In questi giorni c’è molta polemica attorno al Manifesto di Ventotene. Il ruolo dell’Europa in relazione alla guerra in Ucraina e al riarmo che si sta affermando ne ha rilanciato l’importanza come punto di riferimento per un’Europa che, uscita distrutta dalle guerre del secolo scorso, aspirava alla pace e alla collaborazione fra gli Stati.
Abbiamo chiesto al filosofo Pasquale Pugliese, di commentare l’attualità del Manifesto alla luce dei recenti avvenimenti.
Cos’è, e in cosa consiste ancora oggi la sua attualità e qual è la sua importanza politica?
“Il Manifesto di Ventotene prende il nome dall’omonima isola laziale, una di quelle dove il fascismo confinava gli oppositori politici, dalla quale era uscito clandestinamente in forma manoscritta nel 1941 con il titolo ‘Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un manifesto’, come esito di un dialogo a più voci tra Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni, i quali – pur provenendo da tradizioni politiche differenti: comunista, azionista e socialista – elaborarono una visione comune dell’Europa per il dopoguerra.
Recuperando il meglio della cultura europea, ispirandosi al federalismo di Immanuel Kant e al socialismo di Karl Marx, ma anche, ritengo, al cosmopolitismo pacifista di Erasmo da Rotterdam.
L’esigenza che accomuna i tre antifascisti è la necessità di debellare finalmente la guerra fratricida tra i popoli europei, attraverso l’unione federale dell’Europa capace di superare nazionalismi e militarismo, che ne sono le cause profonde.
Gli autori, nel pieno della seconda guerra mondiale, fanno una diagnosi precisa del male da estirpare, che ha portato a due guerre mondiali nel corso di un ventennio: ‘anche nei periodi di pace, considerati come soste per la preparazione delle inevitabili guerre successive, la volontà dei ceti militari predomina ormai in molti paesi su quella dei ceti civili, rendendo sempre più difficile il funzionamento di ordinamenti politici liberi: la scuola, la scienza, la produzione, l’organismo amministrativo, sono principalmente diretti ad aumentare il potenziale bellico’.
Parole che risuonano di una straordinaria attualità nel momento in cui non solo la guerra è tornata in Europa, ma nazionalismo e militarismo tornano ad essere ‘valori’ che sostengono bellicismo e riarmo, spinti da quelle Istituzioni europee che dovrebbero promuovere invece una progressiva approssimazione a quella visione fondante.”
Nella situazione attuale, molto diversa da quella in cui fu scritto, cosa concretamente può essere ancora effettivamente utile e applicabile?
“Ciò che a mio avviso va recuperata è la visione di fondo del Manifesto di Ventotene, che gli stessi autori esplicitano anche nei testi di poco posteriori.
Altiero Spinelli in uno scritto del 1942, ‘Gli stati uniti d’Europa e le varie tendenze politiche’, specificava che ‘il pericolo permanente di conflitti armati tra popoli civili deve essere estirpato radicalmente, se non si vuole che distrugga tutto ciò a cui si tiene di più’ e ne indicava la via: la costituzione degli Stati Uniti d’Europa, come ‘premessa indispensabile per l’eliminazione del militarismo imperialista: una federazione europea che ‘riduce al minimo le spese militari, permettendo così l’impiego della quasi totalità delle risorse a scopi di elevazione dello stato di civiltà’.
Oggi, un’Unione Europea coerente con i valori del Manifesto di Ventotene avrebbe almeno una politica estera unitaria e dotata di mezzi di risoluzione pacifica dei conflitti, in specie sul proprio territorio.
In relazione alla guerra russo-ucraina avrebbe già da tempo imboccato un’uscita di sicurezza dalla guerra, adottando – per esempio – i cinque passi proposti dal Movimento Nonviolento, fondato dal federalista nonviolento Aldo Capitini:
- creazione di una zona smilitarizzata tra Unione Europea e Russia, che attraversi Norvegia, Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Bielorussia, Ucraina, con l’istituzione di un corridoio di 500 chilometri di larghezza lungo tutto il confine, dal Mar Bianco al Mar Nero;
- avvio di una moratoria nucleare che coinvolga i paesi detentori di armi nucleari presenti sul continente europeo, con l’impegno all’adesione concordata e multilaterale al TPNW, il Trattato per la messa al bando delle armi nucleari;
- costituzione di un Corpo Civile di Pace Europeo, secondo la lungimirante visione di Alex Langer, per la gestione non militare dei conflitti, agendo lo spazio dell’azione civile, prima, durante e dopo l’esplosione della violenza;
- dare voce ai movimenti civili e democratici che in Russia, Ucraina e Bielorussia si sono opposti alla guerra e hanno avanzato proposte di pace, a partire dal sostegno a obiettori di coscienza, disertori, renitenti alla leva di tutte le parti in conflitto;
- convocazione di una Conferenza internazionale di pace, con tutti gli attori coinvolti direttamente e indirettamente nel conflitto, per la costruzione di una sicurezza globale condivisa e un futuro di pace.”
Quali le scelte politiche sia dei singoli Stati, sia dell’Unione che contrastano maggiormente con l’Europa immaginata dagli autori del Manifesto?
“Anziché adottare politiche federaliste e disarmiste, oggi l’Europa è di nuovo epicentro di una potenziale guerra mondiale che si nutre dell’alimentazione della logica del nemico tra i popoli europei, del potenziamento degli eserciti nazionali, di un mostruoso programma di riarmo.
Le Istituzioni europee attuali, pur essendo nate sulla spinta di quella visione di Ventotene che ha trovato conferma nel Trattato di Lisbona – ‘L’Unione si prefigge di promuovere la pace, i suoi valori e il benessere dei suoi popoli’ (Art.2) – in questi anni di guerra, invece di svolgere il ruolo politico di autorevole negoziatore terzo rispetto all’escalation e internalizzazione del conflitto armato che ha visto il 24 febbraio 2022 l’invasione dell’esercito russo del territorio ucraino, attivandosi per mediarlo e affrontare complessivamente i temi della sicurezza europea dall’Atlantico agli Urali, prima è entrata indirettamente in guerra con la fornitura di armamenti ad uno dei belligeranti, oggi si trova esclusa dal tavolo delle trattative tra USA e Russia.
E anziché prendere atto del fallimento della via militare per la risoluzione dei conflitti tra potenze nucleari, rilancia una folle corsa agli armamenti degli eserciti nazionali.
Ma, come ammonivano gli autori del Manifesto di Ventotene, ‘tutte le conquiste del primo momento si raggrinzirebbero in un nulla, di fronte alla necessità di prepararsi nuovamente alla guerra’. Ora, senza una radicale inversione di rotta, stiamo avvicinandoci a grandi passi verso quel nulla.