Il “Patto per il futuro”, siglato a fine 2024 con una dichiarazione di impegno internazionale che si propone di “garantire che le istituzioni internazionali siano in grado di agire in un Mondo che è cambiato radicalmente da quando sono state create ” ha fatto sperare in un rilancio della governance internazionale circa le sfide dell’ Agenda 2030 , ed in particolare per quanto riguarda l’Obiettivo 3 Assicurare la salute e il benessere.
Ma con la dichiarazione del 20 gennaio 2025 dell’uscita dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) degli Stati Uniti, fra i principali finanziatori dell’Agenzia Onu che si occupa di salute, cosa possiamo ragionevolmente attenderci?
In particolare qual è la situazione oltre due anni dopo l’uscita del rapporto della Lancet Commission sulle “lezioni per il futuro dalla pandemia di Covid-19 e i pilastri per una strategia di successo contro il diffondersi di future pandemie” dove gli autori del rapporto sottolineano che “, in una situazione di emergenza globale “nel controllo della trasmissione del virus, ogni Paese è dipendente dalle azioni degli altri, e dunque un approccio cooperativo è essenziale per raggiungere l’obiettivo desiderato” ?
Quanto al ruolo dell’Oms se ne sono auspicate modifiche organizzative ma anche il rafforzamento attraverso “ finanziamenti assicurati dai Governi con un minore intervento dei privati, garantendo la massima la trasparenza anche a garanzia dell’indipendenza dell’organismo, che deve agire essenzialmente in base a criteri scientifici per garantire i quali è indispensabile rafforzare anche il board scientifico”. Dunque quali prospettive per il futuro con particolare riferimento al tema di non improbabili prossime pandemie?
Lo abbiamo chiesto a Donato Greco medico epidemiologo con una vasta esperienza nazionale e internazionale, consulente dell’Oms, già componente del Comitato tecnico scientifico (Cts) per l’emergenza Covid-19, con cui avevamo fatto il punto sulla situazione della sanità dopo la fine dell’emergenza pandemica.
Il sogno infranto della sanità territoriale
Secondo Greco, c’è una grande disillusione poiché molti Paesi, Italia compresa, sembrano non avere fatto tesoro della lezione durissima della pandemia di Covid-19 che ha colpito il mondo negli anni 2020 – 2022.

“Speravamo- afferma l’epidemiologo – in una rinascita del Servizio sanitario nazionale come è successo a seguito delle grandi catastrofi della nostra storia, ma questo non si è verificato, e oggi continuiamo a parlare della crisi della nostra sanità.
In particolare nel nostro Paese, col cambio di governo, si è manifestata una chiara intenzione di non applicare le indicazioni forti che venivano dall’esperienza della recente pandemia, già avviate dal governo Draghi con azioni legislative robuste e sostanziali, sostenute, dal punto di vista finanziario, dal Piano di ripresa e resilienza (Pnnr). Inoltre ci si è dovuti misurare con un deficit finanziario complessivo del Paese molto forte.
Le risorse del Pnrr, che sembravano enormi, sia per la parte strutturale che del personale, di fatto sono state molto ridotte, e ci troviamo in presenza di una sofferenza forte del Ssn.
Quello che è mancato sono gli interventi sulle strutture e sul personale, che sono ancora in grande sofferenza e che sono componenti pregiudiziali per il buon funzionamento del sistema. Le Case della salute, cuore della sanità territoriale, in larga parte del Paese non sono ancora operative.
In particolare resta il differenziale regionale, che è molto forte e che si acuirà con proposte legislative che rendono ancora più autonome le regioni col rischio concreto di aumentare il gap di offerta di servizi sanitari tra nord e sud del Paese.
A ciò si aggiunge – sottolinea Greco – l’invecchiamento del personale sanitario, in particolare quello dei servizi pubblici, la cui età media è ben oltre i 50 anni, significativo non solo di una mancanza di rinnovo ma anche di innovazione. Quindi si è trattato di un sogno infranto.”
Attiva la rete internazionale dei dati sanitari relativi a possibili pandemie
Ciò non toglie che molte cose sono state fatte dopo la pandemia di Covid-19. Le scuole di specializzazione, in particolare quelle di Igiene e Medicina preventiva a supporto delle attività di prevenzione, sono state immensamente ampliate.
Inoltre, per quanto riguarda la sanità internazionale, resta attiva la rete di scambio dei dati ( ad esempio dei dati genomici sugli isolati virali) costruita durante la pandemia essenziale per affrontare in modo efficace possibili future pandemie.
I sistemi di sorveglianza italiani sono stati migliorati, lo stesso Istituto superiore di sanità (Iss) ha incluso nella sorveglianza dell’influenza anche altri virus respiratori, che forniscono un monitoraggio settimanale costante, quindi la rete internazionale è stata potenziata ed è attiva anche grazie agli sforzi e al coordinamento dell’Oms.
Fortunatamente attualmente non ci sono segnali di pandemie emergenti, la stessa aviaria che è stata invocata più volte di fatto resta confinata a una certa area sud-est asiatico, con eventuali casi sporadici legati direttamente a persone e individui a strettissimo contatto con l’allevamento del pollame infetto.
Pericoloso il disimpegno sul fronte della salute internazionale
Resta comunque molto da fare ed è veramente allarmante il disimpegno, condiviso nelle dichiarazioni anche da alcuni politici italiani, sul fronte della salute internazionale che ha visto il presidente degli Stati Uniti Donald Trump comunicare l’intenzione di uscire dall’Oms, lo scorso 20 gennaio, condizione che si concretizzerà ad un anno dall’annuncio.
“Abbiamo ancora un anno davanti – prosegue Greco -per riflettere su queste cose e penso sia utile chiarire alcuni aspetti inerenti l‘ Oms. A questa organizzazione gli Stati Uniti versano circa un miliardo per un biennio, quindi 500 milioni di dollari l’anno l’equivalente del costo di tre aerei da caccia militari.
Un contributo che gli USA versano per un terzo come contributi obbligatori, e per due terzi con contributi volontari che finanziano programmi specifici come la lotta alla tubercolosi, alla poliomielite, alla malaria.
Il contributo statunitense all’Oms, pur essendo quasi il 20% del budget complessivo (ndr pari a 6,7 miliardi di dollari USA nel biennio 2022-23), è uno sforzo assolutamente minimo confrontato con la sua capacità di spesa. Anche lo sforzo italiano pari a 24-25 milioni di dollari l’anno è l’equivalente del budget di un singolo ospedale italiano. (1.Continua)