Dal 26 al 28 luglio si terrà a Roma il pre-summit delle Nazioni Unite sui sistemi alimentari, tappa preliminare verso il Food System Summit (UNFSS) indetto dal Segretario generale Antonio Guterres e previsto per settembre a New York.
Mentre la Capitale si prepara ad accogliere le tre agenzie con mandato nel settore agroalimentare – Food and Agriculture Organization (FAO), United Nations World Food Programme (WFP) e International Fund for Agricultural Development (IFAD) -, centinaia di realtà della società civile si organizzano per esprimere il proprio dissenso verso il modello di agricoltura proposto dall’UNFSS. Piccoli produttori, popolazioni indigene, ricercatori, ambientalisti faranno sentire la propria voce con iniziative online e offline, tra cui spicca la grande “Contro-mobilitazione dei popoli per trasformare i sistemi alimentari corporativi” (People’s Counter-Mobilization to Transform Corporate Food Systems), guidata dal gruppo internazionale Food System 4 People.
“Il vertice indetto dall’Onu sui sistemi alimentari preceduto dal pre-summit in corso in questi giorni a Roma vuole porre le fondamenta per raggiungere gli ambiziosi Obiettivi di sviluppo sostenibile contenuti nell’Agenda 2030. – spiega ad Agenda17 Emanuele Radicetti, ricercatore del Dipartimento di Scienze chimiche, farmaceutiche e agrarie dell’Università di Ferrara – Oggigiorno, si rende sempre più necessaria una radicale trasformazione del sistema agroalimentare globale con l’obiettivo di affrontare in maniera sostenibile le questioni legate alla produzione e al consumo di cibo.
Purtroppo, il sistema alimentare allo stato attuale ha dimostrato di essere insostenibile sotto gli aspetti agronomici, ambientali e sociali. Infatti, nel 2019 circa 700 milioni di persone non disponevano di una quantità di cibo sufficiente, mentre circa 3 miliardi non erano in grado di poter praticare diete sostenibili.”
Un vertice sbilanciato dalla partnership con il World Economic Forum
Le questioni in gioco sono molte, e il modo in cui le Nazioni stanno affrontando il summit non piace alla società civile. “L’UNFSS non garantisce affatto responsabilità e trasparenza necessarie affinché le istanze dei popoli contadini e indigeni siano adottate e incluse nelle sintesi finali – spiega Slow Food Italia in un comunicato stampa.
Il risultato della partnership tra l’Onu e il World Economic Forum (organismo che riunisce le 1000 maggiori corporation mondiali) fa infatti sì che il Vertice sia sproporzionatamente influenzato dai grandi attori economici, dirottando le energie e risorse finanziarie necessarie ad affrontare le crescenti crisi sociali, ambientali e sanitarie.
”Slow Food è stata invitata a partecipare al lavoro di preparazione dell’UNFSS, ma ha rifiutato perché preoccupata dalla possibilità che il summit fosse un caso di corporate capture, quel fenomeno per cui l’industria privata usa la sua influenza politica per prendere il controllo dell’apparato decisionale dello stato, come le agenzie di regolamentazione, gli enti che applicano la legge e i governi”.
Slow Food aderirà alla Contro mobilitazione organizzando nei giorni del pre-summit eventi online e offline a Roma, con tre tavole rotonde pubbliche, quindici eventi sparsi per la città e un panel di chiusura in cui verranno presentati una sintesi preliminare e un piano d’azione per affrontare il summit di settembre.
Le richieste di Slow Food sono chiare. Si chiede di estendere la partecipazione dei piccoli produttori di cibo e dei lavoratori, rafforzando i modelli di governance alimentare democratica già esistenti, avviati all’interno delle Nazioni Unite dal Committee on World Food Security (CFS), dal Civil Society and Indigenous People’s Mechanism (CSM) e dall’High-Level Panel of Experts on Food Security and Nutrition (HLPE).
Un maggiore peso di questi organismi permetterebbe infatti a popolazioni indigene, lavoratori, ricercatori e piccoli produttori di entrare a far parte del processo decisionale, facendo da naturale contrappeso alla progressiva concentrazione di fondi e potere nelle mani delle corporation.
Una critica che peraltro ricalca quelle portate avanti proprio in questi mesi da associazioni e sindacati riguardo alla nuova Politica agricola comune (Pac) appena approvata dall’Unione europea, ancora troppo sbilanciata a favore dei grandi gruppi.
Il processo di democratizzazione è stato interrotto
La scarsa democrazia interna alle Nazioni Unite è denunciata anche dal movimento internazionale La Via Campesina, che insieme a Slow Food e a più di 500 organizzazioni ha firmato una lettera indirizzata ad Antonio Guterres per esprimere il proprio scontento. La Via Campesina raggruppa organizzazioni contadine in tutto il mondo e ha contribuito all’istituzione del Civil Society and Indigenous People’s Mechanism (CSM) delle Nazioni Unite.
L’Associazione rurale italiana (Ari) è membro del Coordinamento europeo Via Campesina e dunque portavoce del movimento in Italia; il presidente Fabrizio Garbarino ha dichiarato ad Agenda 17: “Il movimento contadino de La Via Campesina è stato tra i principali sostenitori del processo di democratizzazione delle Nazioni Unite, che ha portato alla creazione del CSM.”
Secondo Ari, il problema principale del summit è ancora quello della partecipazione: “il prossimo UNFSS segna enormi passi indietro rispetto ai processi inclusivi e multilaterali del decennio passato: la convocazione del summit è nata da un dialogo bilaterale tra il Segretario generale e il World Economic Forum, massima espressione mondiale degli interessi delle multinazionali.”
A spaventare sono le possibili conseguenze di questo nuovo ruolo del World Economic Forum sugli indirizzi presi dalle Nazioni Unite: “a quanto pare gli effetti della pandemia e della crisi climatica non sono ritenuti abbastanza significativi da imporre un radicale cambio di passo: invece di ammettere l’insostenibilità del modello agricolo industriale ed estrattivista, le corporation stanno attuando un pervasivo piano di ingresso nelle istituzioni internazionali, con l’obiettivo di rafforzare modelli di governance alimentare basati sugli interessi finanziari e di mercato.
Questo per noi contadini è inaccettabile: significherebbe vedere spazzati via i modelli di produzione alimentare locale, che proprio perché diversificati sono la principale fonte di lavoro, reddito e vita rurale.” La Via Campesina ha lanciato in questi giorni sui social la campagna #NotInOurName (#NonInNostroNome), per riunire le voci critiche nei confronti del pre-summit.
Le voci dei ricercatori
Il pre-summit si svolgerà quindi senza la partecipazione di molti gruppi che erano stati coinvolti negli anni e nelle iniziative precedenti. “La scelta di alcune associazioni di non partecipare agli eventi in programma è legata principalmente al coinvolgimento delle grandi multinazionali dell’agricoltura intensiva.” – spiega ancora Emanuele Radicetti.
Il ricercatore considera il pre-summit una grande occasione per focalizzare il dibattito sulle tematiche di produzione alimentare e cambiamento climatico, per instaurare nuove relazioni e partenariati e pianificare i prossimi passi. Comprende però il punto di vista delle opposizioni: “le preoccupazioni sono ancor più comprensibili se si considera lo squilibrio di forze impiegate nel settore produttivo dell’industria alimentare dove le grandi aziende utilizzano la maggior parte delle risorse agricole per soddisfare i fabbisogni solo di una parte minima della domanda di cibo.
Se da una parte questo andamento genera un divario a livello commerciale con le piccole aziende, dall’altra spinge a processi di intensificazione produttiva dannosi per l’ambiente, come la perdita di biodiversità, utilizzo indiscriminato di pesticidi e il consumo di suolo.”
Radicetti auspica una ricomposizione del conflitto e un nuovo coinvolgimento della società civile e delle Ong: “la scelta di non partecipare al tavolo del confronto, seppur rappresentativa della contrarietà di una linea di pensiero, rende, a mio avviso, questa fase cruciale del processo decisionale non completa, dove non tutte le opinioni e i pareri possono essere messe a confronto e non tutti i punti di vista possono essere presi correttamente in considerazione.
Spero pertanto che tale decisione possa essere rivista a favore di una partecipazione collaborativa con lo scopo di individuare i giusti investimenti per la realizzazione. Dall’altra parte ritengo che sia fondamentale da parte dei decision-makers individuare politiche di sviluppo sostenibile che non mirano solamente agli aspetti economici e produttivi, ma che assicurino anche equità, giustizia sociale e diritti.”
Altri settori del mondo accademico hanno invece scelto di rimanere fuori dal summit, tanto che una coalizione di scienziati sta invitando i colleghi di tutto il Mondo a unirsi alle proteste, diffondendo una petizione. Si tratta dell’Agroecology Research-Action Collective, che denuncia un summit troppo sbilanciato nei confronti di un’idea di innovazione basata unicamente sull’agricoltura di precisione e sull’ingegneria genetica, in cui non trovano spazio biodiversità, tutela del territorio, adattamento al cambiamento climatico, valorizzazione delle tradizioni locali e diritti dei lavoratori.
One thought on “Influenza delle multinazionali e scarsa democrazia. Piccoli agricoltori e Ong contro il summit delle Nazioni Unite sui sistemi alimentari.
Preoccupazioni condivise da Emanuele Radicetti, scienze chimiche, farmaceutiche e agrarie di Unife
”