Reintrodurre i lupi per fermare l’espansione dei cervi rossi, che stanno distruggendo i boschi autoctoni delle Highlands scozzesi, e favorire il recupero di ecosistemi degradati. Sono i risultati dello studio di un gruppo di ricercatori inglesi, che fornisce ulteriori prove di quanto questo animale possa fornire soluzioni basate sulla natura per affrontare l’emergenza climatica.
Qualcosa di simile sta avvenendo nelle campagne del Polesine, dove le nutrie, che si riproducono in maniera incontrollata creando danni all’agricoltura e agli argini dei fiumi, hanno trovato nel lupo l’antagonista naturale che mancava.
Eppure, evidenze di questo tipo non bastano alla politica per prendere decisioni fondate sui dati e sulla scienza: per questo, Legambiente e WWF Italia hanno ora ufficialmente depositato un’istanza d’intervento contro il declassamento dello status di protezione del lupo. Una decisione, ribadiscono le associazioni, “che mette in pericolo il futuro di una specie chiave per l’equilibrio degli ecosistemi europei”.
Il declassamento del lupo da specie “rigorosamente protetta” a “protetta”, stabilito dalla Convenzione di Berna e recepito dalla Commissione Europea, rischia infatti di aprire la strada ad abbattimenti indiscriminati con un’attività venatoria in Italia fuori controllo a causa di norme sempre più permissive e bracconaggio dilagante.
A ciò si aggiunge un emendamento della Lega, approvato dal Parlamento, che accelera l’iter per consentire la caccia selettiva contro questi animali entro il 2025.
Un’ulteriore conferma dell’importanza del lupo per l’ambiente
Sul fronte opposto, gli scienziati dell’Università di Leeds (Yorkshire) hanno analizzato il possibile impatto della reintroduzione dei lupi in quattro aree (Cairngorms, Highlands sud-occidentali, centrali e nord-occidentali) classificate come Scottish Wild Land, dove i cervi rossi stanno mettendo a rischio l’ecosistema. La reintroduzione di 167 lupi sarebbe infatti sufficiente per ridurli a un livello tale da consentire la rigenerazione naturale degli alberi.

Secondo Dominick Spracklen, docente alla School of Earth and Environment e autore dell’articolo, “dobbiamo considerare il ruolo potenziale dei processi naturali per recuperare gli ecosistemi degradati. È sempre più riconosciuto che le crisi del clima e della biodiversità non possono essere gestite in modo isolato e processi naturali, come la reintroduzione di specie per recuperare gli ecosistemi degradati, possono offrire benefici congiunti per il clima e il recupero della natura”.
Inoltre, l’espansione dei boschi autoctoni porterebbe al sequestro di un milione di tonnellate di CO2 ogni anno, con una capacità di assorbimento di 6080 tonnellate per ogni lupo. Tradotto in un dato economico, secondo gli studiosi, ogni esemplare sarebbe “utile” per 154 mila sterline, in base alle valutazioni attuali del carbonio.
La politica deve basarsi sulla scienza, non su pressioni lobbistiche
Nonostante ciò, anche in Scozia i ricercatori riconoscono che il dibattito non sarà privo di difficoltà, soprattutto tra allevatori e cacciatori. I benefici sono però indubbi: sia finanziari, per l’assorbimento e lo stoccaggio del carbonio, sia economici ed ecologici, tra i quali l’ecoturismo e la riduzione degli incidenti stradali legati ai cervi, della malattia di Lyme (di cui i cervi sono tra i principali serbatoi di infezione) e dei costi di abbattimento degli stessi.
“Il nostro obiettivo – ha aggiunto Lee Schofield, coautore dello studio – è fornire nuove informazioni per informare sulla possibilità di reintrodurre il lupo sia nel Regno Unito che altrove. Riconosciamo che un ampio coinvolgimento delle parti interessate e del pubblico sarebbe essenziale. I conflitti tra uomo e fauna selvatica che coinvolgono i carnivori sono comuni e devono essere affrontati attraverso politiche che tengano conto degli atteggiamenti delle persone, affinché una reintroduzione abbia successo”.
Esattamente quanto dichiarano oggi le associazioni che si battono per la tutela piena della specie: “non possiamo accettare che scelte politiche, basate su pressioni lobbistiche piuttosto che su dati scientifici, mettano a rischio i successi raggiunti in questi decenni e che hanno permesso la ripresa delle popolazioni di lupo e la tutela della biodiversità. Il nostro intervento mira a garantire che venga rispettato il principio di precauzione, che la protezione del lupo rimanga una priorità e che le sorti della natura e la gestione della fauna selvatica rimangano legate alle valutazioni scientifiche”.