Il 27 febbraio il Parlamento europeo ha approvato la nuova direttiva sulla tutela penale dell’ambiente, che introduce in via definitiva nuove misure e sanzioni per contrastare la criminalità ambientale.
La direttiva entrerà in vigore il ventesimo giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (Ue) e i ventisette Stati membri avranno poi due anni per recepire le norme nel diritto nazionale.
Abbiamo chiesto a Giuseppe D’Ippolito, ambasciatore per l’Italia del Patto per il clima della Commissione europea e avvocato cassazionista, di esprimere ad Agenda17 il suo punto di vista su contesto, novità ed eventuali punti di forza e criticità in cui si inseriscono le attuali azioni giuridiche e operative contro la criminalità ambientale.
Siamo di fronte a nuove sfide giuridiche e operative per proteggere l’ambiente. Qual è il contesto europeo in tale senso?
“Già nel dicembre 2021 la Commissione ha presentato una proposta per rafforzare la protezione dell’ambiente nell’Ue attraverso il diritto penale, con l’obiettivo di contrastare il crescente numero di reati ambientali. In verità, da giurista, non credo molto nell’efficacia della prevenzione dei reati affidata a nuove o più gravose sanzioni. Ma resta il fatto che bisognava dare un segnale forte, perchè la criminalità ambientale è la quarta attività criminale più grande al Mondo, insieme alla droga, alle armi e al traffico di esseri umani, con una crescita compresa tra il 5% e il 7% all’anno, secondo una stima dell’Interpol e del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente.
Questo aumento, unito alla natura organizzata e transnazionale della criminalità ambientale, imponeva alle autorità amministrative e giudiziarie di adottare un approccio coordinato a livello sia nazionale che internazionale. Una relazione dell’European Union Agency for Criminal Justice Cooperation riassume le esperienze riscontrate nei quasi sessanta casi di reati ambientali transfrontalieri deferiti a Eurojust nel quinquennio 2014-2018.
La relazione fornisce una panoramica concisa delle sfide giuridiche e operative che sorgono in tali casi. Evidenzia le migliori pratiche per aiutare le autorità nazionali a superare queste sfide, creare fiducia, sviluppare una cooperazione sostenibile all’interno dell’Unione europea e con i Paesi terzi, garantire l’efficienza durante le indagini e ottenere azioni penali di successo.”
La direttiva introduce nuovi reati ambientali. Di che cosa si tratta?
“Tra i nuovi reati previsti dalla direttiva figurano il commercio illegale di legname, l’esaurimento delle risorse idriche, le gravi violazioni della legislazione dell’Ue in materia di sostanze chimiche e l’inquinamento provocato dalle navi. Nel testo della delibera trovano inoltre collocazione anche i cosiddetti reati qualificati, ovvero quelli che conducendo alla distruzione di un ecosistema sono paragonabili all’ecocidio (quali incendi boschivi su vasta scala, inquinamento diffuso di aria, acqua e suolo).”
Quali sono le pene detentive e le sanzioni pecuniarie previste per i trasgressori?
“Pena la reclusione, in base a durata, gravità o reversibilità del danno, per persone fisiche e imprenditori che commetteranno reati ambientali: dieci anni per quelli che causano la morte di un individuo, un massimo di otto anni per i reati qualificati e cinque anni per gli altri casi.
Obbligo poi del risarcimento del danno causato e del ripristino dell’ambiente danneggiato per tutti i trasgressori, oltre a possibili sanzioni pecuniarie. L’importo delle sanzioni per le imprese sarà correlato alla natura del reato: 3 o 5% del fatturato annuo globale o, alternativamente, 24 o 40 milioni di euro. Gli Stati membri avranno la facoltà di decidere se perseguire i reati commessi al di fuori del loro territorio.”
Ci sono misure a favore di whistleblower ed enti?
“Sono state introdotte anche misure di sostegno e assistenza per coloro che denunciano reati ambientali, gli informatori cosiddetti whistleblower, durante i procedimenti penali, così come l’obbligo per gli Stati membri di organizzare corsi di formazione per forze dell’ordine, giudici e pubblici ministeri e campagne di sensibilizzazione contro la criminalità ambientale.”
Ritiene che accanto ad azioni positive esistano anche criticità emergenti dal nuovo quadro normativo attuale contro la criminalità ambientale?
“Segnalo come particolarmente importanti, più della stessa previsione di una reclusione, gli obblighi di risarcimento del danno e ripristino dell’ambiente violato. Credo, e non è solo una mia convinzione, che le sanzioni economiche siano spesso più pregnanti ed efficaci delle norme a contenuto penale. Oltretutto, in campo ambientale, l’applicazione di questo tipo di sanzione è concretamente finalizzata a soddisfare l’interesse collettivo.
Poi, se la lesione all’ambiente e agli ecosistemi non è assolutamente rimediabile allora dovrà intervenire la condanna al risarcimento del danno ed eventualmente la reclusione. Mi auguro che saranno questi i criteri di applicazione graduale della nuova direttiva da parte dei giudici. È su questi aspetti della direttiva che metterei l’accento, piuttosto che sull’aumento delle pene. Così come ritengo oltremodo importante valorizzare la parte della direttiva che prevede campagne di sensibilizzazione contro la criminalità ambientale. E questo deve essere un impegno che assumiamo tutti noi e non solo gli Stati perché alla base della tutela dell’ambiente ci deve essere una rivoluzione culturale.”
Concludo con una preoccupazione. Il progetto approvato richiede l’approvazione formale della commissione giuridica e del Parlamento europeo nel suo insieme, nonché del Consiglio, prima di poter entrare in vigore. Temo che qualcuno degli Stati che in questi mesi mostrano insofferenza verso l’applicazione del Green Deal possano imporre un blocco o un rinvio sine die, come già accaduto, per l’entrata in vigore della direttiva.”