I dati a lungo termine mostrano che la migrazione internazionale non è uniforme in tutto il Mondo, ma è plasmata da fattori economici, geografici, demografici, climatici, bellici e di altro tipo che determinano modelli migratori distinti che seguono specifici “corridoi”.
Riprendono sbarchi e immigrazione irregolare ma sono lontani i numeri del 2014-2017
I dati del Ministero dell’Interni aggiornati all’11 aprile riportano che sono 7.928 i migranti sbarcati in Italia dal 1° gennaio 2022. Nonostante la pandemia abbia aggravato le condizioni nei Paesi di partenza e contribuito a un rapido aumento degli sbarchi, siamo ancora molto lontani dal periodo dei picchi vissuti sulle coste italiane del 2014-2017.
I dati pubblicati nel Fact-checking: migrazioni 2021 dall’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi) dimostrano che gli sbarchi sono aumentati rispetto al periodo pandemico 2019. Si è passati da circa 11.000 sbarchi l’anno della metà del 2019 a circa 45.000 persone sbarcate nel corso degli ultimi 12 mesi del 2020 con una tendenza alla stabilizzazione intorno ai 50.000 ingressi irregolari l’anno, numeri tre/quattro volte inferiori a quelli degli anni precedenti.
Per quanto riguarda i migranti arrivati in Italia registrati ad aprile scorso, oltre ai nuovi profughi ucraini, tra i primi dieci Paesi di provenienza ci sono Afghanistan, Eritrea, Guinea, Sudan, Nigeria, Congo che soffrono a causa della quarta stagione di siccità intervallata da alluvioni, l’innalzamento delle temperature oltre la media del resto del Mondo e le conseguenti carestie che portano alla fame decine di milioni di persone.
I rifugiati climatici
Il termine ‘rifugiato climatico’ si riferisce a una categoria di migranti i cui movimenti migratori verso altri Paesi sono chiaramente di natura forzosa per l’impatto della crisi climatica, come, ad esempio, nel caso di individui e comunità messi a rischio dall’innalzamento del livello del mare o da periodi prolungati di siccità come sta avvenendo nel Sahel.
Come chiarisce l’Alto commissariato per i rifugiati (United Nations High Commissioner for Refugees – UNHCR) il termine ‘rifugiato climatico’ non è riconosciuto dalla Convenzione sui rifugiati di Ginevra del 1951 e afferma che “le regioni in via di sviluppo, che sono tra le più vulnerabili dal punto di vista climatico, ospitano l’84% dei rifugiati del Mondo. Gli eventi meteorologici estremi e i pericoli in queste regioni che ospitano i rifugiati stanno sconvolgendo la loro vita, esacerbando i loro bisogni umanitari e perfino costringendoli a fuggire di nuovo”.
L’Internal Displacement Monitoring Center (IDMC) è la fonte mondiale di dati e analisi su questo complesso fenomeno, difficile da quantificare. Nel 2020 ha registrato oltre 30 milioni di nuove migrazioni causate da calamità ambientali. In linea con gli anni precedenti, i disastri meteorologici hanno rappresentato la maggior parte di questi nuovi sfollamenti, con inondazioni e tempeste all’origine di oltre 28 milioni di nuovi sfollati. Oltre agli spostamenti causati da pericoli a insorgenza improvvisa, si registrano un numero crescente di nuove migrazioni associate a rischi definiti a insorgenza lenta come la siccità.