“Io credo – afferma Luca Mercalli, climatologo e presidente della Società meteorologica italiana (Smi) -, che la politica sia sottoposta a una enorme quantità di pressioni, sia economiche sia sociali. Il modo di affrontare il problema, non solo climatico ma ambientale, con effetti cioè anche sulla biodiversità e sull’inquinamento, ha due punti deboli: realizza il suo obiettivo su tempi lunghi e non assicura che lo sforzo prodotto localmente sia associato a quello di altri Paesi, cioè che si agisca su scala ampia se non globale, come un approccio serio richiederebbe.”
Le cause dell’inazione
“Questo implica – secondo Mercalli – che i costi ricadono sulla comunità nel momento in cui si prendono le decisioni, spesso impopolari, ma gli eventuali benefici sono tutti spostati in un tempo futuro, svincolati cioè dal consenso che costituisce la base del potere politico e la sopravvivenza al potere degli stessi politici.
Gli esempi degli effetti indesiderati di questo tipo di decisioni possono essere tanti: aumento delle tasse, perdita di posti di lavoro nel breve periodo, pressioni di lobby di comparti economici potenzialmente interessati dalle riforme.”
“Da qui – conclude –, “deriva la lentezza nell’assumere decisioni e la loro sostanziale scarsa rilevanza. Si fa in modo che non disturbino quei portatori di interesse contrari ai pur necessari provvedimenti legislativi da approvare.”
Ne sono la prova misure di investimento e sviluppo come gli incentivi all’installazione di pannelli solari, che non trovano ostacoli, mentre è molto più difficile intervenire su processi inquinanti che necessitano di costose riconversioni, impedendo alle politiche ambientali di raggiungere un risultato davvero incisivo.
Nuovi strumenti di contrasto alla mancata azione dei governi
Ma in questo difficile contesto, soprattutto dopo gli Accordi di Parigi, i governi dispongono di tutti i presupposti politici per poter agire in modo coerente e sinergico.
Gli strumenti normativi sono stati approvati e gli obiettivi fissati. Spetta ai singoli governi nazionali muoversi velocemente nella direzione indicata dagli accordi raggiunti.
“Per questo – afferma Luca Mercalli -, come cittadino e come presidente della Società meteorologica italiana ho deciso di far parte della ‘squadra’ di ricorrenti composta da associazioni ambientaliste e singoli attivisti.
L’iniziativa giudiziaria costituisce un mezzo in più per cercare di ottenere un risultato. È il momento di citare in giudizio lo Stato italiano, perché trent’anni di sostanziale inazione sono davvero troppi e ulteriori ritardi non sono più tollerabili per cercare di uscire da questo vicolo cieco in cui siamo finiti.”
Per il presidente della Smi è frustrante constatare come l’attività della comunità scientifica sia spesso sottovalutata dalle forze politiche ed economiche.
I continui allarmi lanciati, del resto, non sembrano essere efficaci. I ritardi e i conseguenti rischi derivanti da un’azione blanda e inefficace della politica finiranno per ripercuotersi sulle giovani generazioni e il loro diritto di ereditare un mondo vivibile e non ostile.
Mercalli non ha dubbi: “Il tempo che ci rimane per agire, non più di dieci anni secondo stime attendibili, è prezioso e non va più sprecato; perciò, in questa duplice veste ho abbracciato questa iniziativa legale che, sulla falsariga di analoghi precedenti positivi in altri Paesi, mira a ottenere il rispetto dei diritti nostri, come esseri viventi, oggi adulti, ma anche delle generazioni più giovani e di quelle future.”
Se il buon senso non basta, ben venga l’obbligo decretato dai tribunali
Le armi dell’informazione e delle decisioni nei consessi democratici si sono rivelate spuntate, e se il buon senso non prevale nelle decisioni politiche, lo strumento giudiziario apre una nuova finestra di opportunità per obbligare chi deve agire nella direzione della transizione ecologica.
“Certo è solo una speranza – aggiunge Mercalli – ma l’obiettivo è agire ora per evitare che chi verrà dopo debba pagare il prezzo dei nostri errori e della nostra inerzia.
Il problema dei cambiamenti climatici causati dall’uomo è che, se li lasciamo correre oltre un certo limite, diventano permanenti e irreversibili non per decenni ma per secoli o addirittura millenni, e non sarà più possibile intervenire.”
Se il problema non può essere affrontato in modo proficuo a livello locale o nazionale, è opportuno che ogni Paese cominci ad assumersi le proprie responsabilità.
“È vero che un danno climatico in un Paese può essere generato dalle emissioni che sono avvenute in tutto il resto del Mondo, ma – afferma lo scienziato -, siccome il danno climatico è la somma dei comportamenti di tutte le persone, intanto si cominci a verificare se quel determinato Paese citato in giudizio sia stato inadempiente di fronte agli obblighi assunti.”
Sarà quindi compito dei giudici interpellati stabilire se vi è responsabilità derivante dalle mancate o carenti azioni compiute dallo Stato italiano rispetto agli accordi firmati a livello internazionale.
Per la comunità e le istituzioni è tempo di agire
“Bisogna che tutti noi – auspica Mercalli – insieme allo Stato italiano e agli altri attori internazionali, si agisca immediatamente ora, perché il tempo si sta drasticamente riducendo.”
Gli effetti della crisi climatica, del resto, sono sotto gli occhi di tutti.
Solo negli gli ultimi mesi si sono verificati tanti eventi climatici straordinari: temperature record di 50° in Canada e 49° in Sicilia; devastanti incendi dalla California alla Siberia, alla Turchia alla Grecia fino a casa nostra, durati settimane; decine di morti per alluvioni in Germania e un uragano in Louisiana.
Questi fenomeni, sempre più violenti e frequenti, richiamano l’attenzione di tutti agli allarmi lanciati negli ultimi decenni e rimasti inascoltati.
Dal 1992, data dei primi accordi internazionali, un trentennio è ormai trascorso ma le misure adottate non sembrano affatto efficaci.
Quindi “la residua finestra temporale di un decennio non va sprecata. Questa azione legale – conclude Mercalli – spero davvero che contribuisca ad accelerare le attività di uno Stato, quello italiano, che fa solo annunci ma nei fatti agisce in senso opposto: promuovendo le emissioni climalteranti anziché ridurle.”