“C’è del realismo nell’inseguire il sogno della fusione per l’energia. Un realismo alimentato dai continui traguardi che confermano la nostra crescente capacità di controllo del processo e lasciano prevedere che la soluzione del problema fusione controllata sarà scientificamente acquisita in tempi brevi.” Lo afferma Leonida Antonio Gizzi, direttore di ricerca dell’Istituto nazionale di ottica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ino) di Pisa nel seminario sulla fusione laser recentemente organizzato dall’associazione Energia ecologia economia.
Si tratta di dichiarazioni importanti, considerando che molti esperti ritengono la prospettiva della produzione di energia da fusione entro il 2030 ottimistica e dettata principalmente dalla necessità di ottenere finanziamenti alla ricerca. Secondo i ricercatori pisani, invece, le conoscenze scientifiche sono più vicine di quanto generalmente si pensa.
Importanti progressi verso i primi reattori sperimentali
Gli scienziati hanno parlato della possibilità di realizzare reattori a fusione già ottant’anni fa. Secondo Gizzi, “se rivolgiamo lo sguardo indietro nel tempo, questi ottant’anni non sono trascorsi invano per la fusione. Al contrario, dalle prime vere macchine sperimentali, realizzate effettivamente solo negli anni Settanta del ventesimo secolo, i risultati sono stati strabilianti.”
Oggi – secondo i ricercatori pisani – possiamo parlare di soglia del pareggio energetico, o breakeven, tra l’energia prodotta e quella utilizzata per innescare la fusione, e discutiamo di gain, il guadagno che consentirà di superare l’energia totale utilizzata e di realizzare un reattore. Qualsiasi parametro di valutazione si scelga (energia prodotta, tempo di confinamento magnetico, quantità di combustibile bruciato etc.), i progressi sono quantificabili in aumenti di ordini di grandezza.
Una volta acquisiti i risultati scientifici, la parola passerà agli ingegneri, che avranno il compito di costruire i reattori. “In alcuni casi – si sottolinea nei laboratori pisani – questo sta già accadendo, come testimonia la ricerca di ingegneri e personale specializzato per la realizzazione di impianti sperimentali nel settore industriale della fusione, ma anche per concepire soluzioni reactor-ready nelle industrie di trasformazione tecnologica.”
L’energia da fusione sostituirà tutte le fonti di energia esistenti?
Se da una parte è infatti credibile pensare che l’energia da fusione arriverà in tempi ragionevoli, almeno a livello di prototipo, ben diverso è dire che l’energia da fusione sostituirà tutte le fonti di energia esistenti, cosa che potrebbe non avvenire, o comunque non in questo secolo.
“Abbiamo validissime fonti di energia alternative alle fonti fossili, che già oggi costituiscono una frazione importante del consumo totale – afferma Gizzi – e contribuiscono a completare la ricetta energetica che ciascuno di noi utilizza. In un futuro non molto lontano, la fusione potrebbe essere una di queste fonti e contribuire in una misura via via crescente in funzione dell’economicità o dell’urgenza. A noi sta ora credere nella capacità di realizzare questo obiettivo e finanziarne lo sviluppo in modo adeguato e diversificato sui vari approcci oggi allo studio.”
Tra i vari approcci allo studio, oltre a quello del confinamento magnetico di tipo tokamak, vi è quello del confinamento inerziale con l’impiego di laser ad alta potenza. Questo è lo schema di principio del reattore realizzato per il progetto European High Power Laser Energy Research Facility (HIPER), finanziato dall’Unione europea per produrre energia partendo dalla fusione inerziale.
Al momento, il risultato più avanzato in termini di prodotti da fusione si è ottenuto l’8 agosto 2021 in California, quando le apparecchiature laser del National Ignition Facility (NIF), un dispositivo di ricerca sulla fusione situato presso il Lawrence Livermore National Laboratory (LLNL), hanno prodotto un punto caldo con una resa superiore a 1,3 megajoule (MJ).
Nella fusione per confinamento inerziale, circa 192 fasci laser convergono su un bersaglio costituito da una pallina millimetrica contenente la miscela di deuterio e trizio. I laser per la fusione concentrano potenza dell’ordine di grandezza di un milione di centrali da un gigawatt in un nanosecondo: la potenza consente di realizzare il campo elettrico che mette in moto le cariche ed “energizza” il plasma.
L’irraggiamento riscalda la superficie esterna della pallina, così che il guscio implode verso l’interno dando luogo a una compressione. La pallina diventa sempre più piccola, più calda e più densa fino a quando si innesca la fusione. A questo punto, il combustibile brucia e crea un flash di energia sotto forma di neutroni e particelle alfa.
Il sistema di laser per raggiungere l’ignizione era già stato concepito nel 2010, ma il lavoro di ottimizzazione ha richiesto dieci anni di ricerche: il risultato di 1.3 MJ è il frutto di messa a punto e controllo dei fattori che influenzano la qualità della compressione e della successiva implosione.
Il bilancio energetico: al momento è prodotta meno energia di quella consumata
Al momento l’energia utilizzata per dare potenza al laser è tantissima, perché i laser utilizzati sono poco efficienti. Inoltre, la quantità di energia che produce il guadagno energetico è quella trasferita alla pallina ed è una piccolissima parte di quella immessa e una parte ancora più piccola di quella utilizzata per alimentare il laser.
Attualmente, infatti, l’energia prodotta è circa il 70% di quella assorbita, ma il processo è talmente efficace che questo numero potrebbe diventare anche il 700% perché nell’esperimento dello scorso agosto in California ha bruciato solo l’1% del combustibile disponibile.
Affinché il processo abbia efficacia industriale, l’energia che si produce deve essere almeno dieci volte maggiore di quella complessivamente spesa.
“Per raggiungere questo risultato, il Cnr – aggiunge Gizzi -, in collaborazione con l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie l’energia e lo sviluppo economico e sostenibile (Enea) e l’Università La Sapienza di Roma all’interno del consorzio Eurofusion, sta studiando gli schemi più avanzati di irraggiamento diretto per accendere la fusione, senza necessariamente dover raggiungere la compressione massima necessaria per l’auto ignizione, cosa difficile da ottenere. L’alternativa su cui stiamo lavorando è utilizzare una fonte di riscaldamento locale innescato da un impulso laser aggiuntivo.”
Servono molte risorse economiche, ma con grandi vantaggi ambientali
Produrre trizio non è facile e potrebbe limitare lo sviluppo della fusione. Convertire l’energia da fusione in calore potrebbe quindi rivelarsi più complesso e difficile di quanto auspicato, soprattutto per quanto riguarda l’attivazione dei materiali.
Bisogna quindi studiare materiali resistenti al bombardamento di neutroni o pensare a soluzioni ingegneristiche che li autorigenerino. In alternativa, si potranno utilizzare reazioni di altro tipo che tuttavia richiedono temperature più elevate, e quindi per ora più difficili da ottenere in laboratorio.
Inoltre i costi di investimento di un reattore sono estremamente alti, “ma sicuramente convenienti – sottolinea Gizzi – se teniamo conto del bassissimo impatto ambientale, dell’esaurimento delle fonti fossili e delle difficoltà di intermittenza di cui soffrono il solare e l’eolico.
Gli ultimi risultati sulla fusione hanno innescato già da tempo la corsa agli investimenti privati e questo potrebbe cambiare lo scenario, portando la fusione dal laboratorio all’industria prima dei fatidici trent’anni.”
La Casa bianca apre la corsa alla fusione commerciale
Il 17 marzo scorso la Casa bianca ha riunito in un vertice i leader dell’energia da fusione del Governo, del mondo accademico, dell’industria e altre parti interessate, per sviluppare una strategia decennale e accelerare la fattibilità della fusione commerciale.
Secondo il direttore del LLNL, che ha illustrato i risultati dell’approccio per confinamento inerziale, le società di fusione costruiranno entro il decennio grandi strutture sperimentali per sostenere una prova di funzionamento di centrali elettriche alimentate dalla fusione.
Tutti gli sforzi saranno concentrati per superare il punto di pareggio, ottenere una reazione sicura e la stabilità del plasma, ricercare materiali in grado di resistere al funzionamento e utilizzare sistemi avanzati di conversione dell’energia.