Uno dei temi divisivi che in questi mesi tocca il dibattito pubblico in merito all’emergenza pandemica riguarda l’obbligo vaccinale (in determinate situazioni o generalizzato), a cui è per molti versi collegata l’introduzione del green pass.
Implicata in questa discussione è l’idea stessa di obbligo che, da più parti, è vista con sospetto, dal momento che incide, coartandola, sulla libertà di auto-determinazione del singolo, diventando il simbolo di tutte le imposizioni calate dall’alto.
A questa obiezione, invero, si può rispondere che ogni diritto (anche quello alla salute nel suo contenuto di libertà di cura) postula il necessario contemperamento con il coesistente diritto degli altri e con l’interesse della collettività, come afferma la Corte costituzionale nella sentenza n. 5 del 2018 in tema di obbligo vaccinale, con riferimento all’art. 32 della Costituzione, e che proprio lo stesso articolo, al secondo comma, configura l’obbligo a un determinato trattamento sanitario condizionandolo alla sua previsione in una disposizione di legge.
In primo piano, dunque, rimane la questione relativa all’obbligo giuridico. Può essere utile, allora, fornire alcuni chiarimenti su questa nozione, inquadrandola all’interno di una riflessione sul senso e sulle modalità della regolamentazione giuridica.
Il diritto garantisce la possibilità di vivere in società. E il diritto richiede l’obbligo
La convivenza, in una società, ha bisogno del diritto, che si occupa delle azioni che richiedono l’intervento di altri o che possono avere effetto sugli altri. Come è stato sottolineato in sede di filosofia e teoria del diritto, la caratteristica generale più evidente del diritto consiste nel fatto che certi tipi di condotta umana sono obbligatori.
Il mondo della normatività giuridica ha a che fare con azioni e decisioni che trovano la loro giustificazione in base a ragioni rinvianti ai beni in vista di cui si agisce e ad alcuni orientamenti fondamentali della vita di una società. Ciò conduce ad assumere che vi siano cose che hanno valore per la convivenza, che sono ritenute degne di essere perseguite e che, al contrario, qualcos’altro va evitato o impedito.
Il diritto tutela alcuni beni e interessi ritenuti importanti, e ciò consente di affermare, in linea generale, che è obbligatorio conformare il proprio comportamento a quanto esso prescrive. L’esistenza di un obbligo presuppone che vi siano regole nei confronti delle quali non è possibile revocare liberamente la propria adesione.
Nello spazio pubblico si ragiona, si argomenta, si dibatte in relazione a quello che si fa o si deve o si dovrebbe fare nelle svariate circostanze. Nel processo deliberativo che porta all’azione e alla decisione giocano un ruolo centrale quei parametri di valutazione legati in varia maniera a visioni del mondo e dell’essere umano. E assume rilevanza il concetto di ragionevolezza, che si collega alla percezione di sé in rapporto agli altri.
Le preferenze personali non sono un dogma: vanno rielaborate in funzione di coordinamento e cooperazione sociale
La ragionevolezza involge equi termini di cooperazione tra le persone e implica che vi sia un ambiente caratterizzato dalla socialità, rinviante all’impegno a riconoscere e seguire le regole essenziali per vivere insieme. Rilevano, a questo proposito, tre componenti di ciò che è ragionevole: quella data dal riferimento a ragioni per agire, quella data dal riferimento a valori, quella data dal riferimento a determinate situazioni di fatto.
Scelte di valore, gerarchie assiologiche e giudizi corrispondenti si basano sulla priorità accordata, nell’ottica del bilanciamento, ad uno o a più valori e a beni e interessi da preservare, guardando alla concretezza delle condizioni esistenziali. Il giudizio che un certo comportamento è ragionevole può essere formulato solo entro un contesto di premesse, che comprendono la situazione in cui il comportamento si colloca, gli scopi da realizzare, i mezzi disponibili per raggiungere tali scopi.
Il diritto interviene nel garantire la coordinazione sociale che, a sua volta, richiede la cooperazione. Senza di essa, infatti, una serie di preferenze personali non potrebbero essere soddisfatte. Tuttavia la cooperazione retroagisce sulle stesse preferenze, trasformandole o modificandole.
Accettare la cooperazione, pertanto, reca in sé come conseguenza una disponibilità a mutare le proprie preferenze originarie o a subordinarle al bene della riuscita della coordinazione, in una logica di interdipendenza. L’uso del diritto comporta l’impraticabilità e l’insostenibilità del dogma dell’assolutezza delle preferenze personali, che vanno sottoposte a vincoli normativi riguardanti, in primo luogo, la dignità umana, l’eguale considerazione e rispetto, la parità di trattamento.
L’obbligo giuridico si basa su norme e prevede sanzioni
Il diritto presuppone la legittimità del metodo dell’obbligo come una possibile (e a volte necessaria) soluzione dei problemi di coordinazione. Essa dipende dal riconoscimento della regola – intesa come guida dell’agire, criterio di condotta, ragione autoritativa – e dalla sua applicazione uniforme nei confronti di tutti i partecipanti all’impresa comune del convivere, sottraendo i comportamenti alla variabilità delle intenzioni soggettive.
Si realizza, in tal modo, una situazione generale di affidamento reciproco, che si pone in contrasto con la possibilità di trarre, di volta in volta, vantaggi personali dall’assenza di regole generali obbligatorie per tutti, ossia di usufruire dei benefici della cooperazione senza pagarne i costi.
Peraltro, assumere la condotta umana come sussumibile in regole generali, rispetto alle quali si ritengono giustificate le richieste di conformità e le varie forme di pressione (compresa quella coercitiva), è un aspetto caratterizzante tutta la vita sociale. Il diritto soddisfa l’esigenza di una certificazione dotata di autorità delle regole essenziali per la convivenza.
La dimensione autoritativa è legata al carattere istituzionale dell’ordinamento giuridico, che si compone anche di organi, soggetti essi stessi a norme di competenza e che funzionano secondo procedure definite e in base a vincoli di contenuto.
Da questo punto di vista, un ordinamento – inteso come insieme di attività poste in essere da organi competenti, di atti, di disposizioni, di norme – non può non prevedere forme di deterrenza nei confronti di chi non adegua il proprio comportamento a quanto stabilito dalle regole, e che, così facendo, indebolisce il sistema di coordinazione e frustra le aspettative degli altri, i quali pongono affidamento sulla reciprocità e sulla generale conformità.
L’obbligo riguarda ciò che si deve fare; riguarda il dovere di tenere una data condotta verso gli altri. Non a caso il modo più comune di parlare di obbligo nel linguaggio giuridico è di assumerlo come termine significante un rapporto tra un soggetto obbligante e un soggetto obbligato.
Ogni definizione di obbligo giuridico presenta degli ingredienti principali e ricorrenti: si tratta ora del concetto di norma, ora del concetto di sanzione.
Ne segue che, nel primo caso, l’esistenza di una norma (giuridica) o di un insieme di norme (giuridiche) è visto come presupposto necessario (benché non sempre sufficiente) per l’esistenza di un obbligo giuridico; nel secondo caso, rileva, prevalentemente o esclusivamente, il fatto che si avveri, o si preveda che si avveri, una conseguenza sfavorevole qualora vi sia una deviazione dal modello di comportamento fissato in una norma.
Le norme sollecitano comportamenti giusti
Non può non evidenziarsi, comunque, che l’esistenza di norme è un elemento indispensabile per la comprensione dell’obbligo, posto che il riferimento alle norme ci aiuta a distinguere la situazione in cui si può dire di avere un obbligo da quella in cui qualcuno viene a trovarsi costretto a fare qualcosa sotto la minaccia di esiti spiacevoli.
L’esistenza delle norme, d’altra parte, sollecita un particolare atteggiamento che possiamo chiamare “accettazione” e che opera quando un soggetto usa la norma come modello di comportamento per sé o per gli altri, onde la norma costituisce la ragione per cui si agisce nel modo prescritto o la ragione per criticare coloro che non si conformano: costituisce, in definitiva, il criterio di giustificazione della propria azione conforme o della reazione contro l’azione difforme altrui.
Il diritto è volto a coordinare le azioni sociali nel modo della giustizia. Ciò significa che esse non solo siano conformi in termini di correttezza, ma che siano giustificate nei confronti di coloro che sono toccati in qualche modo dalle loro conseguenze.
Il rispetto di un obbligo passa anche attraverso misure di incoraggiamento
Invero, un ordinamento giuridico reale si caratterizza per l’intreccio tra norme accettate, norme soltanto osservate e anche norme respinte. In questa prospettiva, la specificità del diritto consiste nel porre in essere un insieme di garanzie rinvianti alla previsione di obblighi e alla sanzionabilità della loro inottemperanza, volta ad assicurarne l’effettività, rimuovendo, riparando o prevenendo l’ineffettività.
La sanzione, così, è da intendere come misura predisposta dall’ordinamento per rafforzare l’osservanza delle proprie norme e, eventualmente, per porre rimedio agli effetti dell’inosservanza. Tali effetti possono essere realizzati tramite mezzi coercitivi (che operano attraverso impedimenti materiali e consistono nell’uso della forza) oppure tramite mezzi di scoraggiamento (che operano a livello psicologico, con la pressione esercitata sugli atteggiamenti mentali).
Accanto alle misure di scoraggiamento vi possono essere, poi, anche misure di incoraggiamento, alle quali si fa sempre più ricorso negli ordinamenti contemporanei e che, attraverso l’impiego di norme tecniche prescriventi il mezzo più idoneo da adottare per raggiungere un fine, mirano a promuovere un agire conforme. Siffatte misure richiedono un intervento attivo del cittadino, il quale è tenuto ad un certo comportamento nel proprio interesse poiché, in mancanza, non si produrrebbe un effetto giuridico a lui/lei favorevole.
Nell’orientare e organizzare la vita di una società il diritto fa ricorso al metodo dell’obbligo, grazie all’intervento di norme di vario tipo che impongano misure di rafforzamento dell’osservanza e, nel contempo, indichino la rilevanza del precetto giuridico.
Viene creata, in questo modo, una rete di aspettative stabili che consenta ai singoli di esercitare l’autonomia personale in una logica d’interazione, dove i diritti di una persona trovano armonizzazione con i diritti altrui e con le esigenze generali riconosciute.
Diventa saliente, qui, l’impegno solidale a farsi carico dei costi della cooperazione sociale e ciò sollecita la responsabilità che si incrocia con la libertà pensata “in comune”.