Narendra Modi ha vinto le elezioni indiane per la terza volta, ma non ottiene il plebiscito sperato nella più grande democrazia del Mondo. Quasi un miliardo di votanti (un decimo dell’Umanità) nell’arco di 44 giorni, con un milione di cabine elettorali perché ci sia almeno un seggio elettorale nel raggio di 2 chilometri, 15 milioni di addetti alle operazioni, più di 10 miliardi di dollari di spese stimati.
Entro il 2030 l’India potrebbe diventare la terza economia mondiale: nel secondo quadrimestre 2023 il Prodotto interno lordo è cresciuto del 7,8% e la popolazione ha raggiunto 1,4 miliardi di abitanti, con un’età media di circa 28 anni. Tutto ciò a scapito però della maggioranza della popolazione.
L’1% più ricco possiede più del 40% della ricchezza nazionale, i miliardari sono poco più di un centinaio ma la loro fortuna è cresciuta di almeno 10 volte in un decennio. Intanto, la maggioranza non ha accesso alle cure e, a causa delle spese mediche, quasi due persone al secondo sono spinte alla povertà (63 milioni).
La spesa per sanità pubblica è tra le più basse al Mondo, mentre il settore privato è sempre più forte. Gli Stati indiani più poveri hanno tassi di mortalità infantile più alti dell’Africa subsahariana con il 17% della mortalità materna globale e il 21% dei decessi di bambini con meno di 5 anni.
La scolarizzazione media è 6,5 anni e ad aprile 2024 il l’occupazione era al 37,6%, con forti differenze interne: il tasso di partecipazione femminile al mercato del lavoro è 32,8%, contro il 77,2% tra gli uomini. I giovani che non lavorano, non cercano lavoro o non studiano sono il 23,5% nel 2023 e la disoccupazione tra 20-24 anni ha superato il 45%.