“Putin ha eretto un assolutismo che attua un continuo ribaltamento dei fatti: all’inizio della guerra il presidente della Russia aveva ritenuto necessario difendere la Russia dal Donbass, perchè considerato pericoloso per suo il Paese, mentre ora ne ha voluto l’annessione”. Lo afferma Tikhon Dzyadko, giornalista russo indipendente, nel corso dell’ incontro “Imperialismo alla russa” nella prima giornata di Internazionale a Ferrara. Secondo Dzyadko, c’è un’assonanza con il mondo distopico rappresentato da Orwell in 1984, dove, all’inizio del romanzo, l’Eurasia passa da nemica dell’Oceania a sua alleata, mentre alla fine del libro torna a essere sua nemica, mostrando l’incoerenza e l’inconsistenza del potere politico.
Il sogno della Russia putiniana – secondo questa interpretazione – è la riproposizione del passato anziché la costruzione di una nuova prospettiva per il futuro: ciò che Putin mira a ricreare è il sistema sovietico, che comporta la riconquista dei territori perduti. L’Ucraina non è altro che la prima pedina di questo gioco. Come sintetizza Orwell in 1984: “chi controlla il passato controlla il futuro: chi controlla il presente controlla il passato”.
La propaganda russa però, ha sottolineato il giornalista, non poggia su basi solide, e non riuscendo più a reggere il peso della sua incoerenza sta andando verso un progressivo sgretolamento.
Oltre la responsabilità di Putin: la crisi ha radici profonde
La narrazione corrente, avverte Dzyadko, vede la figura di un Putin megalomane al centro del conflitto, ma, nonostante egli sia estremamente pericoloso, nelle guerre la colpa non è mai imputabile a uno solo.
L’esigenza di ampliare l’analisi è condiviso dalla storica ucraina Victoria Vdovychenko, che nel corso dell’incontro ha affermato che questa invasione, nonostante il nostro stupore e la nostra indignazione, va letta alla luce di elementi geopolitici di fondo che non possono essere ignorati.
Bisogna partire almeno dalla storia dell’Est Europa dalla caduta dell’URSS al conflitto tra Russia e Georgia del 2008, fino alla crisi del 2014, conclusasi con l’annessione della Crimea, è chiaro che la questione russo-ucraina non nasce oggi ma ha radici profonde.
L’evoluzione politico-sociale della Russia, secondo la storica ucraina, è stata trascurata per troppo tempo dagli Stati occidentali, il cui atteggiamento rivela una prevalente attenzione del fattore economico rispetto a quello umano. Ma se è vero che i valori europei sono la pace e la tutela dei diritti umani, chiede Vdovychenko, tali valori si stanno effettivamente rispettando? Gli ideali dell’Unione Europea sono dunque, forse, barattabili?
La maggior parte degli Stati, insieme alle principali organizzazioni internazionali, ha fermamente condannato il conflitto russo-ucraino, denunciando la violazione di alcuni tra i più importanti principi riconosciuti dal diritto internazionale, primi tra tutti il ripudio dell’uso delle armi per la risoluzione di controversie tra Stati e il divieto di aggressione, secondo quanto sancito dalla Convenzione di Ginevra del 1949.
Il ruolo delle sanzioni e la debolezza degli organismi internazionali
Gli ospiti presenti all’incontro ferrarese moderato da Andrea Pipino di Internazionale, fra cui anche la giornalista ucraina Nataliya Gumenyuk, si sono interrogati sulla vera portata delle sanzioni e sulle tempistiche e le modalità con cui sono state imposte. Infatti la condanna dell’invasione ucraina è stata accompagnata da diverse sanzioni economico-politiche che hanno colpito lo Stato russo e hanno indebolito i rapporti diplomatici con l’Occidente; ciò ha comportato conseguenze economiche che si sono inserite in un contesto post-pandemico già disastroso.
L’Occidente – è emerso dal dibattito – ha dimostrato di temere di perdere i vantaggi che gli accordi con la Russia comportano, essendo essa tra i maggiori produttori di gas e fonti energetiche. È un quadro caratterizzato dagli interessi dell’economia capitalista che si intrecciano con l’incapacità di essere indipendenti.
Attuare sanzioni costa e ha conseguenze negative non solo per la Russia, e questo è evidente in primo luogo in Italia, tra i principali Paesi dipendenti dall’energia russa. La domanda ora è cosa debba prevalere: se l’interesse economico o il rispetto dei diritti umani e l’attuazione del diritto internazionale.
La guerra tra Ucraina e Russia ha indubbiamente segnato l’Europa che viveva ormai dando per scontato che non sarebbe più stata teatro di conflitti. Di guerre dopo il secondo conflitto mondiale ce ne sono state molte, ma tutte sempre ritenute estranee e lontane. La guerra in Ucraina ha invece risvegliato l’Europa da questo suo torpore. L’elemento che preoccupa è l’assenza di un confine: si tratta di una guerra internazionale.
È fondamentale – ha sottolineato Vdovychenko – tener presente che l’idea che i conflitti fra stati siano interesse dei soli Paesi coinvolti è frutto di una distorsione, un anacronismo che deve essere superato. È evidente che il problema non è circoscritto a dei confini geografici: si tratta di una grande sfida per l’Europa e per l’Unione Europea.