Gli esempi di processi deliberativi abbondano; l’Ocse, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo (2020) ne ha censiti finora oltre 300, a tutti i livelli di governo, dal locale al nazionale, europeo e globale; ne cito solo alcuni a titolo esemplificativo.
Nel 2008 l’Irlanda ha attivato un originale processo di revisione della Costituzione, affidata a una Convention formata da 33 parlamentari (in proporzione ai seggi di ogni partito) e a 66 cittadini comuni, estratti a sorte in modo da essere rappresentativi dell’intera popolazione sotto il profilo demografico (per genere, età, area di residenza); la Convention ha inviato a parlamento e governo le proprie raccomandazioni, spesso accolte per mezzo di leggi ordinarie o, quando richiesto, di referendum (come nel caso dei matrimoni gay, approvati dall’80% dell’elettorato).
Nel 2010 lo Stato dell’Oregon ha introdotto il Citizens’ Initiative Review con l’intento di favorire la formazione di opinioni informate fra gli elettori in occasione dei referendum che si tengono annualmente: un panel formato da un campione di 18-24 cittadini rappresentativi della popolazione discute due initiatives e redige un sintetico ‘opuscolo dell’elettore’, che viene inviato ad ogni elettore (e reso disponibile on-line naturalmente).
Nel 2019 la regione dell’Ost-Belgie ha istituzionalizzato questa forma di partecipazione creando un Consiglio di cittadini formato da 24 membri scelti tramite sorteggio in modo da essere rappresentativi per genere, età, residenza e istruzione.
In Francia, Macron, in risposta al movimento dei gilets jaunes, ha cambiato rotta istituendo nel 2019-20 una Convention des Citoyens pour le Climat formato da un campione di 150 cittadini, con il mandato di avanzare proposte al Parlamento su ‘Come ridurre le emissioni di gas di serra del 40% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030 in uno spirito di giustizia sociale?’ (alla fine la Convention ha elaborato 149 proposte concrete successivamente confluite in una proposta di legge molto ambiziosa).
Infine, la legge n. 69 del 2007 (poi 47/13) della Regione Toscana di promozione della partecipazione è uno dei primi tentativi di introdurre l’ideale deliberativo in Italia traducendolo in pratica istituzionale.