“Gli Stati Uniti hanno interesse che l’Europa sia unita dal punto di vista commerciale perché per loro è più facile interfacciarsi, ma hanno anche convenienza che l’Europa sia divisa sulla politica estera”, afferma ad Agenda17 Guglielmo Bernabei, docente di Diritto pubblico presso l’Università di Ferrara e membro del Movimento federalista europeo, che il 10 maggio interverrà come relatore al convegno “L’Europa per la pace”.
L’incontro, organizzato dal Laboratorio per la pace dell’Università di Ferrara, in collaborazione con il Centro di documentazione europea di Unife, il Movimento federalista europeo e la Rete pace Ferrara, all’interno delle attività di RUniPace e con il patrocinio del Comune di Ferrara, sarà l’occasione per un’analisi multidisciplinare della drammatica crisi internazionale che stiamo vivendo, nei suoi riflessi di ambito politico, giuridico, socio-culturale sui singoli Paesi e sul grande progetto dell’Unione europea (Ue).
Il convegno sarà articolato in due momenti: la prima sessione riguarderà ‘Guerra, Europa, migrazioni e diritto internazionale’, la seconda ‘Il grande gioco internazionale e la questione sociale in Europa’. L’intervento di Bernabei si intitolerà ‘Il progetto federalista europeo e la crisi in Ucraina’.
L’Europa ha bisogno di una politica estera comune
Secondo Bernabei, infatti, “per arrivare al superamento delle situazioni di stallo occorre dotarsi di una politica europea che sia effettiva e comune e che vada al di sopra dei modelli fin qui proposti dall’Ue, costruita sul modello ‘tedesco’ di grande forza di Governo che fa riferimento alle due grandi famiglie dei socialdemocratici e dei cristiano-democratici.
Oggi questo modello non funziona più: un’Ue basata sull’unione doganale, sul commercio e sul libero scambio ha potuto arrivare a una moneta comune, ma in questo momento serve una politica estera che non sia demandata agli Stati membri. L’Europa a livello internazionale conta infatti ben poco, i singoli Stati europei non hanno più voce in capitolo.”
Cooperazione rafforzata: così l’Europa può emergere tra Cina e Usa
L’ipotesi di cui parlerà il 10 maggio è quella di una cooperazione rafforzata, che è prevista dai trattati europei: i Paesi fondatori dovrebbero cioè adottare vere politiche estere per la difesa comune, per poi procedere con politiche strategiche, industriali, energetiche e sulle materie prime per cercare di avere un ruolo nello scenario dell’Ucraina.
“Le conseguenze del conflitto per l’Italia e a livello Europeo – prosegue Bernabei – sono di due tipi: economico e politico. A livello economico, il tema delle fonti energetiche è cruciale, in particolare con le fonti rinnovabili: la svolta green pone delle questioni delicate, come quella del litio, che la Cina è la prima a produrre.
Sul piano politico, di conseguenza, se a livello europeo non c’è una voce forte e unitaria riguardo alla politiche estere non si può risolvere molto.”
L’opzione, secondo il docente, potrebbe essere la creazione di un’agenzia intergovernativa per la politica energetica, all’interno di una cooperazione rafforzata: sarà però necessario che un gruppo di Stati inizi un percorso oltre lo stallo iniziale.
“Mettersi insieme dunque – conclude – per contare di più nello scenario internazionale: la Cina e gli Stati Uniti in questo conflitto sono le uniche potenze rimaste sul campo. L’interesse della Cina è di essere la prima potenza commerciale al Mondo. Quindi ha un doppio interesse e vuole che gli Stati Uniti siano bloccati in Ucraina con la fornitura del materiale militare e che la Russia giochi un ruolo importante a livello regionale e mondiale, come Stato di riferimento. Allo stesso tempo, dal punto di vista americano, la strategia è sempre un’ottica anti-cinese. L’Ue può dunque sostenere l’Ucraina non solo dal punto di vista militare ma anche dal punto di vista diplomatico: se però non ha le basi per farlo, lo faranno le uniche superpotenze rimaste. L’Europa attualmente non ha la forza per attivare un processo diplomatico: per gli europei è un problema molto grande perché saranno altri a prendere decisioni per noi. Per ottenere la pace dovremmo invece guardare la storia, che ci insegna che non basta solo un compromesso tra gli Stati in guerra: serve un’azione più ampia, ad esempio attraverso l’istituzione di zone cuscinetto.”