Il progetto previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) per la rinaturazione del bacino del fiume Po è iniziato. Pochi giorni fa, infatti, il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (Mase) ha rilasciato l’informativa tecnica che sbloccherà parte dei 357 milioni di euro di finanziamento del progetto.
Dal Piemonte all’Adriatico: biodiversità, sicurezza e approvvigionamento idrico
“In data 10 gennaio – ha spiegato ad Agenda17 Francesca Luppi dell’Autorità di bacino distrettuale del fiume Po (Adbpo) – è stato sottoscritto l’Accordo tra Mase e Agenzia interregionale per il fiume Po (Aipo), che formalizza l’attribuzione ad Aipo delle risorse previste dal Pnrr per il progetto di rinaturazione. Può quindi iniziare la fase operativa, con la progettazione degli interventi previsti nel Programma d’azione.”
Le aree di intervento sono distribuite lungo l’intera asta fluviale, tra Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna. Protagonista sarà la nuova sinergia tra World Wildlife Fund (WWF) Italia e l’Associazione nazionale estrattori produttori lapidei affini (Anepla), con il patrocinio delle Regioni, Adbpo e Aipo. Il progetto si propone di proteggere la biodiversità, contrastare gli effetti del cambiamento climatico, garantire maggiore sicurezza dal punto di vista del dissesto idrogeologico e dell’approvvigionamento idrico e favorire le specie autoctone. Intervenire sul Po è sempre più urgente: la siccità di quest’anno ha indebolito notevolmente il fiume.
Salvaguardare le forme di vita che lo popolano è uno degli obiettivi fondamentali: proprio questa settimana Aipo ha lanciato un allarme sulla diffusione incontrollata della Reynoutria japonica (Poligono del Giappone), pianta erbacea alloctona altamente infestante ed invasiva ormai presente in tutto il bacino.
È una pianta erbacea vigorosa, robusta e alta fino a tre metri, cresce molto rapidamente con una rete di rizomi sotterranei incredibilmente estesa e profonda fino a tre metri prendendo facilmente sopravvento sulla vegetazione originaria. L’impatto è preoccupante: dal calo della biodiversità al rischio di instabilità degli argini.
Si tratta di uno degli interventi più innovativi della Missione “Rivoluzione verde e transizione ecologica”, l’unico, insieme al pacchetto di azioni sugli habitat marini, che potrà avere un impatto significativo sulla salute della natura italiana. Ne abbiamo parlato con Andrea Agapito Ludovici, responsabile dell’Area fiumi del WWF Italia che già aveva commentato il tema per Agenda17 nei mesi passati, per capire meglio come si svolgerà in concreto un progetto tanto ampio e ambizioso.
“C’è stata una fase informativa durante la quale l’Autorità di bacino ha presentato il programma d’azione per la Rinaturazione del Po – spiega Agapito Ludovici ad Agenda17 – che si è conclusa qualche mese fa e ha definito in maggior dettaglio gli interventi da realizzare lungo il fiume.”
Come si legge nei materiali diffusi da Aipo e Adbpo, sono stati organizzati due webinar e cinque appuntamenti intermedi in presenza nelle quattro Regioni coinvolte nel progetto, a cui hanno preso parte rappresentanti di Comuni, Province, Regioni, università, associazioni, imprese, giornalisti.
Al termine degli incontri sono state inviate ai presenti delle schede per la restituzione e la raccolta di commenti: “Tra gli obiettivi più importanti alla base del processo informativo-partecipativo – si legge nella documentazione di Adbpo – si è posta la volontà di acquisire spunti di riflessione, interrogativi, elementi rilevanti, aspetti di interesse da valutare e considerare nella successiva fase di progettazione, attuazione e gestione degli interventi. Durante gli incontri e nei giorni successivi sono state raccolte e catalogate 192 osservazioni, di cui 100 contributi e novantadue quesiti a cui dare risposta.”
È mancata la partecipazione dal basso
“C’è stata una doverosa attività informativa e non un processo partecipato, basterebbe in questo caso vedere cosa prevede la direttiva Quadro Acque all’art.14. Il programma d’azione era infatti chiuso e non modificabile. Il WWF – ha commentato Agapito Ludovici – anche nella proposta iniziale che è stata inserita nel Pnrr aveva proposto un percorso partecipativo per arrivare al programma d’azione, non a programma concluso”.
È importante in questo senso sottolineare che il progetto “prevedeva anche un budget per favorire processi partecipati e l’attivazione di fondi complementari che avrebbero ulteriormente potuto implementare il progetto di base favorendo il coinvolgimento diretto di Comuni e aree protette, ma anche di privati (agricoltori, associazioni, cavatori, operatori turistici…).”
Nonostante queste criticità, “complessivamente il programma d’azione è fatto bene – continua Agapito Ludovici – e porta da trentasette (più sette interventi più piccoli sul Delta) a cinquantasei gli interventi tra Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Veneto. Il 2023 dovrebbe essere l’anno in cui vengono avviati i bandi per l’assegnazione dei lavori. Ora ci auguriamo che il Comitato scientifico che è stato istituito possa dare un concreto contributo per la definizione dei criteri di intervento che devono garantire una visione complessiva e un approccio interdisciplinare. Inoltre è fondamentale che si possano prevedere momenti di formazione anche per favorire la replicabilità di questi interventi anche in altri fiumi italiani.”
Partecipazione e condivisione, già piuttosto carenti al momento della stesura del Pnrr, sembrano quindi rimanere motivo di discussione, in altre forme, durante lo svolgimento dei progetti. Eppure la replicabilità degli interventi sul fiume Po è cruciale anche perché il progetto è tra i pochi del Pnrr ad andare nella direzione – quella della rinaturazione e del ripristino degli ambienti naturali – indicata di recente dall’Europa attraverso la Restoration Law. Si tratta di una proposta di legge senza precedenti: renderà per la prima volta giuridicamente vincolante la lotta al cambiamento climatico, stabilendo obblighi precisi per gli Stati membri. L’iter perché diventi operativa si concluderà in primavera con l’approvazione definitiva del Consiglio europeo, che si è già espresso positivamente sulla legge negli ultimi giorni del 2022. Le azioni previste dalla Restoration Law – tra le quali figura anche il ripristino dei fiumi per il 15% della loro lunghezza (178mila chilometri in tutta l’Unione) entro il 2030 – potrebbero essere l’ultima occasione concreta per rispettare gli impegni dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite in campo ambientale e climatico.