È il primo risultato del Vertice internazionale dei popoli per la pace in Ucraina, tenutosi a Vienna pochi mesi fa: in tutta Europa, grazie all’iniziativa dei movimenti per la pace e la nonviolenza, si stanno organizzando in questi giorni numerose iniziative di mobilitazione. Nel nostro Paese culmineranno il 7 ottobre a Roma con una grande manifestazione per la Costituzione.
Armi e soldati: segnali di stanchezza
Forse qualcosa sta cambiando nel quadro internazionale, qualcosa che in un futuro ragionevolmente vicino farà uscire gli sforzi per la pace dal pantano in cui si sono ficcati i due eserciti ormai immobilizzati sulle rive del Dnepr.
Alcuni segnali ci sono: da un lato il comportamento dei governi, che sembrano meno disposti a continuare a inviare armi senza un limite, e il rafforzarsi di un’opinione pubblica stanca della guerra, dall’altro una crescente difficoltà dei due eserciti a reclutare nuovi volontari e a richiamare alle armi chi fino ad ora è riuscito a svincolarsi dalle maglie della coscrizione.
Il recente voto al Parlamento USA ha “salvato” il bilancio che consente l’attività amministrativa del Paese al “prezzo” di omettere ulteriori aiuti militari all’Ucraina, e nelle recenti elezioni in Slovacchia ha vinto il “populista” Robert Fico con un programma elettorale che prevede la sospensione degli aiuti militari all’Ucraina.
Sul fronte dell’opinione pubblica, non solo si conferma e si rafforza l’elevato numero di chi in Europa è contrario alla guerra – sempre maggioranza nel nostro Paese- , ma comincia anche a calare il consenso all’invio di armi fra i cittadini statunitensi che fino ad ora lo avevano sostenuto.
E l’altra novità significativa – meno documentata e quantificabile ma di somma importanza – è la difficoltà a colmare i larghissimi vuoti di uomini che questa guerra ha aperto su entrambi i fronti.
Il “diritto di non uccidere” è una garanzia democratica, sostenuto attivamente dall’impegno delle associazioni pacifiste e nonviolente, perché anche in questi Paesi il “tritacarne” delle battaglie nel Donbass non sia il destino di una generazione di giovani russi e ucraini.
Se vuoi la pace, fai la pace: diplomazia e dialogo contro il rischio nucleare
Fin dall’inizio della guerra in Ucraina è stato chiaro che l’assunto “si vis pacem, para bellum” va superato, in questo caso i più che mai, con la diplomazia e il dialogo.
Il rischio di un’escalation nucleare, infatti, è reale e le potenze in campo sono tali che la corsa agli armamenti, cui stiamo assistendo a livello mondiale, non potrà che portare alla sconfitta di tutti.
Nel frattempo, continuano ogni giorno i massacri di civili e soldati, le conseguenze sull’ambiente sono enormi, come enorme è lo spreco di risorse che dovrebbero invece essere destinate ad altre priorità, a partire dalla difesa dei diritti umani e la lotta al cambiamento climatico.
Sono molte le ragioni a sostegno di questa settimana di mobilitazione, soprattutto in un’Europa debole nello scenario internazionale e succube di scelte che la stanno devastando sul piano politico, sociale ed economico.
Tuttavia le iniziative in favore della pace sono finora arrivate quasi esclusivamente dalle forze della società civile e della diplomazia. E anche oggi, ancora una volta, sono queste stesse forze a scendere in campo per chiedere la cessazione delle ostilità e la ricerca del dialogo.
Tante iniziative
Emergency è già partita con una prima grande festa per la pace a Roma il 30 settembre, e nei prossimi giorni Agenda17 continuerà a seguire in questi giorni questo tema di cui ci siamo a lungo occupati.