L’ecoinnovazione in Europa si misura con sedici parametri, e secondo la graduatoria stilata dall’Eco Innovation Index (EII), il nostro Paese si piazza in ottava posizione, subito dopo i Paesi del Nord Europa, con valori superiori alla media europea dal 2015.
L’Eco Innovation Observatory (EIO), l’iniziativa finanziata dalla Direzione generale dell’ambiente della Commissione europea nell’ambito del programma quadro per la competitività e l’innovazione (Competitiveness and Innovation Framework Programme, CIP), ha sviluppato l’EII per presentare il quadro ecoinnovativo europeo. Questo indicatore considera il livello di investimenti di un Paese in ecoinnovazioni, il numero di imprese attive in ambito ambientale e circolare, l’uso efficiente di risorse e gli output generati.
L’indice di ecoinnovazione, oltre a essere un indicatore aggregato della performance dei singoli Stati membri, consente anche di analizzare le singole voci con cui è elaborato per integrare altri approcci di misurazione dell’innovatività dei paesi dell’UE.
L’economia circolare è uno degli approcci più innovativi in questo senso, ed è proprio questo uno dei punti di forza del nostro Paese che gli consente di ben piazzarsi nelle graduatorie internazionali.
“La buona performance complessiva del Paese in materia di ecoinnovazione – afferma il report dell’EIO – riflette gli sforzi compiuti per sviluppare e attuare politiche dedicate a ecoinnovazione ed economia circolare. Gli sviluppi dell’economia circolare e dell’ecoinnovazione in Italia riguardano in gran parte l’etichettatura ecologica, la gestione dei rifiuti, la bioeconomia e l’industria verde. Secondo il Rapporto 2019 sull’economia circolare in Italia, il Paese è al primo posto per performance di gestione dei rifiuti. Inoltre, l’economia circolare sta diventando sempre più una componente importante della politica industriale del Paese.”
innovazione in economia circolare delle aziende italiane secondo il Cersis
Un’indagine condotta dal Centro di ricerca sull’economia circolare, l’innovazione e le piccole e medie imprese dell’Università di Ferrara (Cercis) diretto da Massimiliano Mazzanti, ha portato a una prima rilevazione sull’innovazione circolare nelle imprese manifatturiere italiane. La survey, realizzata tra il 2017 e il 2018 su un campione di 4.565 aziende e recentemente presentata, ha evidenziato gli ambiti dell’economia circolare su cui le aziende si sono maggiormente focalizzate.
La riduzione del consumo di energia elettrica è stata la modalità maggiormente utilizzata (23,1% del campione), mentre solo il 13,3% ha introdotto innovazioni che prevedono l’uso di energia proveniente da fonti rinnovabili.
Le imprese hanno apportato cambiamenti che interessano soprattutto le innovazioni di processo rispetto a quelle di prodotto e organizzative. Un quinto (19,2%) ha anche prestato attenzione alla riduzione dei rifiuti e a conferirli ad altre imprese (16,7%), che possono così utilizzarli come input nei loro processi produttivi. L’Italia si posiziona quindi bene con la sua industria manifatturiera nella transizione da un sistema di economia lineare a uno di economia circolare. Risultano tuttavia non ancora sufficienti gli investimenti in ricerca e sviluppo e nella cooperazione tra imprese per aumentare la quota di aziende innovatrici.
Il contributo positivo dell’Emilia-Romagna
In un’altra indagine condotta dallo stesso Cercis e resa nota a maggio, è stato invece indagato lo stato dell’arte della transizione al modello circolare in Emilia-Romagna. L’analisi si è in questo caso focalizzata sulla propensione di un campione di 1.613 aziende ad avviare processi innovativi a livello di prodotto e di processo nel triennio 2017-19, suddividendo le imprese per dimensione, localizzazione geografica e settore.
La survey ha evidenziato come le aziende dell’Emilia-Romagna siano ben posizionate nel percorso di innovazione verso la transizione all’economia circolare.
Un terzo ha infatti introdotto innovazioni di prodotto, un altro terzo innovazioni di processo e le restanti aziende innovazioni nell’ambito dell’economia circolare. Più di metà del campione (57%) non ha però avviato nuovi processi e prodotti, facendo presupporre una scarsa propensione a investire in ricerca e sviluppo, cosa fatta solo dal 14% delle aziende.
Pochissimi (4%) hanno invece investito per la riduzione degli impatti ambientali derivanti dalla produzione. Ė necessario quindi aumentare l’attività di ricerca per accrescere la capacità di innovare e diventare parte attiva della transizione circolare.
In linea generale si è riscontrato come le aziende più innovatrici appartengono a settori con una intensità tecnologica alta e medio-alta. (1.Continua)
One thought on “Bene l’economia circolare in Emilia Romagna (1)
Siamo nella Top10 europea dell’ecoinnovazione
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