Si è tenuta presso la Corte Internazionale di Giustizia (International Court of Justice – ICJ) dell’Aia la discussione del dossier presentato lo scorso dicembre dal Sudafrica con l’accusa di genocidio nei confronti dello Stato di Israele per la guerra di Gaza e la richiesta di nuove misure cautelari urgenti, tra queste il cessate il fuoco.
L’ICJ è il più importante tribunale delle Nazioni Unite ed è stato istituito nel 1945 per affrontare le controversie tra Stati come le controversie sui confini e casi sempre più numerosi di violazione degli obblighi previsti dai trattati internazionali. Il collegio dei quindici giudici dell’ICJ non deve essere confuso con la Corte Penale Internazionale (International Criminal Court – ICC), che ha sede sempre all’AIA, ma che tratta di crimini commessi da individui.
Per questo procedimento, ai quindici giudici provenienti da diversi Paesi saranno affiancati un magistrato sudafricano Dikgang Moseneke, un giurista di fama internazionale che ha condiviso il carcere con Nelson Mandela, per la parte palestinese e un giudice israeliano Aharon Barak, un sopravvissuto dell’Olocausto e il più autorevole dei giuristi israeliani.
Gli Stati firmatari della Convenzione sul genocidio sono obbligati a prevenirlo e punirlo
Sia il Sudafrica che Israele sono firmatari della Convenzione sul genocidio del 1948 e sebbene il caso riguardi i territori palestinesi occupati, i palestinesi non hanno alcun ruolo ufficiale nel procedimento perché non sono uno Stato membro delle Nazioni Unite.
Tutti gli Stati firmatari della Convenzione sul genocidio sono obbligati al rispetto del trattato, a prevenirlo e punirlo e come affermato durante la prima sessione dall’avvocata Adila Hassim illustrando le basi legali dell’accusa “Abbiamo l’obbligo, in quanto sottoscriventi della Convenzione, di prevenire tali crimini”.
Mentre gli Stati Uniti ritengono che il caso non abbia basi giuridiche altri Stati supportano l’azione del Sudafrica tra questi Brasile, Bolivia, Colombia, Giordania, Lega Araba, Maldive, Malesia, Turchia e i 57 Stati membri dell’Organizzazione della Cooperazione Islamica.
L’intento genocidiario è un’accusa molto difficile da provare
Il trattato definisce il genocidio come ‘atti commessi con l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso’ e nel dossier di 84 pagine presentato dal Sudafrica si afferma che Israele stia commettendo un genocidio contro i palestinesi sulla base di prove quali l’entità della devastazione occorsa negli ultimi tre mesi a Gaza, l’uccisione di oltre 24 mila persone e 60 mila feriti e lo sfollamento forzoso di 1.9 milioni di persone oltre al linguaggio disumanizzante utilizzato da alcuni esponenti politici israeliani nei confronti della popolazione palestinese.
Il Sudafrica chiede alla Corte di accertare se la condotta di Israele nei confronti della Palestina può essere considerato genocidio o abbia ‘intento genocidiario’ anche se questo molto difficile da provare.
Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International in Italia commenta “Questo è un procedimento potenzialmente storico. È importante che il principale organo della giustizia internazionale che si interessa di dirimere controversie tra Stati sia stato coinvolto in un giudizio sul più grave crimine di diritto internazionale. I requisiti perché ci sia una pronuncia di genocidio sono estremamente elevati perché stiamo assistendo a una situazione nella quale il rischio che quel processo sia in corso è reale come Amnesty International ha dimostrato con il lavoro di documentazione che ha svolto negli ultimi tre mesi e che è stato citato nel dossier presentato dal Sudafrica. Questo in considerazione del totale dei numeri dei morti che potrebbe arrivare a 30 mila, considerato gli oltre 10 mila dispersi sotto le macerie, dell’85 per cento del nord della Striscia di Gaza devastato con uno sfollamento interno di quasi tutta la popolazione della Striscia da nord a sud. Ricordiamo che l’articolo 2 della convenzione sul genocidio parla di tutta una serie di azioni che possono portare a infliggere deliberatamente sofferenza o condizioni di vita particolarmente ardue da sopportare e portare alla totale o parziale distruzione di un gruppo”.
Il genocidio è un reato molto complesso da provare che deve contenere prove inconfutabili come precisa Noury “Il benchmark per reato di genocidio è elevatissimo. Gli esperti dei delle Nazioni Unite sui diritti umani hanno parlato di ‘un genocidio in fase di sviluppo’ e sono state raccolte centinaia di dichiarazioni dalle quali si può evincere l’intento genocidiario. Ricordiamo sempre che il genocidio è un processo, non è un atto istantaneo, è qualcosa che parte da una narrazione e poi va avanti attraverso una serie di atti. La posizione che ha espresso Israele nella sua difesa che mira a liquidare alcune affermazioni fatte da esponenti del suo governo, come usare la bomba nucleare su Gaza o considerare i palestinesi animali umani, come dichiarazioni fatte da singole persone che il governo respinge o non supporta, a me appare debole”.
Per quanto riguarda le nove misure cautelari urgenti, compreso il cessate il fuoco, che Israele ritiene non accettabili, la difesa fa riferimento ai fatti del 7 ottobre e all’operazione militare condotta come risposta al più grave eccidio di ebrei dalla Seconda Guerra Mondiale.
Su questo Noury commenta “Noi ci auguriamo che i crimini di Hamas siano giudicati molto presto dalla Corte Penale Internazionale. C’è un’indagine istituita dall’ufficio del Segretario Generale che prevede di inviare ispettori in Israele per indagare sulle denunce di stupri di massa e bisogna andare fino in fondo ma questo rappresenta un capitolo a parte rispetto al caso presentato dal Sudafrica. I tempi di delibera dell’ICJ potrebbero richiedere anni e anche se la Corte non ha mezzi per far valere le proprie decisioni, il suo giudizio sarà in qualche modo vincolante, anche dal punto di vista dell’effetto reputazionale per Israele”.
Tra i precedenti casi di genocidio esaminati dalla Corte Internazionale di Giustizia anche l’aggressione russa all’Ucraina
Nella storia della ICJ ci sono state tre sole pronunce di genocidio: quello della Cambogia all’epoca dei Khmer rossi, nel caso del Ruanda e della Bosnia. Nel febbraio del 2022 anche l’Ucraina si è rivolta alla ICJ per far accertare alla Corte la violazione da parte della Russia della Carta delle Nazioni Unite e richiedendo delle misure cautelari. Il procedimento è ancora in corso ma l’ICJ nel marzo 2022 ha ordinato alla Russia di interrompere immediatamente le operazioni militari in considerazione del fatto che l’invasione dell’Ucraina rappresenta un abuso della Convezione della prevenzione sul genocidio.
Noury conclude affermando che “Nel caso presentato dal Sudafrica contro Israele non sappiamo come si orienterà la Corte ma la richiesta di misure provvisorie urgenti è di enorme importanza perché potrebbe significativamente cambiare la vita dei civili palestinesi a Gaza prima del giudizio finale che potrebbe richiedere molto tempo”.