Avrebbero dovuto rendere più verde l’agricoltura europea, e invece per ora i risultati sono deludenti e gli effetti sugli habitat scarsi. I meccanismi di incentivo previsti dalla Politica agricola comune (Pac) dell’Unione europea – i cosiddetti “ecoschemi” – non convincono BirdLife Europe, che sul tema ha redatto un report insieme a Nabu, la sezione tedesca dell’associazione. Il documento è stato rilanciato e commentato anche dalla Lega italiana protezione uccelli (Lipu) in Italia negli scorsi giorni.
Ecoschemi: nati per l’agricoltura sostenibile, non incentivano le buone pratiche
Ma facciamo un passo indietro. Gli ecoschemi erano stati introdotti con la riforma della Politica agricola comune (Pac) 2023-2027, per incoraggiare le pratiche agricole sostenibili. Si tratta di misure completamente volontarie, finanziate attraverso il primo pilastro della Pac, ossia con pagamenti diretti; in sintesi, premiano con del denaro gli agricoltori che avviano azioni in grado di avere effetti positivi sull’ambiente, il clima e la biodiversità.
Secondo i dati della Commissione europea, a livello di diffusione gli ecoschemi hanno avuto un notevole successo, tanto che oggi sono applicati sul 70% dei terreni agricoli dell’Unione. Ma, secondo BirdLife Europe, i risultati non sono stati altrettanto incoraggianti, perché gli ecoschemi non hanno espresso il loro potenziale e non hanno realmente modificato l’agricoltura europea.

“Molti degli attuali ecoschemi sembrano offrire pagamenti agli agricoltori per pratiche che già adottano da tempo – si legge nel report di BirdLife – generando quindi benefici aggiuntivi limitati per l’ambiente. Invece, bisognerebbe prevedere regole d’ingresso più rigorose, che vadano oltre lo status quo, in modo da utilizzare in modo veramente efficace i sussidi.”
Servono regole più stringenti e maggiore sostegno alle piccole aziende
BirdLife propone innanzitutto di rendere stringenti e ambiziosi i requisiti per l’accesso agli ecoschemi. Ad esempio, si potrebbe “imporre una quota maggiore di aree non produttive, ampliare l’elenco dei pesticidi vietati, promuovere più misure per la conservazione della fertilità del suolo. Inoltre dovrebbero essere incoraggiate rotazioni colturali più impegnative, e bisognerebbe incentivare con più decisione l’uso di colture azotofissatrici per migliorare la qualità del suolo, promuovere la biodiversità e ridurre l’uso di input chimici.”
Non solo: secondo BirdLife, notevoli criticità a livello organizzativo e una promozione inadeguata hanno reso difficile la partecipazione degli agricoltori ai programmi dedicati in maniera specifica alla biodiversità.
A causa di lunghi processi burocratici, invece, le aziende di dimensioni minori si sono trovate ad affrontare ostacoli gravosi, rimanendo così penalizzate rispetto ai grandi gruppi. “Le piccole aziende agricole hanno spesso incontrato difficoltà nel partecipare agli ecoschemi esistenti – si legge ancora nel report – quindi i nuovi schemi dovrebbero essere adattati alle esigenze delle aziende piccole, offrendo livelli di pagamento differenziati su base regionale. Pagamenti più alti o requisiti più flessibili dovrebbero essere invece previsti per le aree svantaggiate o sensibili.”
Infine, ma non ultimo, BirdLife ha evidenziato anche la mancanza di un monitoraggio sistematico dei risultati raggiunti. Secondo l’associazione, tecnologie di telerilevamento e altri strumenti innovativi potrebbero essere utilizzati per tracciare l’attuazione e il successo ecologico delle misure, permettendo di distribuire al meglio i pagamenti.
“Mentre le crisi climatiche e della biodiversità già colpiscono milioni di aziende agricole – ha commentato Max Meister, Soil Policy Officer di Nabu – è essenziale un’azione urgente. Con solo tre anni rimanenti nell’attuale ciclo della Pac, gli Stati membri dell’Ue devono intensificare gli sforzi per rendere gli ecoschemi realmente efficaci e attrattivi per gli agricoltori.”
Modelli da seguire possono essere quelli della Spagna e dell’Olanda, che hanno già raggiunto risultati migliori combinando incentivi economici elevati con una maggiore flessibilità, e soprattutto adattando gli ecoschemi alle specificità regionali.