Transizione dalle fonti fossili alle energie rinnovabili. È possibile fare a meno di gas e nucleare? Scienziati, sociologi e cittadini agli incontri del Master in giornalismo scientifico Unife: quattro punti di vista sul cammino verso un’energia pulita

Transizione dalle fonti fossili alle energie rinnovabili. È possibile fare a meno di gas e nucleare?

Scienziati, sociologi e cittadini agli incontri del Master in giornalismo scientifico Unife: quattro punti di vista sul cammino verso un’energia pulita

Mentre si procede verso un’energia più pulita, puntando all’abbandono delle fonti fossili, bisogna continuare a soddisfare i bisogni energetici molto elevati nelle nostre società. Qui sta il nodo della transizione. La vera partita si gioca sul come arrivare all’obiettivo della decarbonizzazione, con quali  tempi, con quali passaggi intermedi. E in ballo c’è non solo il futuro del Pianeta, ma anche una montagna di interessi: da quelli economici a quelli geopolitici, come ci mostra drammaticamente la guerra in Ucraina.

 Se ne è parlato in due tavole rotonde organizzate dal Master in giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza e dal Laboratorio Dos di Unife. Il primo dei due appuntamenti online  ha ospitato posizioni molto critiche nei confronti delle fonti fossili, il secondo incontro ha dato voce a tutti gli argomenti che propendono per un abbandono graduale delle tecnologie esistenti, e ha fornito un quadro statistico delle posizioni degli italiani sul tema. 

No all’estrazione di petrolio: il caso Ombrina mare e l’importanza di coinvolgere la popolazione

Il progetto Ombrina mare, approvato il 7 agosto 2015 dalla Commissione tecnica valutazione impatto ambientale (Ctvia) nazionale e poi bloccato nel 2018 dallo Stato italiano, era legato allo sfruttamento di un giacimento petrolifero scoperto alla fine degli anni Ottanta a poca distanza dalla costa della Regione Abruzzo, all’altezza di Pescara. 

Prevedeva una piattaforma di produzione con sei pozzi, dai trentasei ai quarantadue chilometri di tubazioni sottomarine e una grande nave raffineria di 320 metri di lunghezza, detta Floating, Production, Storage and Offloading (FPSO), che sarebbe dovuta rimanere ormeggiata a dieci chilometri dalla costa per almeno ventiquattro anni.

È con questo esempio che, durante il primo incontro, Renato di Nicola, portavoce nazionale della campagna Per il clima, fuori dal fossile, ha sottolineato l’importanza di una partecipazione consapevole della popolazione ai progetti di sfruttamento delle risorse locali per la produzione energetica.

Renato di Nicola, portavoce nazionale della campagna Per il clima, fuori dal fossile (©piazzarossetti.it)

“Nel passaggio dall’approvazione al blocco del progetto – ha affermato di Nicola – ci siamo mossi da una situazione di contrapposizione alla scienza a una partecipazione più ragionata e ponderata. Dando accesso alle conoscenze sui processi energetici implicati nei progetti e condividendo le scelte con tutti gli attori della filiera energetica, compresi i consumatori finali, siamo riusciti a coinvolgere anche i cittadini.” 

La presa di coscienza delle ricadute negative dell’opera a ridosso della costa ha fatto sì, infatti, che si potesse valutare la reale portata ambientale di Ombrina, determinandone alla fine lo stop.

“Tutto ciò – continua di Nicola – è rappresentativo di come dovremmo agire quando si tratta della ‘tassonomia verde’ europea. Dobbiamo passare da una gestione locale a una nazionale, che dovrebbe diventare modello organico per altre situazioni: solo così potremo orientare le risorse per la transizione energetica in un contesto certo, che porti all’affermazione definitiva delle energie rinnovabili.”

Le fonti rinnovabili: un obiettivo inderogabile, ma per raggiungerlo bisogna mediare

“La scienza – ha affermato nel corso del primo incontro Vincenzo Balzani, chimico di fama internazionale e professore emerito presso l’Università di Bologna – è chiara a questo proposito. Le rinnovabili permettono di ricavare energia direttamente dalla luce solare e altre risorse naturali senza passare per la produzione di calore, e qui sta il cambiamento epocale rispetto alle fonti tradizionali.

Vincenzo Balzani, professore emerito presso l’Università di Bologna (©unibo)

Il massiccio impiego di materie prime fossili (carbone, gas, petrolio), che ha contrassegnato fino a oggi la crescita esponenziale dell’umanità, determina infatti una produzione di anidride carbonica elevata come residuo della combustione, cui va aggiunto un notevole aumento dell’inquinamento atmosferico, causa di numerose vittime anche nel nostro Paese. Infine, bisogna tener conto che le risorse fossili sono limitate e gradualmente si esauriranno.”

Quasi tutte le fonti energetiche rinnovabili hanno il vantaggio di produrre direttamente energia senza generare calore, gas serra e sottoprodotti di combustione inquinanti. Sarà questo, secondo i due relatori del primo incontro, il concetto guida per la ricerca in futuro, ma a patto che si includano nei processi decisionali tutti i portatori di diritti, in primis la popolazione locale, i suoi rappresentanti, e in particolare i settori produttivi e le maestranze locali.  

“Tenuto poi conto che nel brevissimo termine non sarà facile prescindere da queste fonti – ha concluso Balzani – anche puntare sull’alternativa nucleare non è la soluzione. L’energia nucleare, infatti, continua a presentare gli stessi problemi che ne avevano segnato il parziale abbandono a fine anni Ottanta: fattibilità, costi elevati e smaltimento delle scorie radioattive. Inoltre, anche in questo caso la materia prima è limitata.”

Dietro la transizione ci sono voci diverse, che devono dialogare                

Più cauta invece la posizione di Michele Pinelli, docente di Macchine a fluido presso l’Università di Ferrara, che nella seconda tavola rotonda ha così esordito: “dietro al termine transizione c’è tutto quanto necessario per arrivare a quegli obiettivi che tutti ci auguriamo possano essere raggiunti, ma per i quali oggi non sappiamo con precisione tempi, modi e costi.

Se ragioniamo in termini di transizione, infatti, bisogna superare le prese di posizione ideologiche, perché l’argomento è complesso e multi sfaccettato. È quindi difficile giungere a conclusioni apodittiche, ma, piuttosto, è necessario che i diversi esperti dialoghino tra loro per raggiungere una risoluzione comune.”

Michele Pinelli, docente di Macchine a fluido presso l’Università di Ferrara (©turbofe)

Secondo Pinelli, infatti, la negazione tout court delle fonti fossili è, soprattutto in questo momento storico, troppo perentoria, perché il ricorso a esse è ancora necessario, paradossalmente proprio per salvare il clima. 

“Ad esempio, il gas naturale – afferma Pinelli – è una risorsa che nel nostro Paese andava sviluppata, o almeno mantenuta e ampliata nel rispetto della sostenibilità già anni fa. Oggi invece ci troviamo di fronte alla minaccia di potenziare le centrali a carbone. Lo stesso accade a livello mondiale: ci sono alcuni Paesi, e i compromessi ottenuti alla COP26 lo dimostrano, per i quali la transizione non è rinuncia immediata al fossile, ma una sua ‘riduzione’ graduale.”

I pilastri della transizione: sostenibilità non solo ambientale

Secondo Pinelli, dietro la transizione ci sono i “quattro pilastri” della sostenibilità. “Il più evidente – sostiene il docente – è la sostenibilità ambientale, sotto la quale però, a volte, si prendono decisioni ideologiche che non tengono conto degli altri pilastri.

Dobbiamo infatti considerare anche la sostenibilità economica, quella tecnologica e quella sociale. In particolare, è di assoluto rilievo l’impatto sociale della transizione, perché abbiamo visto come l’aver sottovalutato questo aspetto ha prodotto negli anni storture, anche a livello di energie rinnovabili, di cui oggi paghiamo il conto.”

Su questo è intervenuto Andrea Rubin, sociologo specializzato in comunicazione della scienza e ricercatore di Observa Science in Society e del Laboratorio Dos di Unife, che ha sottolineato l’importanza del punto di vista dei cittadini nel dibattito pubblico sulla transizione.

“Il tema della transizione nel dibattito pubblico è strettamente connesso al più vasto tema del cambiamento climatico. Quest’ultimo è percepito come estremamente serio dall’84% dei cittadini italiani, e dal 79% degli europei, e altrettanto seriamente è percepita la necessità di trovare adeguate soluzioni.

Questa elevata preoccupazione è però direttamente connessa all’idea che a tale sfida debbano rispondere non solo gli scienziati, ma soprattutto enti nazionali e sovranazionali e attori come imprese e industrie, lasciando poco margine di manovra alle azioni individuali. I dati mostrano che, secondo i cittadini, il contrasto al cambiamento climatico è la seconda area verso cui gli sforzi scientifici e tecnologici dovranno essere rivolti, dopo salute e medicina. 

Andrea Rubin, sociologo e ricercatore di Observa e Dos (©unibg)

Per quanto riguarda invece la transizione energetica, circa il 7% degli europei è estremamente preoccupato (e il 25% molto) della dipendenza dalle fonti fossili: tale preoccupazione è seconda solo a quella per l’accessibilità alle fonti energetiche. L’Italia, invece, ha un atteggiamento più prudente, con gli italiani che pensano, più pragmaticamente, che con i combustibili fossili ci dovremmo ancora confrontare, ma auspicano che con costanza si vada verso l’uso di fonti più pulite.

Questi dati sono utili per guidare la transizione con un approccio che guardi anche al contesto sociale e non solo ai contenuti tecnici, evitando quindi un approccio top down e tecnocratico. Continuare a monitorare il contesto sociale e le opinioni dei cittadini ci permetterà di osservare eventuali reazioni, che possono mettere in difficoltà un processo che è economico, politico e tecnologico.

In questo momento, al netto delle probabili forti ripercussioni sull’opinione pubblica che avrà la guerra in Ucraina, il contesto sociale è pronto a supportare la transizione e ha una sensibilità sviluppata per questi temi. Per questo motivo tutti i decisori, quindi scienziati, comunicatori, politici e mondo economico, dovranno essere molto bravi a gestire questo processo per evitare scontri che in passato hanno creato problemi.”

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