato un’importante modifica al progetto. Dopo mesi di dibattiti (e forti contrapposizioni tra ambientalisti e mondo dell’agricoltura), i soggetti attuatori avevano deciso per la riduzione delle aree interessate dagli interventi di rinaturazione e, dunque, anche degli espropri e delle revoche di concessioni per le aziende che si dedicano alla coltivazione del pioppo lungo le rive del fiume. Gli interventi di rinaturazione sono anche stati confinati all’interno della cosiddetta “fascia mobilità”, ossia quella più vicina all’acqua. Nella stessa occasione, era stato spiegato che ogni intervento sarebbe stato rimodulato singolarmente. Il progetto sarebbe partito da cinque interventi pilota (chiamati anche “stralcio prioritario”), in cui l’estensione delle aree espropriate o acquisite per mettere in atto la rinaturazione è stata ridotta di più del 40%.

(©ZD \ Getty Images)

In questo momento, su Italia Domani, il sito del Governo sul Pnrr, sembra addiittura ancora tutto fermo al primo step (“Entrata in vigore della normativa di riferimento”, entro giugno 2023), mentre la rinaturazione del fiume per i primi 3 km, prevista entro dicembre 2024, risulta “da avviare”. Da qualche settimana, però, sulla stampa locale e sulle pagine web dei soggetti attuatori c’è un certo movimento. Ad aprile, sono stati pubblicati ad esempio alcuni bandi di gara, tutti relativi alle aree dei cinque interventi pilota.

Il primo bando, da 6,2 milioni di euro, riguarda territori situati a Sorbolo-Mezzani (Parma) e a Viadana (Mantova), e prevede l’abbassamento del pennello di navigazione esistente e la realizzazione di un canale che permetta all’acqua di alimentare alcune zone umide. Come si legge sul sito di Aipo, “il materiale di scavo verrà utilizzato per formare una duna di circa 900 metri di lunghezza e alta circa un metro, che vedrà la piantumazione di vegetazione autoctona incrementando così il patrimonio arboreo.” Gli altri bandi, con un valore complessivo di 43,5 milioni di euro, finanziano interventi simili tra Mantova, Cremona, Parma e Reggio Emilia. In questo caso, scrive Aipo “saranno interessati dagli interventi 5,9 ettari di lanche e rami abbandonati e circa 400 ettari saranno oggetto di forestazione naturalistica.” 

Ricollocare gli inerti

Un altro ambito oggetto di riflessioni e dibattiti tra le categorie professionali coinvolte, con il rischio di posticipare ulteriormente l’attuazione del progetto, è anche il destino dei materiali inerti: caratterizzati da un complesso iter di smaltimento, saranno in questo caso ricollocati nel contesto del bacino e parte delle operazioni ingegneristiche previste e finalizzate all’ampliamento del bacino, che includono la creazione di due aree umide e di un canale a collegamento tra il pennello di navigazione attualmente presente e l’area umida della Riserva naturale di Ghiaia Grande, in Piemonte.

Alla radice del progetto c’è l’obiettivo di creare una connessione ecologica e un importante aumento della biodiversità tramite la creazione di connessioni naturali con le aree agricole o soggette a coltivazione. A questo proposito, però, la reazione dei pioppicoltori tra tutte è negativa, a causa di  accuse, peraltro sovrastimate, di revoche di concessioni in atto ed espropri di aree molto superiori a quelle realmente coinvolte dal progetto. Sono infatti soprattutto porzioni di alveo, aree spondali e terreni incolti a essere interessati dalle opere di rinaturazione.

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