Abbiamo osservato lo scoppio di focolai epidemici come diretta conseguenza di azioni belliche attualmente in corso” ha affermato Donato Greco , specialista in malattie infettive, igiene e sanità pubblica, epidemiologia e statistica sanitaria, intervenendo al Congresso mondiale degli igienisti “A world in turmoil” che si è svolto recentemente a Roma. E puntualmente i primi casi di colera si sono verificati in questi giorni nella regione di Kherson, sotto il controllo ucraino dopo le inondazioni provocate dall’esplosione della diga sul Dnipro. Ma altri esempi, purtroppo, non mancano: poliomielite, ebola, dengue, epatite E, meningite solo per citare i principali in atto.
Quella dell’Ucraina è una storia tremenda, la guerra ha causato l’interruzione dei servizi vaccinali e la drastica riduzione delle coperture vaccinali (inferiore al 50%), sono stati segnalati nelle zone di guerra due casi di poliomielite da VDPV2 (un ceppo attenuato che se circola in popolazioni non immunizzate o non immunizzate per un tempo sufficientemente lungo o in soggetti immunodeficienti può riattivarsi e causare malattia e paralisi). Le zone di conflitto pongono enormi sfide a coloro che sono coinvolti nella sorveglianza e nell’eradicazione della polio, poiché i timori per la sicurezza chiudono le vie di accesso e spingono le popolazioni sottoterra.
La guerra in Ucraina, secondo dati aggiornati al 2022, ha distrutto 628 ospedali, 65 ambulanze bombardate, 215 operatori sanitari sono stati uccisi mentre 287 sono stati sequestrati e portati in Russia, oltre 5milioni sono le persone “spiazzate”, tolte dalle loro case e costrette in condizioni di precarietà.
La poliomielite, a un passo dall’ eradicazione, sta tornando a causa dei conflitti
Greco, che da ventotto anni è anche membro del Comitato dell’ Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per l’eradicazione della poliomielite, ricorda che per molte volte si è stati ad un passo dal raggiungimento dell’obiettivo di sconfiggere definitivamenete la poliomielite, la terribile malattia che seminò il terrore in Occidente nel dopoguerra.
Attualmente secondo l’Oms i due unici Paesi in cui il virus selvaggio è endemico sono Afghanistan e Pakistan, dove nel 2022 sono stati registrati rispettivamente ventidue e venti casi di poliomielite.
Il 25 agosto 2020 la stessa Oms aveva annunciato che il continente africano era polio-free, essendo trascorsi quattro anni dall’ultimo caso registrato, portando a cinque su sei le Regioni Oms dichiarate libere dalla polio: le Americhe nel 1994, l’Europa nel 2002, il Sud-Est asiatico nel 2014 e la Regione del Pacifico nel 2000.
“Eravamo a un passo dall’eradicazione, ricorda Greco, ma i conflitti ci hanno riportato indietro e la poliomielite è ricomparsa in sedici Paesi africani.
Fra le prime conseguenze dei conflitti vi è la crisi dei centri vaccinali che oltre alle enormi difficoltà organizzative, sono sovente minacciati dalle milizie del fondamentalismo religioso come quelle di Boko Haram, particolarmente aggressive verso tutte le vaccinazioni, che negli ultimi cinque anni hanno ucciso ventun vaccinatori.
Come evidenzia la stessa Oms in un rapporto dello scorso febbraio, vi sono prove di un’elevata trasmissione in Africa, specie nella Repubblica democratica del Congo, da cui il virus si diffonde nei Paesi circostanti. “Gran parte del rischio di epidemie di poliovirus derivato da vaccino può essere collegato a una combinazione di inaccessibilità, insicurezza, un’elevata concentrazione di bambini a dose zero e allo sfollamento della popolazione.”
Nel periodo maggio 2022 – maggio 2023 sono stati segnalati 24 di casi di Poliomielite da virus selvaggio WPW1 ( in Pakistan, Afghanistan, Mozambico) e quasi 800 casi da poliovirus vaccino-derivati (cVDPV) prevalentemente in Africa ( 560 in Congo ) “totalmente causati da condizioni belliche” sottolinea Donato Greco. I casi della poliomielite da vaccino interessano in gran parte paesi non belligeranti dove le popolazioni in fuga da conflitti importano il virus.”
Va ricordato che nel caso della poliomielite la maggioranza degli infetti sono portatori sani, asintomatici capaci di diffondere alcuni miliardi di unità virale per grammo per tre settimane.
In Yemen per quindici anni non c’è stata la poliomielite, nel 2020 a seguito delle guerre intestine fra guerriglieri islamici, è crollata la copertura vaccinale ed è ricomparsa la poliomielite con settantasette bambini paralizzati da virus vaccino derivato cVDPV2 .
La Siria era priva di polio da venti anni, a seguito della guerra che ha devastato il Paese, i centri vaccinali sono stati distrutti, la copertura vaccinale è precipitata e sono stati segnalati trentadue casi di poliomielite da virus selvaggio per cui è in corso una campagna vaccinale per vaccinare due milioni di bambini.
Migrazioni forzate e concentramento in campi profughi alla base di devastanti epidemie
“Altro caso emblematico è quello dei Rohingya – continua Greco- rifugiati dal Myanmar, per sfuggire a gravissime persecuzioni, trasferiti a milioni in Bangladesh. Prima di allora non conoscevano la dengue che li ha colpiti in massa nei campi di concentramento per rifugiati dove, da gennaio a luglio 2022 sono stati segnalati ben 7687 casi.”
Altro caso emblematico legato ai confitti è quello dell’epatite E in Sudan. L’epatite E di norma non provoca epidemie, ma nel 2021 nel campo profughi di Bentiu in Sud Sudan, con oltre 107mila rifugiati dalla guerra civile, l’arrivo di altri 30mila rifugiati, una concomitante alluvione e lo straripamento di un fiume hanno avuto come conseguenza 1.423 casi di epatite diagnosticati, che sottendono decine di migliaia di casi non diagnosticati.
Le epidemie su larga scala di epatite E si verificano in genere quando l’acqua e i servizi igienici sono inadeguati, come accade nei grandi campi per sfollati. Non esiste una cura specifica per questa malattia, che di norma non causa particolari complicanze ma ha un tasso di mortalità fino al 25 percento tra le donne in gravidanza, con un alto rischio di aborti spontanei e di morti alla nascita.
Un’altra zona di belligeranza particolarmente difficile è la Somalia, dove le persone devono fuggire da milizie capaci di aggressioni feroci. Nei numerosi campi che ospitano centinaia di migliaia di rifugiati si è sviluppata la settima pandemia di colera, da Vibrio el Tor, con 7796 casi e 37 decessi, questi ultimi in numero limitato a significare una certa efficacia nel trattamento.
Il Congo, fra i più ricchi al mondo di materie prime, è diventato un serbatoio di conflitti e conseguentemente di epidemie. Oltre alla già citata poliomielite, nell’ultimo anno ha visto svilupparsi un’ epidemia di meningite con 668 casi, 167 morti, il ritorno della malattia da virus Ebola con due casi diagnosticati, del colera tornato nel 2022 con 4386 casi e 16 morti nel 2022 .
Nel 2022 il colera è tornato a colpire in circa trenta Paesi del mondo, anche per i disastri naturali legati al clima. E la situazione resta grave, soprattutto in Africa.
Nel Ghana è tornata la febbre gialla che era sparita da decenni con più di 202 casi e 35 morti. Anche in questo caso alla base la migrazione forzata nella savana del Ghana di popolazioni in fuga dalla vicina Nigeria per sfuggire alle violenze delle milizie di Boko Haram che avevano attaccato i loro villaggi incendiando e uccidendo .
Colera Road
Emblematico il caso di un’ epidemia di colera sviluppatasi in Nigeria nel 2017 in un campo, su una collina, dove si era radunato un milione di persone in fuga. Si contavano 500 casi di colera al giorno, mancavano acqua, cibo, fogne e denaro. Che fare? Per fermare l’epidemia si è deciso di trasferire un milione di persone in un luogo a sei giorni di cammino. Perché mai sei giorni e non due o tre? Il motivo è semplice il tempo di incubazione del colera è di cinque giorni e chi arrivava vivo a destinazione era senza colera, quelli che non ce l’hanno fatta hanno tappezzato di cadaveri la strada formando la colera road.
“La guerra è sempre un cattivo affare- conclude Greco- non ricordo una guerra buona, una guerra che ha portato la pace. Le guerre sono sempre un disastro e le prime vittime della guerra sono sempre i civili.
Le guerre sollevano rischi epidemici che non sono considerate nella prepardness dell’evento bellico. Questo significa una nuova necessità quella di aggiungere all’intervento post-bellico, non solo elementi vitali di nutrizione, acqua potabile, cibo etc., ma anche una sorveglianza sanitaria che possa prevenire questi scoppi epidemici che sono un rischio non solo per i paesi belligeranti ma anche per i paesi vicini dove si possono esportare le epidemie. Perseguire la pace è una fondamentale priorità di sanità pubblica!”