L’Italia perde cinque posizioni nella classifica globale sulla libertà di stampa, scendendo al 46mo posto su 180 Paesi. Le principali minacce sono rappresentate dalle organizzazioni mafiose e da vari gruppi estremisti violenti, ma soprattutto dai tentativi del mondo politico di limitare la libertà dei giornalisti con l’obiettivo di tenere nascosti i casi giudiziali attraverso le cosiddette leggi bavaglio, che sono in cima alle procedure SLAPP piuttosto comuni nel nostro Paese.
I dati provengono dal World Press Freedom Index, rilasciato da Reporter Sans Frontières (RSF) per monitorare la situazione a livello globale. Nel 2023 l’Italia era al 41imo posto, ma già da qualche anno era emersa la necessità di intervenire su intimidazioni e querele temerarie a danno dei giornalisti.
Anche l’ultimo report sottolinea infatti come, nonostante per la maggior parte godano di un clima di libertà, i giornalisti italiani vadano spesso incontro all’auto-censura sia per conformarsi alla linea editoriale delle rispettive proprietà sia appunto per evitare cause per diffamazione o altre forme di azione legale. Una situazione aggravata dalla recente “legge bavaglio” che vieta la pubblicazione di un ordine di detenzione provvisoria fino alla fine dell’udienza preliminare.
A tale contesto di paralisi legislativa, che impedisce di accrescere le tutele, si aggiunge la crisi economica, che costringe a una crescente precarietà e, di conseguenza, indebolisce ulteriormente l’autonomia del giornalismo.
La situazione nel Mondo: la politica non tutela più il giornalismo…
Nel resto del Mondo la situazione non va meglio. Solo in un quarto dei Paesi (quarantacinque) la situazione è buona o soddisfacente, mentre nei restanti 135 è problematica (compresa l’Italia), difficile o molto seria.
In particolare, la libertà di stampa è sempre più minacciata proprio da chi dovrebbe tutelarla, cioè le autorità politiche: tra gli indicatori utilizzati da RSF, quello politico vede i risultati peggiori (una media di – 7.6 punti a livello globale).
Il motivo è che un crescente numero di Governi e autorità politiche non adempie più al ruolo di garanti della libertà e dell’indipendenza del giornalismo, nonché del diritto delle opinioni pubbliche a un’informazione affidabile, indipendente e plurale.
In particolare, il report sottolinea una chiara mancanza di volontà politica di rinforzare i principi a protezione dei giornalisti, soprattutto la risoluzione 2222 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite (adottata nel 2015, fa riferimento alla protezione dei giornalisti nelle zone di guerra). Il conflitto a Gaza ha infatti segnato un record di violazioni a danno di giornalisti e media: oltre 100 reporter palestinesi sono stati uccisi, di cui almeno ventidue mentre svolgevano il loro lavoro.
…e mira al pieno controllo dell’informazione
Infine, il mondo politico, oltre a non tutelare la libertà di stampa, va sempre più nella direzione di volerla controllare e sottoporre ai propri interessi. In molti Paesi le elezioni sono state accompagnate da violenze contro i giornalisti o sono state vinte da esponenti politici dichiaratamente nemici della pluralità dell’informazione.
In assenza di specifica regolamentazione, inoltre, preoccupa l’uso dell’intelligenza artificiale generativa per produrre disinformazione a fini politici, oltre al fatto che molti Governi hanno intensificato il controllo su social media e Internet limitando gli accessi, bloccando account ed eliminando messaggi che contenevano notizie.
Alcuni gruppi politici fomentano addirittura l’odio contro i giornalisti insultandoli, screditandoli e minacciandoli, mentre altri stanno puntando al controllo dell’ecosistema mediatico sia attraverso i media di proprietà statale sia tramite quelli privati, con la loro acquisizione da parte di uomini d’affari come accade in Italia, dove il membro di un partito al Governo vuole acquisire la seconda maggiore agenzia di informazione (AGI).