“Nel giro di pochi decenni, i ghiacciai delle Dolomiti scompariranno o si frammenteranno in piccoli corpi glaciali senza dinamica. Il loro destino appare purtroppo inevitabile anche assumendo una stabilizzazione del clima sui valori medi degli ultimi trent’anni (1991-2020).” Queste le conclusioni inequivocabili del recente studio sullo stato dei nostri ghiacciai delle Alpi orientali condotto dall’Istituto di scienze polari del Cnr e dell’Università Ca’ Foscari Venezia.
E la situazione non è diversa in tutto l’arco alpino: dalla ritirata del ghiacciaio del Lys sul Monte rosa a quella dell’Aletsch in Svizzera, il più esteso d’Europa con i suoi 120 km².
La scomparsa della Marmolada
Nel 2023, ultimo anno preso in esame dallo studio condotto dal Cnr, si contavano nove ghiacciai, al posto delle decine presenti fino a pochi decenni fa. “L’area totale di questi ghiacciai è passata da poco più di 4 km quadrati negli anni Ottanta a poco meno di 2 km quadrati oggi, con una perdita del 56%, di cui il 33% dal 2010” afferma Andrea Securo, dottorando dell’Università Ca’ Foscari Venezia e coautore dello studio.
I dati elaborati dalla ricerca mostrano che nelle Alpi orientali la temperatura media annua dell’aria è aumentata di 0,3±0,2 °C per decennio, mentre la media estiva è cresciuta di circa 2,0 °C dal 1979; contemporaneamente si allungato il periodo dell’anno durante il quale i ghiacci si sciolgono.
La neve, necessaria per alimentare i ghiacciai, cade a quote sempre più alte, mentre in basso si trasforma in pioggia. E se in alcuni casi le precipitazioni nevose sono abbondanti, “tuttavia – afferma lo studio – l’aumento della neve, in particolare legato a eventi estremi (ad esempio l’inverno del 2014), non è stato in grado di controbilanciare l’aumento delle temperature estive. Solo in aree molto limitate dove si registra la più alta precipitazione media annua alcuni piccoli corpi glaciali residui hanno rallentato la loro riduzione.”
Per questi motivi: “oggi le aree di accumulo dei ghiacciai delle Dolomiti si trovano al di sotto della linea di equilibrio glaciale alpina.”
La ritirata del Ghiacciaio del Lys sul Monte Rosa
Dall’altra parte dell’arco alpino, in Valle d’Aosta, nel gruppo del Monte Rosa, secondo il report realizzato da Greenpeace in collaborazione con il Comitato glaciologico italiano a fine estate 2024, il Ghiacciaio del Lys, uno dei più estesi del versante italiano delle Alpi, ha perso il 30% della sua superficie dalla metà dell’Ottocento a oggi e si è frammentato in più corpi fra loro separati.
Il caso del Lys è interessante perché duecento anni di osservazioni e rilievi alla fronte del Ghiacciaio consentono di tracciare un quadro evolutivo forse unico per completezza nelle Alpi italiane.
In totale si stima che dal 1860 abbia perso 145 milioni di metri cubi di ghiaccio: circa 130 miliardi di litri d’acqua.
Svizzera senza ghiacciai ed Europa con fiumi in secca in estate
Anche i ghiacciai svizzeri sono in grave crisi. Lo scioglimento nel 2022 e nel 2023 ha raggiunto livelli record.
In una conferenza organizzata il 21 marzo (Giornata mondiale dei ghiacciai) nella stazione di ricerca scientifica sulla Jungfraujoch in Svizzera, Matthias Huss, direttore della Rete di monitoraggio dei ghiacciai svizzeri (GLAMOS) ha dichiarato, riporta Swissinfo.ch: “Gli ultimi anni sono stati estremi. Dagli anni Settanta, la temperatura media sulle Alpi svizzere è aumentata di 3°C, il doppio rispetto alla media mondiale.”
Dal 1850, sono scomparsi oltre 1.000 piccoli ghiacciai e il volume degli attuali 1.340 si è ridotto di quasi il 40% dal 2000. La perdita media corrisponde a più di un metro di spessore di ghiaccio all’anno.
L’acqua dei ghiacci alpini alimenta i grandi fiumi dell’Europa occidentale quali il Reno, il Danubio e il Po. L’acqua delle precipitazioni nevose immagazzinata dai ghiacciai in inverno, viene rilasciata in estate.
“Dal 1980 c’è stato un aumento della quantità di acqua che si scioglie dai ghiacciai e ciò è positivo per i grandi fiumi europei – dice Matthias Huss, secondo la testata elvetica -. Tuttavia, i ghiacciai si sono sciolti a tal punto che presto rilasceranno meno acqua. Il ‘picco idrico’, cioè il momento in cui il deflusso dell’acqua di fusione raggiunge il suo livello massimo, è già stato raggiunto nelle Alpi o lo sarà nei prossimi anni.”