Quando pensiamo alla democrazia rappresentativa tutti ci riferiamo a un modello di democrazia caratterizzato dalla scelta tramite elezioni di rappresentanti che prendono decisioni a nome e nell’interesse dell’intera popolazione. È un modello che ha avuto origine nel Settecento, con la Rivoluzioni americana e francese, e che ha finito per far coincidere la democrazia rappresentativa con la democrazia elettorale, anche se in realtà la democrazia rappresentativa non implica necessariamente i processi elettorali.
Il problema emerso sempre più nel tempo, e che ha dato vita a una vastissima riflessione teorica e a una varietà di ipotesi alternative, è che il ceto politico risultante dai processi elettorali agisce con crescente intensità e frequenza elaborando un’ “agenda politica”, pratiche di deliberazione e di decisione lontane delle esigenze dei cittadini comuni.
Ovviamente questo “scollamento” diventa tanto più drammatico quanto più ci si trova davanti a temi avvertiti dai cittadini come gravi e urgenti. È il caso della crisi climatica. Numerose indagini a livello nazionale e internazionale segnalano che l’ambiente è in cima alle preoccupazioni dei cittadini, in particolar modo dei giovani. Ma nonostante questo le scelte politiche – a parte un generico riferimento alla “sostenibilità”, diventata ormai vuoto slogan universale – mostrano tutti i segni di una drammatica impotenza. Aggravata da quella degli organismi internazionali (emblematica la conferenza COP27 in corso in Egitto).
Uno dei risultati di questa situazione è il crescente astensionismo dei cittadini, che disertano gli appuntamenti elettorali. Assai più interessante, invece, è la ricerca di possibili soluzioni alternative che vedono da tempo impegnati teorici politici, associazioni – in primo luogo di ambientalisti – e amministratori locali.
Tra le soluzioni possibili c’è il sorteggio per la costituzione di Assemblee di cittadini. Ne abbiamo già parlato su Agenda17, e in questo dossier approfondiamo il tema ed esploriamo, attraverso casi e modelli concreti, le diverse “gradazioni” in cui queste nuove forme di partecipazione vengono sperimentate.
Un dossier sulle nuove forme di partecipazione per affrontare la crisi climatica e problemi di rilevanza sociale
Lungi dall’essere un’inaffidabile bizzarria come potrebbe sembrare, il sorteggio, articolato in diverse modalità per rispettare criteri di rappresentanza, ha nobili ascendenti (la democrazia ateniese) ed è stato già sperimentato dagli anni Ottanta in diversi Paesi del Mondo per costituire mini-pubblici deliberativi.
Numerose sono anche le altre modalità che possono essere adottate su temi di rilevanza sociale. Nel tempo si sono venuti affermando veri e propri modelli, con regole e protocolli ben definiti, riconoscibili e applicati in diversi contesti. Si tratta, è bene sottolinearlo, di soluzioni che non hanno valore di panacea, in grado, di per sé, di risolvere la crisi della democrazia rappresentativa, ma che, anzi, devono richiamare la politica e le sue attuali istituzioni a un impegno di forte rinnovamento.
La ‘lottocrazia’: nuove forme di democrazia per la crisi climatica
I regimi politici liberal-democratici mostrano evidenti limiti nell’affrontare in modo adeguato la questione della crisi climatica. La ragione non è da ricondurre alla “disposizione” del personale politico (come vuole spesso la vulgata); piuttosto è strutturale, connaturata al funzionamento di questi regimi: i rappresentanti razionalmente cercano consensi, e portare il messaggio del cambiamento è un cattivo biglietto da visita da presentare ai propri elettori.
La partecipazione deliberativa attuata attraverso il sorteggio invece utilizza un approccio innovativo radicalmente diverso: la formazione di “minipubblici” attraverso il campionamento stratificato dei partecipanti in modo da assicurare che siano uno “specchio” dell’intera comunità interessata in quanto rappresentativi sotto il profilo socio-demografico (risolvendo così l’obiezione delle dimensioni della popolazione).
Esperienze a tutti i livelli in tutto il Mondo
Gli esempi di processi deliberativi abbondano; l’Ocse, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo (2020) ne ha censiti finora oltre 300, a tutti i livelli di governo, dal locale al nazionale, europeo e globale; ne cito solo alcuni a titolo esemplificativo.
Le assemblee e il ruolo imprescindibile della politica
L’estrazione a sorte di un campione casuale di cittadini adeguatamente rappresentativo della popolazione, unitamente al metodo della formazione, da parte di esperti neutri, dei componenti di quest’organo deliberante sarebbe quanto necessario per assicurare legittimazione al consesso e rafforzarne il ruolo dinanzi agli stessi organi assembleari di governo
È opportuno però trarre un’ulteriore conclusione: le istituzioni, a qualunque livello di governo si collochino, non possono né svuotare le proprie decisioni né rinunciare ad assumersi le proprie responsabilità dinanzi ai cittadini tutti, rinviando a meccanismi di questo tipo. Solo se la politica non abdica al proprio ruolo, il patto di collaborazione con la società civile (e la comunità scientifica) può davvero avere un senso e produrre i suoi frutti, e ciò nell’interesse esclusivo e permanente delle generazioni future, dell’ambiente e della qualità della vita di tutti noi.
Dalla consultazione alla deliberazione: modelli e pratiche
In che misura i cittadini possono essere coinvolti nelle scelte che i decisori politici compiono per raggiungere specifici obiettivi? La classificazione delle iniziative di partecipazione può essere effettuata in base a tre elementi: l’obiettivo (che può variare da informare, consultare o deliberare); la tipologia di partecipanti (cittadini, esperti o policy maker) e il ruolo assunto dal cittadino nel processo (passivo-intermedio-attivo).
Leggi tutto L’effettiva partecipazione dipende dal modello adottato Dalla semplice consultazione alla deliberazione