La Corte di giustizia dell’Unione europea (Ue) ha stabilito il 16 gennaio 2024 che le donne migranti soggette a violenza di genere nel loro Paese di origine hanno diritto a ricevere lo status di rifugiate o la protezione sussidiaria. Il pronunciamento è avvenuto in seguito alla richiesta della Bulgaria di valutare il caso di una donna turca di origini curde che, vittima di un matrimonio forzato e violenza domestica, aveva fatto domanda di protezione internazionale.
Le direttive per la protezione internazionale devono rispettare la Convenzione di Istanbul
In accordo alle direttive dell’Ue, lo status di rifugiato è garantito a chi è perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, opinione politica o per appartenenza a un determinato gruppo sociale. La protezione sussidiaria invece è prevista per le persone che non soddisfano i requisiti per lo status di rifugiato, ma per cui si crede con ragioni fondate che vi sia un rischio concreto di subire un danno grave in caso di rimpatrio, fra cui l’uccisione o trattamenti inumani e degradanti.
Secondo la Corte di giustizia queste direttive devono essere interpretate tenendo in considerazione la Convenzione di Istanbul, ovvero la “Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica” approvata nel 2011, secondo cui la violenza di genere è una forma di persecuzione. Inoltre, le donne in questo caso possono essere considerate come appartenenti a un determinato gruppo sociale.
Questo significa che le donne possono accedere allo status di rifugiate quando nel loro Paese di origine sono soggette a violenza sessuale, fisica, psicologica o domestica a causa del loro genere. Oppure, se questi requisiti non sono soddisfatti, possono ricevere la protezione sussidiaria se vi è un rischio concreto di essere uccise o subire violenza, anche da parte di un membro della famiglia o della comunità a causa di presunte trasgressioni di norme culturali o religiose.
Già nel 2016 una risoluzione del Parlamento europeo aveva stabilito che tutte le forme di violenza e discriminazione di genere costituivano una ragione valida per chiedere asilo in Ue.
In Italia pochissime migranti sopravvissute a violenza hanno la protezione internazionale
In Italia, le donne migranti che si rivolgono ai Centri antiviolenza hanno subito violenza psicologica, fisica, economica e sessuale con percentuali maggiori rispetto alle altre donne, a cui si aggiungono la tratta a scopo di sfruttamento sessuale o lavorativo, le mutilazioni genitali e i matrimoni forzati. Tuttavia, il sistema di accoglienza improntato alla detenzione, le procedure accelerate di frontiera e la reintroduzione dei controlli ai confini interni dell’Ue, a partire da quello di Ventimiglia, non consentono di identificare e seguire adeguatamente chi ha subito violenza di genere.
Fra le donne migranti accolte dai Centri antiviolenza di Donne in rete contro la violenza (D.i.Re) nel 2022, solo il 23,6% aveva lo status di rifugiata e il 4,5% la protezione sussidiaria.