La petizione dei cittadini europei contro la pratica brutale dello spinnamento degli squali “stop finning – stop the trade” ha superato alla fine di gennaio la soglia del milione di firme necessarie all’elaborazione di un nuovo regolamento per fermare l’uccisione degli squali e il commercio delle loro pinne in Europa.
L’iniziativa ben si inserisce nell’Anno internazionale della pesca e dell’acquacoltura dichiarato per il 2022 dall’Onu, a più di venticinque anni dall’adozione del Codice di condotta per una pesca responsabile.
L’attuale Regolamento europeo del 2013 dovrebbe proteggere gli squali dalla caccia stabilendo che “non sono un alimento tradizionale europeo, ma sono un elemento necessario degli ecosistemi marini europei”. Spesso però non è possibile determinare se le pinne o la carne di squalo vengano separate, e la sporadicità delle ispezioni condotte sulle imbarcazioni non permette di smantellare la conservazione, il trasbordo o lo sbarco illegale di pinne, facendo dell’Unione europea uno dei principali attori di questo mercato.
Non solo pinne
Le pinne di squalo sono ingrediente dell’omonima zuppa tipica della tradizione cinese, che richiede necessariamente la pratica dello shark finning, ossia la rimozione delle pinne dagli squali ancora vivi.
Gli squali vengono pescati anche per la carne, componente nella dieta di Paesi sud americani e apprezzata in alcuni Paesi europei (l’Italia è il primo importatore globale). Denti, pelle, cartilagine e fegato sono invece utilizzati nei Paesi asiatici per la realizzazione di utensili o amuleti e per la produzione di medicinali e integratori alimentari.
Le catture di squali a livello globale sono triplicate dal 1950, raggiungendo nel 2000 il valore massimo. Il problema non riguarda solo gli ecosistemi oceanici, ma anche il Mediterraneo che ospita la percentuale più alta di specie minacciate a causa della pesca non regolamentata.
Un rapporto spagnolo pubblicato nel giugno scorso ha analizzato i dati di interviste a equipaggi di imbarcazioni da pesca a strascico operanti al largo della Costa Brava. La maggior parte degli intervistati ha dichiarato di aver catturato almeno uno squalo dal 2006 al 2016, ma solo il 56,4% ha dichiarato di averne catturato almeno uno dal 2016 al 2017. Lo studio suggerisce quindi una drastica riduzione dell’abbondanza della maggior parte degli squali di taglia media e grande della Costa Brava.
Interventi a favore
La tutela internazionale degli squali rientra in un ambito di azione più vasto il cui primo intervento della Food Agricolture Organization (FAO) è datato 1995 con l’adozione del Codice di condotta per una pesca responsabile.
Le azioni specifiche per ridurre la pesca eccessiva degli squali sono contenute nei piani internazionali proposti dalla FAO del 1998 e nelle linee guida a loro supporto del 2000. Oltre a garantire la conservazione e l’uso sostenibile della risorsa a lungo termine, intendono favorire l’adozione da parte degli Stati di piani d’azione nazionale per la conservazione di squali e razze. Al momento in Italia un piano d’azione non è stato ancora adottato.
Lo IYAFA può incoraggiare le implementazioni dei Codici di condotta per la pesca responsabile e di altri documenti a essi collegati.
Una luce in difesa
A oggi poche soluzioni tecniche sono state sviluppate per ridurre le catture accessorie di razze oceaniche e squali nella pesca costiera. Secondo uno studio pubblicato recentemente su Current Biology, esperimenti condotti nella Baia della California mostrano come l’illuminazione delle reti da posta riduca le catture accessorie in particolare per queste specie marine.
Le prove in mare sono state condotte accoppiando l’uso di tecniche e attrezzature tradizionali della piccola pesca locale con reti illuminate. Dal confronto è emerso che l’impiego di led a luce verde ha ridotto del 63% la biomassa totale scartata. I maggiori tassi di riduzione riguardano l’elasmobranco (95%), seguono i calamari di Humboldt (81%) e i pesci pinna indesiderati (48%).
(A) Rete da imbrocco illuminata con luce LED verde e confronto tra le catture accessorie medie di biomassa per unità di sforzo (BPUE) di tutti i gruppi tassonomici delle catture accessorie (B) e le catture accessorie totali (C) tra le reti di controllo e quelle illuminate. I risultati rivelano che le reti da posta illuminate possono ridurre significativamente la biomassa totale del pescato indesiderato senza precludere la cattura e il valore del pesce target. Secondo lo studio la tecnologia per ridurre in primis le catture accessorie di squali e razze risulta applicabile in attività di pesca costiera con reti da imbrocco in tutti gli oceani del Mondo.