La diffidenza verso i vaccini è un fenomeno antico e radicato nella coscienza della nostra società. Dal primo vaccino contro il vaiolo agli attuali per Covid-19, è da più di tre secoli che l’umanità esita di fronte a questa forma di prevenzione. Ma non si tratta di pura ignoranza.
Secondo Davide Gori, medico specialista in Igiene e medicina preventiva dell’Università di Bologna, che condivide quest’impostazione con ricercatori di altre discipline, è importante anzitutto non fraintendere: esitazione vaccinale non è direttamente sinonimo di scelta no-vax, ovvero un’assoluta opposizione a qualsiasi tipo di vaccino.
Piuttosto è da intendere come un ampio “spettro” di incertezza, che porta al ritardo o rifiuto dell’adesione alle vaccinazioni e alla riduzione delle coperture vaccinali. Un fenomeno rischioso, specialmente se, come oggi, si vuole contenere una pandemia con varianti che circolano velocemente fra tutti i Paesi.
Paese che vai esitazione che trovi
Un elemento interessante emerso dall’intervento che il ricercatore di Bologna ha recentemente tenuto a How I Met Science! 2.0! è la connessione fra esitazione vaccinale e cultura nazionale.
L’esitazione vaccinale varia da Paese a Paese. È così che gli inglesi ancora diffidano dal vaccino contro il morbillo, perché inglese fu lo studioso che scrisse l’articolo fraudolento sulla, oggi smentita, relazione fra questo vaccino e l’autismo. O i danesi esitano di fronte al vaccino contro il papillomavirus, in quanto durante i primi trial, svoltisi proprio in Danimarca, sarebbero girate voci di gravi effetti collaterali.
La pandemia non ha potuto che perpetuare questo fenomeno: già da prima della messa in commercio dei vaccini, la disponibilità a farsi vaccinare contro il Covid-19 nei singoli Paesi era estremamente variabile, con Italia, Francia e Polonia fanalini di coda dell’Europa.
Quali sono allora le motivazioni che spingono a diffidare dei vaccini? Secondo un’analisi dell’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) presentata da Gori, nell’Europa pre-pandemica predominavano i dubbi sulla sicurezza e la mancanza di informazioni. A seguire, si aggiungevano la bassa percezione del rischio di malattia e la sfiducia nelle istituzioni.
La velocità con cui sono stati resi disponibili i vaccini per Covid-19 ha poi paradossalmente aggiunto un ulteriore motivo di preoccupazione, ovvero che un processo così rapido comportasse un minore controllo sulla qualità e sui possibili effetti collaterali – un timore dalle enormi ripercussioni politiche e mediatiche, come si è visto negli ultimi mesi.
Le madri esitanti sono giovani e informate
Le madri e le donne in gravidanza costituiscono un gruppo di importanza strategica, proprio perché dalla loro opinione sui vaccini dipende la protezione vaccinale delle future generazioni.
Il quadro della tipica “madre esitante” delineato da Gori è molto chiaro e per alcuni aspetti sorprendente. Si tratta di donne sopra i trent’anni, con livello di istruzione e stato socio-economico alto e che si informano autonomamente su libri e social network.
Non solo: l’incertezza sul far vaccinare propri figli sarebbe uniformemente diffusa anche fra le madri che lavorano nell’ambito delle professioni sanitarie. Questo è quello che emerge da un’indagine di qualche anno fa sulle donne in gravidanza, cui Gori ha partecipato. Lo studio si inseriva nel contesto dell’allora controverso Decreto Lorenzin, diventato legge nel luglio 2017, che estese e potenziò l’obbligo vaccinale per l’accesso a scuole e asili nido.
Uno su tre è indeciso, influenzato dai social
Gori, sulla base degli ultimi dati elaborati dal proprio gruppo di ricerca, tratteggia un quadro dell’Emilia-Romagna in cui a gennaio di quest’anno ancora quasi un terzo delle persone sarebbe esitante sui nuovi vaccini per Covid-19. Dati preliminari dimostrerebbero, inoltre, come l’esitazione sia particolarmente alta tra coloro che si informano attraverso i social media – un dato peraltro in linea con evidenze nazionali ed internazionali.
Quale sarà allora il futuro delle vaccinazioni post-pandemia? “Sarà un futuro – sostiene Gori – in cui ci si dovrà focalizzare su quelle che sono le malattie ovviamente più contagiose, di cui il morbillo è l’archetipo. E per farlo sarà fondamentale una corretta comunicazione.” Gori si rifà al modello delle tre “C” dello Strategic Advisory Group of Experts on Immunization (SAGE), secondo cui per aumentare le coperture vaccinali bisogna puntare su Confidence, Complacency e Convenience.
“A queste tre ‘C’ mi sento di dire che ne andrebbero aggiunte altre tre – afferma Gori – ovvero una Comunicazione Chiara e soprattutto Competente, che divulghi informazioni a tutti.”
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