Il testo di Alietti e Farinella propone un dibattito sul futuro delle città e apre un confronto sui diversi aspetti dell’ “abitare” mettendo al centro una riflessione che integra democrazia, politiche, diritti, diseguaglianze, crisi eco climatica.
Gli autori sottopongono alla nostra attenzione l’urgenza di mettere in discussione l’attuale sviluppo urbano determinato dal modello neoliberista “disumano e disumanizzante” e la necessità di individuare le condizioni per “un’alternativa di giustizia sociale, spaziale ed ecologica”.
Mi inserisco nel dibattito che si aprirà con una riflessione sul rapporto tra città e democrazia.
Credo che la partecipazione diretta dei cittadini alle scelte politiche della città potrà contribuire a creare le condizioni per “un’alternativa di giustizia sociale, spaziale ed ecologica” suggerite dagli autori, intrecciando il contrasto ai cambiamenti climatici con l’equità e la lotta alle diseguaglianze, per una città vivibile.
Ripensare il modello di città comporta innovare le politiche di partecipazione democratica
Penso che per affrontare la complessità sottesa a un ripensamento del modello di città sia necessario innovare i processi attraverso cui vengono definite le politiche pubbliche, che sia necessario cioè ridefinire e innovare i processi di partecipazione democratica dei cittadini al governo delle città al fine di condividere le priorità e le finalità delle scelte di trasformazione e innovazione.
I grandi cambiamenti, in tempi rapidi, necessari ad affrontare la crisi climatica saranno possibili solo se condivisi con i cittadini anche perché questi non sono più disposti ad accettare politiche che comportino cambiamenti e sacrifici significativi imposti dall’alto.
D’altra parte la politica è bloccata, non è in grado di prendere le decisioni necessarie alle trasformazioni perché risponde agli interessi economici-produttivi anziché all’interesse collettivo e continua a percorrere la strada fallimentare della crescita e del neoliberismo.
C’è un grande bisogno di innovazione politica. C’è bisogno di nuovi strumenti democratici. Deve crescere la partecipazione dei cittadini in politica e il peso delle loro decisioni per la comunità. ”Bisogna trasferire quote di potere ai cittadini” ( Rodolfo Lewanski )
Diventa dunque necessario avviare un processo che porti al progressivo trasferimento del potere decisionale dalle istituzioni ai cittadini su tutte le questioni rilevanti per la costruzione del benessere collettivo. Il tema della cittadinanza attiva assume così significato.
Non basta informare e consultare i cittadini
Purtroppo finora i processi partecipativi sono stati per lo più deludenti perché intesi come informazione o consultazione dei cittadini, invece di essere realizzati come processi di co-progettazione e decisionali rispetto ai problemi affrontati.
Si sono configurati come una retorica del consenso: “nella stragrande maggioranza dei casi una retorica priva di qualsiasi aspetto di reale democratizzazione o decentramento di potere”, come dicono Alietti e Farinella. I rappresentanti dei partiti anche quando parlano di partecipazione non sembrano disposti a rinunciare neppure a una quota del proprio potere né a ripensare il proprio ruolo.
Affinché la partecipazione dei cittadini non continui ad essere una pratica vuota è necessario e urgente dunque definire con precisione gli strumenti che permettano un reale esercizio di partecipazione.
Tra i molti modelli realizzati le “Assemblee dei cittadini” (Marcin Gerwin) sono lo strumento di democrazia deliberativa aleatoria di maggior successo. Sono una nuova istituzione democratica da affiancare al Parlamento, ai governi nazionali, regionali e comunali per far crescere la partecipazione dei cittadini in politica e il peso delle loro decisioni per la comunità, rinnovando la democrazia.
Sono lo strumento di partecipazione maggiormente diffuso nel mondo, ma ancora poco conosciuto in Italia, dove finora sono state realizzate solo nei comuni di Bussi, Milano e Bologna.
Come funzionano le assemblee dei cittadini
Si tratta di pratiche in cui gruppi di cittadini, selezionati con un’estrazione casuale e stratificata dalle liste anagrafiche secondo criteri di di genere, età, istruzione, residenza, in modo da essere rappresentativi dell’intera società, sono chiamati ad affrontare uno specifico argomento, ad approfondirlo, a confrontarsi su questo, a dibattere e a deliberare, producendo documentazioni finali che contengano loro idee, proposte, raccomandazioni, indicazioni.
Iniziano con una fase formativa con esperti della materia oggetto dell’Assemblea, invitati a presentare le diverse posizioni e orientamenti sul tema, in modo da fornire un quadro completo.
Seguono poi gli incontri con i gruppi di interesse, comitati e associazioni della società civile, che presentano le loro posizioni ai cittadini dell’Assemblea.
Chiudono la fase di ascolto e confronto gli incontri aperti al pubblico, in cui i membri dell’Assemblea hanno modo di ascoltare e confrontarsi con i loro concittadini.
Al termine la fase deliberativa con le valutazioni e la formulazione delle proposte e delle raccomandazioni, le votazioni sulle varie proposte emerse e la presentazione alle istituzioni con un report finale.
Entro un tempo definito, le Istituzioni devono dichiarare pubblicamente e per iscritto se intendono approvare, modificare o rigettare le proposte dell’Assemblea.