Quando si pensa alla difficile condizione di rifugiati, raramente si considera che tra i diritti umani negati alle persone che lasciano il proprio Paese per timore di essere perseguitati a causa di ragioni politiche, economiche, sociali o religiose, ci sia anche quello dell’accesso all’istruzione.
La situazione, già difficile nella scuola elementare e secondaria, diventa drammatica nel caso dell’istruzione superiore. Come segnala il rapporto dell’agenzia ONU per i rifugiati (UN Refugee Agency, UNHCR), Coming Together for Refugee Education, solo il 3% dei rifugiati a livello mondiale ha infatti accesso all’università rispetto alla media del 37% della popolazione in generale. L’obiettivo auspicato dalla UNHCR è innalzare questa percentuale al 15% entro il 2030.
Va decisamente in questa direzione l’avvio della sperimentazione di un nuovo modello di accoglienza e accompagnamento per studentesse e studenti rifugiati che partirà nelle università di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Emilia e Parma nel prossimo anno accademico 2021/2022. Il progetto, frutto del protocollo d’intesa firmato lo scorso 29 aprile fra gli atenei e l’Azienda regionale per il diritto agli studi superiori della regione Emilia-Romagna (Ergo), mira a condividere e integrare le rispettive pratiche per giungere a un modello di collaborazione condivisa.
Il protocollo interateneo rappresenta un ulteriore passo in avanti rispetto alle singole esperienze delle università dell’Emilia-Romagna degli anni scorsi. L’ateneo di Bologna aveva sottoscritto già nel 2019 il Manifesto per l’Università inclusiva ed era stato il primo ad aderire al progetto pilota University Corridors for Refugees (Unicore) che aveva permesso a cinque studenti fuggiti dalla dittatura in Eritrea e rifugiati in Etiopia di proseguire gli studi presso l’università emiliana.
Le caratteristiche del modello
“Quando sei un rifugiato non hai la documentazione valida per iscriverti all’università, quindi hai bisogno di qualcuno che capisca la tua situazione e ti dia l’opportunità di farlo e che possa valutare le tue conoscenze. – racconta Yohannes, uno dei cinque studenti giunti a Bologna con la prima edizione di Unicore – Noi rifugiati abbiamo molti problemi: non abbiamo soldi, sicurezza o anche solo le condizioni necessarie per studiare, perché cerchiamo solo di sopravvivere. L’istruzione viene dopo.”
Per permettere a studenti nella stessa situazione di Yohannes di proseguire il loro percorso accademico, il nuovo modello di accoglienza prevede un sistema integrato di interventi: orientamento in entrata, tutorato nel corso degli studi, servizi abitativi, con strumenti e risorse specifici per questo particolare target di studenti.
“In concreto – come afferma Patrizia Mondin, direttrice di Ergo – si parte dalla presa in carico iniziale esaminando quello che gli studenti possono effettivamente fare, vale a dire se sono in possesso di un titolo di studio che consenta l’accesso a un’università italiana. Si individua anche nei limiti del possibile qual è il percorso di studi più adeguato, sulla base di quello precedente, e anche il livello di competenze linguistiche. Infatti, le esperienze precedenti ci hanno dimostrato che bisogna rafforzare la conoscenza dell’italiano.” L’introduzione del corso di lingua italiana all’interno del progetto rappresenta un passaggio fondamentale col quale gli studenti possono iniziare a pianificare un futuro nel nostro Paese.
Accanto a queste forme di tutorato all’interno del contesto universitario, il modello prevede un supporto di Ergo nella presentazione delle domande per i diversi benefici del diritto allo studio (borsa di studio, posto alloggio, esonero dalle tasse).
“Ergo svolgerà inoltre un’azione di monitoraggio delle carriere universitarie – continua Mondin – per capire se qualcuno è rimasto indietro e rischia di perdere i benefici, se è il caso di attivare misure straordinarie, insomma varie azioni che mirano a portare questi ragazzi non solo alla laurea, ma anche a costruire un futuro inserimento lavorativo, a seconda di quelle che sono le loro propensioni e attitudini.”
Un modello per il futuro
Dai cinque studenti rifugiati della prima edizione di Unicore si è giunti a quaranta in tutta l’Emilia-Romagna nell’anno accademico 2020/2021. Accanto a eritrei, si tratta perlopiù di ragazzi rifugiati del Camerun e della Siria. “Naturalmente non possiamo sapere quanti saranno il prossimo anno quando questo accordo diventerà operativo, – continua Mondin – sicuramente seguiremo le carriere universitarie dei ragazzi già iscritti ma soprattutto si tratterà di fare il lavoro ex novo per le aspiranti matricole.”
In futuro le università dovranno confrontarsi sempre più con questo tema globale. La ricerca di soluzioni non solo rappresenterà un’occasione di arricchimento per tutti gli attori coinvolti, ma permetterà anche di ricavare buone prassi per altri destinatari. “Infatti – come conclude Mondin – si impara nel piccolo, in un piccolo molto speciale, perché è portatore di bisogni speciali, però da lì si possono poi ricavare dei modelli da estendere a contesti più ampi.”