“Doppia violenza” sulle donne migranti richiedenti asilo (in aumento) Sistema di accoglienza impreparato ad affrontare le tantissime violenze subite: solo, e sempre più, controllo e detenzione

“Doppia violenza” sulle donne migranti richiedenti asilo (in aumento)

Sistema di accoglienza impreparato ad affrontare le tantissime violenze subite: solo, e sempre più, controllo e detenzione

L’accordo siglato dall’Unione Europea (Ue) con la Tunisia per il controllo delle frontiere ha destato preoccupazione in diverse organizzazioni per i diritti umani, fra cui Donne in rete contro la violenza (D.i.Re), che collabora con la sezione italiana dell’Alto commissariato delle Nazioni unite sui rifugiati (United Nations High Commissioner for Refugees – UNHCR) nell’accoglienza di donne migranti rifugiate e richiedenti asilo. 

Il timore è che i viaggi dei migranti diventino sempre più pericolosi, causando gravi traumi in particolare alle persone più vulnerabili, che l’Italia poi non è in grado di accogliere in modo adeguato.

Al loro arrivo in Italia, infatti, le donne rifugiate e richiedenti asilo trovano ancora un sistema di accoglienza miope rispetto alle dinamiche di genere, fatto che aumenta la loro vulnerabilità e le espone a una “doppia violenza”. 

Questa è una delle conclusioni del secondo “Rapporto delle organizzazioni di donne sull’attuazione della Convenzione di Istanbul in Italia” prodotto di recente da D.i.Re, Action Aid Italia, Associazione italiana donne per lo sviluppo (Aidos), Forum associazione donne giuriste, Associazione giuriste d’Italia (GIUdIT), Forum italiano sulla disabilità (Fid) e dall’esperta indipendente Letizia Lambertini.

I flussi migratori forzati femminili tornano ad aumentare nel 2022

Secondo la ricerca “Le migrazioni femminili in Italia: percorsi di affermazione oltre le vulnerabilità”, promossa dall’Istituto di Studi politici S. Pio V e realizzata dal Centro studi e ricerche Idos, tra il 2008 e il 2021 nei ventisette Paesi dell’Ue sono state presentate circa 2,5 milioni di domande d’asilo da parte di donne, pari a una su tre richieste totali. 

In Italia sono state poco più di 117mila, con una percentuale quasi sempre inferiore a una su quattro. Dalle 4.400 del 2008, sono aumentate fino a raggiungere picchi di oltre 18mila-20mila nel biennio 2016-2017, poi, in seguito agli accordi con Turchia e Libia, sono tornate a diminuire fino a 9.165 nel 2021. 

I primi Paesi di provenienza delle donne richiedenti asilo in Italia nel 2022 (© Valeria Vanzani/UNHCR)

Nel 2022, a causa dell’invasione dell’Ucraina e del peggioramento di crisi preesistenti, i numeri sono tornati a salire e, secondo il database dell’UNHCR, più di 15mila donne hanno presentato domanda d’asilo nel nostro Paese. 

Le Regioni di provenienza che contano più domande sono l’Africa sub-sahariana (fra cui Nigeria, Eritrea, Costa d’Avorio), l’Europa orientale (Ucraina, Georgia) e l’America Latina (Perù, Colombia, Venezuela). 

Fra il 2008 e il 2021, la percentuale di accoglimento delle richieste d’asilo femminili con una decisione di primo grado è stata del 51%, mentre si attesta a 44% a livello di decisioni finali prese in seguito a ricorso.

La mancanza di un’adeguata assistenza per le donne richiedenti asilo

Secondo l’UNHCR, molte donne richiedenti asilo nel nostro Paese hanno subito una qualche forma di violenza di genere nel Paese di origine, in quelli di transito o anche in Italia. La rilevazione dati annuale di D.i.Re relativa al 2022 ha evidenziato che le principali tipologie di violenza subite dalle donne rifugiate e richiedenti asilo che si sono rivolte ai Centri antiviolenza della rete sono le stesse delle altre donne, ma con percentuali maggiori: violenza psicologica nella quasi totalità dei casi (contro 80,4%), fisica in circa il 78% dei casi (contro 58,5%), economica per il 60% circa (contro 32,2%) e sessuale in quasi il 60% (contro 17,2%).

Tipologie di violenza subite dalle donne richiedenti asilo accolte dai Centri di D.i.Re (© D.i.Re 2023)

A queste si aggiungono la tratta, le mutilazioni genitali femminili, i matrimoni forzati e la violenza e la discriminazione autorizzate dallo Stato. Queste donne avrebbero bisogno di ricevere un’assistenza adeguata, che tenga conto di tutti i tipi di violenza di genere. Ma secondo il rapporto di D.i.Re e delle altre organizzazioni manca ancora in Italia un meccanismo di referral, ovvero un insieme di misure pratiche che coinvolgano tutti gli stakeholder per identificare le persone migranti che hanno subito o che sono a rischio di violenza di genere e per indirizzarle verso servizi specializzati. 

Altri problemi evidenziati sono l’assenza di personale e mediatori culturali formati sulla violenza di genere alle frontiere e ai punti di entrata del sistema di accoglienza e la scarsa tendenza a dare alle donne richiedenti asilo informazioni sui loro diritti e sull’esistenza dei Centri antiviolenza. Queste mancanze espongono le donne migranti al rischio di isolamento sociale, di subire violenza di genere anche in Italia, di finire intrappolate nello sfruttamento sessuale o lavorativo e le ostacolano nell’accesso ai servizi di salute mentale, sessuale e riproduttiva. 

Le condizioni presenti negli hotspot e nei Centri di accoglienza per richiedenti asilo (Cara), infatti, non garantiscono la salute fisica e psicologica delle persone rinchiuse in essi, soprattutto le più fragili. Il sovraffollamento e la promiscuità degli spazi facilitano episodi di violenza contro le donne, l’accesso a cibo e acqua è limitato e le condizioni igieniche non sono accettabili. 

Nel 2016 una risoluzione del Parlamento europeo aveva stabilito di istituire canali di migrazione legali per donne e ragazze, di informarle sui propri diritti, come la possibilità di presentare domanda indipendente dal proprio coniuge e di essere seguite da personale femminile formato sulla violenza di genere, e di offrire loro servizi specifici, fra cui alloggi e servizi igienici separati. La risoluzione inoltre aveva affermato che tutte le forme di violenza e di discriminazione di genere “rappresentano una forma di persecuzione e dovrebbero essere una valida ragione per richiedere asilo nell’Ue.”

L’erosione del diritto di asilo colpirà anche le donne migranti

D.i.Re ha anche evidenziato la scarsa implementazione del permesso di soggiorno per le vittime di violenza domestica e ha espresso preoccupazione per la Legge Cutro e il nuovo accordo dell’Ue sulle procedure di frontiera e la gestione dell’asilo approvati nei mesi passati. Le procedure accelerate di frontiera per valutare le richieste di asilo ostacoleranno l’individuazione di donne sopravvissute a violenza o vittime di tratta, che necessitano di tempistiche adeguate e di servizi specializzati per far emergere la loro esperienza. 

Donne migranti nigeriane in fuga dal gruppo terroristico Boko Haram (© Oxfam/Pablo Tosco)

Il percorso di empowerment e l’esperienza di “Leaving violence. Living safe”

Il sistema di accoglienza italiano è basato su contesti con numeri alti, che non permettono di individuare i bisogni specifici delle singole persone, ma sono basati semplicemente su controllo e detenzione. Sono invece i contesti piccoli di ascolto individuale con figure esperte che possono permettere alle donne migranti di ripercorrere la loro esperienza in sicurezza e recuperare le proprie competenze per immaginare un percorso di integrazione socio-lavorativa in un nuovo Paese.

Proprio per questo, D.i.Re, in collaborazione con UNHCR, ha iniziato nel 2018 il progetto “Leaving violence. Living safe”, con lo scopo di facilitare l’accesso ai Centri antiviolenza per le donne rifugiate e richiedenti asilo sopravvissute a violenza. Da allora il progetto ha aiutato 422 donne sviluppando una metodologia che si adatti ai loro bisogni specifici, ha formato sessantaquattro mediatrici culturali sulla tematica della violenza di genere e ha costruito reti territoriali con alcuni enti che si occupano di richiedenti asilo. L’equipe del progetto è composta da operatrici dei Centri antiviolenza, mediatrici culturali, operatrici sanitarie, operatrici per l’inserimento sociale, avvocate e psicologhe.
Il percorso di empowerment per le donne migranti infatti dovrebbe garantire un’assistenza legale che le accompagni nella richiesta d’asilo, l’accesso a strutture mediche e ginecologiche, consulenza psicologica per i traumi subiti e sostegno per l’inserimento sociale e abitativo. Un percorso libero dalla narrazione che le vede come corpi che migrano senza unicità, come vittime passive a cui noi occidentali dobbiamo insegnare la parità di genere e che le riconosca come soggetti capaci di agire e autodeterminarsi.

2 thoughts on ““Doppia violenza” sulle donne migranti richiedenti asilo (in aumento)

Sistema di accoglienza impreparato ad affrontare le tantissime violenze subite: solo, e sempre più, controllo e detenzione

  1. SMETTETELA DI USARE INGLESISMI CHE RENDONO LA LETTURE NON SUFFICENTEMENTE COMPRENSIBILE.
    L’ ITALIANO HA VOCABOLI UTILI in abbondanza PER ESPRIMERE GLI STESSI CONCETTI.
    GRAZIE
    V.F.

    1. Buongiorno, i termini inglesi presenti nell’articolo sono stati scelti perché ormai usati anche in Italia e nei report su cui mi sono basata e perché non sempre è possibile trovare una parola italiana che traduca pienamente il loro significato. In ogni caso la ringrazio per l’osservazione di cui terrò conto.

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