Nel silenzio quasi totale dell’informazione e nella scarsa attenzione della politica, le voci per la pace continuano la loro difficile promozione di un dialogo che ponga fine al conflitto in corso nel cuore dell’Europa, o quantomeno incentivi la ricerca di un negoziato. Recentemente si è tenuto a Vienna il Vertice internazionale dei popoli per la pace in Ucraina, nel quale si è affermato l’invito alla mobilitazione generale contro l’uso delle armi come strumento di risoluzione dei conflitti, mentre nel nostro Paese dal 22 aprile è in corso la raccolta firme per tre referendum su sanità pubblica e pace promossi da Generazioni future e Ripudia la guerra.
A fronte del costante e crescente rischio di un’escalation nucleare del conflitto, queste iniziative promuovono la strada del dialogo, laddove la diplomazia ha finora fallito. Si tratta di azioni che partono dalla società civile per contribuire alla pacificazione, di fronte all’inadeguatezza dei grandi organismi internazionali e di buona parte del mondo politico.
Come recita il titolo del Vertice di Vienna, “Se vuoi la pace, usa mezzi pacifici” (Peace by Peaceful means).
Il Vertice di Vienna: invito alla mobilitazione globale
L’incontro di Vienna (International Summit for Peace in Ukraine) è stato voluto da numerosi promotori, tra cui l’International Peace Bureau e la rete Europe for Peace, e ha visto la partecipazione di relatori di oltre quaranta Paesi.
Era presente anche la Rete italiana pace e disarmo, che in un comunicato ha sottolineato come al Vertice si sia cercato di confrontarsi con chi vive quotidianamente sotto le bombe, cercando la strada del dialogo per porre fine alle loro sofferenze, ricostruire fiducia e riaffermare la solidarietà.
Per questo, la società deve far valere la propria voce: la Dichiarazione finale del summit ha sancito dunque la necessità di passare dal dibattito sulla pace ad azioni di manifestazione, cortei e proteste di piazza.
I firmatari hanno infatti sottolineato che “non esiste una soluzione militare alla crisi attuale” e che “il cammino verso la pace deve basarsi sui principi della sicurezza comune, del rispetto internazionale dei diritti umani e dell’autodeterminazione di tutte le comunità.”
La società civile di tutti i Paesi è quindi invitata a una settimana di mobilitazione globale dal 30 settembre all’8 ottobre 2023, finalizzata alla richiesta di un immediato cessate il fuoco e negoziati di pace.
Difendere la sanità pubblica e fermare le armi: i referendum
Intanto, nel nostro Paese è in corso la raccolta firme per due importanti referendum, che rispecchiano l’opinione della maggioranza dei cittadini raccolta dagli ultimi sondaggi.
Dei tre quesiti, uno mira a colpire il conflitto di interessi nella sanità pubblica, gli altri due entrano nel vivo dei temi della pace e dell’invio di armi e, per questo, sono raggruppati in un unico quesito denominato “Italia per la pace”.
Da un lato si sottolinea come quasi tutto il mondo politico abbia deciso “di destinare ingenti somme di denaro alla produzione di armi da inviare all’Ucraina.” Vista la contrarietà della maggioranza del popolo italiano, si vuole quindi “impedire la possibilità che venga rinnovato l’invio di armi, mezzi, equipaggiamenti e materiali militari ai Paesi coinvolti nel conflitto”, richiedendo l’abrogazione della relativa autorizzazione (decreto legge 185 del 2 dicembre 2022, art. 1).
L’altro quesito chiede di togliere al Governo il potere di derogare il divieto di esportazione di armi in scenari di guerra attraverso la semplice informativa al Parlamento. L’obiettivo è far sì che tali decisioni richiedano “una legge formale e dunque la piena assunzione di responsabilità politica del Parlamento.”
La pace e il pacifismo implicano necessariamente il rifiuto di qualsiasi conflitto e il ricorso alle armi, soprattutto come strumento di risoluzione delle controversie. La strada per la pace non può che passare attraverso l’uso di strumenti di pace.
Sanità e armi: temi diversi, ma molto vicini
Perché allora presentare assieme due temi diversi come le armi e la sanità? Oltre al fatto che le guerre producono gravissimi problemi sanitari come le epidemie che dai Paesi belligeranti si propagano a quelli vicini, i promotori sottolineano che l’ultimo Documento di economia e finanza (Def) prevede l’aumento di 12 miliardi del budget destinato alle armi e una riduzione di 2 miliardi dei fondi per la sanità pubblica.
Anche l’Europa sembra muoversi in tal senso: il piano europeo Act to Support Ammunition Products (ASAP), infatti, prevede lo stanziamento di 500 milioni di euro dei fondi europei per l’industria bellica e la possibilità di utilizzare a tal scopo i fondi destinati alla ripresa economica e alla lotta alle crescenti disuguaglianze sociali.