L’aggressione armata russa in Ucraina ha indotto un numero significativo di civili ad abbandonare le proprie case. Stando ai dati dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), gli sfollati all’interno del Paese sono ormai più di 7.700.000, mentre oltre 6.100.000 persone hanno cercato rifugio oltre confine, in Polonia, Romania, Ungheria, Russia, Moldavia, Slovacchia e Bielorussia.
Per facilitare l’accoglienza di queste persone all’interno dell’Unione europea, il 4 marzo 2022, il Consiglio dell’UE – deliberando all’unanimità – ha adottato la decisione di esecuzione (UE) 2022/382, con la quale ha disposto nei confronti degli sfollati dall’Ucraina la concessione della protezione temporanea, ai sensi della direttiva 2001/55/CE.
Una protezione internazionale a carattere eccezionale
Questa direttiva disciplina una forma di protezione internazionale a carattere eccezionale, che garantisce una tutela immediata e transitoria a cittadini di Paesi terzi o apolidi che abbiano dovuto lasciare il proprio paese di origine a causa di un conflitto armato, di una situazione di violenza endemica, o per sfuggire a un rischio grave di violazioni sistematiche o generalizzate dei diritti umani.
Presupposto necessario per l’attivazione della protezione temporanea è una decisione del Consiglio dell’UE, da adottarsi a maggioranza qualificata, con la quale si accerti l’esistenza di un afflusso di sfollati talmente consistente da ritenere che il sistema d’asilo degli Stati membri verso cui essi sono diretti non vi possa fare fronte senza effetti pregiudizievoli per il suo corretto funzionamento. L’intento è quello di garantire rapidamente alle persone in fuga una protezione “collettiva” (ossia senza che sia necessario esaminare individualmente le singole richieste), in situazioni in cui è evidente l’impossibilità di ritornare nel Paese di origine. Gli sfollati a cui venga riconosciuta la protezione temporanea ottengono un titolo di soggiorno, hanno diritto di accedere al lavoro, all’alloggio, all’assistenza sociale, all’assistenza sanitaria, alle misure di protezione per i minori, al ricongiungimento familiare.
Le ragioni dell’attivazione della protezione temporanea
Prima del 4 marzo 2022, la direttiva 2001/55/CE non aveva mai trovato concreta applicazione. Eppure, le occasioni per accertare l’esistenza di un afflusso massiccio di profughi in fuga da un conflitto armato o da una situazione di concreto rischio di gravi violazioni dei diritti umani non erano certo mancate; basti pensare all’ingente flusso di profughi generato dalle primavere arabe, dal conflitto in Afghanistan e dalla guerra in Siria. A fronte dell’evidente disinteresse dei governi europei per questo strumento, nel settembre 2020 la Commissione europea aveva addirittura ventilato l’ipotesi di abrogare la direttiva 2001/55/CE, da molti ritenuta ormai destinata a rimanere per sempre lettera morta.
Sono diversi i fattori che possono avere spinto gli Stati europei a “rispolverare” questo strumento per garantire protezione alle persone in fuga dal conflitto in Ucraina. Anzitutto la circostanza che, per la prima volta dall’adozione della direttiva 2001/55/CE, a cercare protezione all’estero fossero cittadini di uno Stato europeo (ancorché non membro dell’Unione europea). Da non sottovalutare, poi, il fatto che l’afflusso massiccio di sfollati sia stato causato da un atto che il Consiglio dell’Unione europea (così come del resto anche l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite) non aveva avuto remore a qualificare come aggressione; da questo punto di vista, le misure straordinarie di accoglienza a favore dei profughi dell’Ucraina si sommano ad altri provvedimenti eccezionali già adottati dall’UE per fronteggiare questa crisi, quali ad esempio le «sanzioni» economiche comminate alla Russia.
Va poi anche considerato che, in tutte le precedenti situazioni in cui si era trovata ad affrontare un afflusso massiccio di sfollati provenienti da Paesi terzi, l’Unione aveva quanto meno potuto provare a contenere gli ingressi (in modo più o meno lecito) garantendosi la collaborazione di uno Stato terzo cuscinetto, come la Libia o la Turchia, o attuando politiche di contenimento degli arrivi via mare. In questo caso, invece, lo Stato da cui provengono gli sfollati confina direttamente con ben quattro Stati membri dell’Unione che – se si escludono la piccola Moldavia, la Russia e la Bielorussia – sono anche gli unici Stati verso cui è possibile fuggire via terra. La circostanza, poi, dal 2017 i cittadini ucraini in possesso di passaporto biometrico siano autorizzati a fare ingresso nell’area Schengen senza bisogno di visto, rendeva di fatto impossibile contenere gli arrivi degli sfollati, così come “disciplinarne” in alcun modo i possibili movimenti secondari verso altri Stati europei.
La posizione italiana
Ai sensi della decisione di esecuzione (UE) 2022/382 del 4 marzo scorso, gli Stati membri sono tenuti a riconoscere la protezione temporanea ai cittadini ucraini, agli apolidi e ai cittadini di Paesi terzi che beneficiavano in Ucraina di protezione internazionale o protezione nazionale equivalente, che abbiano lasciato l’Ucraina dopo il 24 febbraio 2022, oltreché ai loro familiari. A coloro che, invece, beneficiavano in Ucraina dello status di soggiornanti permanenti e che non possono ritornare in condizioni sicure e stabili nel proprio paese di origine, gli Stati membri possono decidere di applicare la protezione temporanea o un’altra protezione adeguata ai sensi del diritto nazionale.
Nel dare attuazione in Italia alla decisione di esecuzione, il DPCM del 28 marzo 2022 ha optato per la prima soluzione. L’Italia non si è invece avvalsa della possibilità – pure prevista dalla decisione di esecuzione (UE) 2022/382 – di applicare la protezione temporanea anche a coloro che risiedevano legalmente in Ucraina, ma senza avere lo status di soggiornante di lungo periodo (ad esempio studenti e lavoratori stagionali). Allo stesso modo, non possono chiedere la protezione temporanea i cittadini ucraini che già si trovavano fuori dal Paese prima del 24 febbraio 2022. Per loro resta comunque salva la possibilità di ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato (o della protezione sussidiaria), a seguito di una valutazione individuale del rischio di persecuzione (o di danno grave) a cui potrebbero essere sottoposti in caso di rimpatrio.
Come si è detto, l’applicazione della direttiva 2001/55/CE mira ad assicurare agli sfollati dell’Ucraina una protezione temporanea ma immediata, evitando la necessità di valutare individualmente le loro domande di asilo, così da scongiurare il rischio di intollerabili ritardi o, addirittura, della completa paralisi del sistema. Per non frustrare questo intento, è però essenziale cercare di snellire il più possibile l’iter burocratico per la registrazione della domanda di permesso di soggiorno per protezione temporanea.
Va in questa direzione la nota indirizzata dal Consolato d’Ucraina di Milano alle Questure della sua circoscrizione consolare il 15 marzo 2022, con la quale si invitano le Autorità italiane a considerare la possibilità di accettare quale conferma della relazione di parentela tra un genitore e un figlio di nazionalità ucraina, in alternativa, il certificato di nascita rilasciato da un’autorità ucraina senza apposizione dello stampo “Apostille”, ma accompagnato da una semplice traduzione giurata in lingua italiana, oppure il passaporto del genitore contenente l’iscrizione dei dati del figlio minore di 16 anni, effettuata da un’autorità ucraina. Nello stesso senso va inteso il richiamo della Rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale a rispettare gli obblighi previsti dalla Convenzione de L’Aja del 1996 sulla protezione dei minori (in vigore fra Italia e Ucraina), in tema di riconoscimento automatico delle misure per la protezione dei minori adottate all’estero. Il riconoscimento automatico dei provvedimenti di tutela adottati in Ucraina, infatti, rende superflua l’attivazione della procedura per la nomina di un nuovo tutore ai sensi della legge n. 47/2017 per i minori giunti in Italia accompagnati dal tutore o dalla tutrice ucraina e al contempo scongiura il rischio di sottoporre i piccoli sfollati a un trauma ulteriore, separandoli dalle persone che fino a quel momento si sono prese cura di loro.
Ugualmente fondamentale è assicurare a tutti gli interessati informazioni chiare, complete ed aggiornate circa le procedure da seguire e i documenti che è necessario produrre per ottenere la protezione temporanea, evitando che persone già duramente provate dall’esperienza della guerra – comprensibilmente disorientate all’interno di uno Stato straniero del quale, molto spesso, non conoscono la lingua – rimangano “incastrate” nelle maglie di una burocrazia per loro incomprensibile.
A questo scopo, il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Ferrara e Unife Inclusiva, Coordinamento Politiche di Inclusione di Ateneo, hanno attivato uno sportello di informazione legale per profughi/e dell’Ucraina.