È un percorso lungo sei anni (dal 2006 al 2012) quello che ha portato il fotografo Andrea Casari a realizzare la mostra “Scatti Sospesi” presso la sede della Fondazione di Venezia. La mostra, visitabile fino al 31 gennaio, ripercorre il progetto “Passi Sospesi”, curato dall’associazione Balamòs Teatro di Ferrara e realizzato all’interno degli Istituti Penitenziari di Venezia dal 2006 al 2022.
Carcere come palcoscenico
Il palcoscenico di un teatro è un luogo in cui istintivamente si entra in punta di piedi. Perché è denso di azione, vita vissuta, maschere oscene e loro trasformazioni. Non ha tre dimensioni ma infinite, come infiniti sono i gesti, i minimi movimenti o cambi di espressione che rende visibili all’occhio umano. È fatto di coralità e condivisione e anche di singole voci.
Ma il palcoscenico non esiste solo nei teatri, può prendere forma all’interno di un cerchio di sedie, in cima a una collina, in mezzo a un bosco, e anche in carcere. Nell’ambito della rassegna di teatro in carcere Destini Incrociati,
Andrea Casari ha immortalato questo “spazio sacro” in una serie di scatti sospesi – composta da quaranta foto stampate e da un video che ne include altre 436, quest’ultimo curato da Marco Valentini.
“Fotografare un’esperienza di teatro in carcere, come del resto in ogni luogo, – scrive Michalis Traitsis, direttore del progetto Passi Sospesi – è un contributo prezioso di memorie. Nel qui e ora di quel che avviene e nelle tracce che rimangono nel tempo. Fotografare in carcere non è mai una operazione solamente estetica ma è anche e soprattutto etica, per la possibilità di riconsegnare a chi guarda, attraverso gli scatti, i vissuti che esulano dai reati e dalle colpe, che permettono una diversa rappresentazione di sé e che riconsegnano racconti di persone, che hanno un passato, che si arrabattano nel presente, che immaginano futuri, magari diversi. Come tutti.”
L’esperienza del teatro in carcere, al pari di quella sportiva o della scuola e dell’università negli istituti penitenziari, è esempio virtuoso di come realizzare il dettato costituzionale di “tendere alla rieducazione del condannato” per evitare i fallimenti a cui va incontro la semplice reclusione.
Proponiamo una piccola selezione di foto ricavate dal video incluso nella mostra. Gli scatti immortalano momenti che hanno caratterizzato questo percorso, e il cui ricordo si sarebbe probabilmente offuscato nel tempo. Giochi di luci e ombre su volti e corpi che si muovono “in coro”. Occhi spalancati o chiusi nella contemplazione, braccia aperte verso il cielo, ritmo, paura, desideri, liberazione. Ci restituiscono l’eloquenza silenziosa che caratterizza ogni forma di arte e che scolpisce ricordi e situazioni emotivamente significative.