Con l’adozione del Piano nazionale integrato per l’ energia e il clima (Pniec), l’Italia persegue l’obiettivo al 2030 del 39,4% di energia da fonte rinnovabile (Fer) sul totale del consumo. Le quote dei consumi nazionali di energia dovranno coprire il 63,4% del settore elettrico, il 35,9% del termico e il 34,2% dei trasporti. Complessivamente al 2030 saranno installati circa 131 GW di impianti a fonti rinnovabili (di cui 80 GW fotovoltaici e 28 GW eolici).
Tuttavia dal 2020 la ripresa dei consumi energetici ha rilevato una minor quota percentuale di copertura delle rinnovabili in tutti i settori, facendo registrare livelli inferiori a quelli preventivati dalla traiettoria delineata nel Pniec.
Gli impianti eolici installati e previsti
Sul territorio nazionale risultano installate 7.449 turbine di varia taglia, con potenza media di 2,1 MW. Il 6,4% degli impianti ha potenza superiore a 10 MW e contribuisce all’89,7% di quella installata.
Più del 90% della potenza è collocata al Sud e nelle isole. Il maggior contributo è dato dalla Puglia (24,8%), dalla Sicilia (18,9%), dalla Campania (16,2%) e dalla Basilicata (12,0%).
In Campania, ad esempio, il totale degli impianti eolici, tra quelli già installati e quelli autorizzati dalla Regione e non ancora installati, ammonta a circa 2100, ai quali vanno aggiunti quelli con potenza superiore a 30 MW.
Il Decreto per l’individuazione delle aree idonee
Vista la necessità di tutelare il patrimonio culturale e il paesaggio, raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione e attuare il Piano nazionale di ripresa e resilienza, nello scorso luglio è entrato in vigore il Decreto Aree Idonee in base al quale le regioni sono tenute ad adottare una legge per individuare le aree consone alla realizzazione degli impianti. La Sardegna è la prima regione ad avere dato esecuzione al decreto.
Il Decreto stabilisce inoltre la ripartizione della potenza tra regioni e province autonome (burden sharing), considerando gli impianti già in esercizio e assegnando una capacità minima da raggiungere annualmente a partire dal 2021 per arrivare agli 80 GW da installare entro il 2030, secondo la seguente tabella.
Regione | Obiettivi di potenza aggiuntiva [MW] | |||||||||
2021 | 2022 | 2023 | 2024 | 2025 | 2026 | 2027 | 2028 | 2029 | 2030 | |
Abruzzo | 4 | 65 | 196 | 454 | 640 | 850 | 1.086 | 1.350 | 1.648 | 2.092 |
Basilicata | 145 | 204 | 329 | 543 | 748 | 973 | 1.218 | 1.486 | 1.779 | 2.105 |
Calabria | 45 | 95 | 210 | 549 | 857 | 1.206 | 1.603 | 2.055 | 2.568 | 3.173 |
Campania | 74 | 237 | 569 | 909 | 1.297 | 1.728 | 2.206 | 2.736 | 3.325 | 3.976 |
Emilia-Romagna | 100 | 343 | 860 | 1.288 | 1.851 | 2.504 | 3.263 | 4.143 | 5.164 | 6.330 |
Friuli-Venezia Giulia | 30 | 96 | 321 | 404 | 573 | 772 | 1.006 | 1.280 | 1.603 | 1.960 |
Lazio | 82 | 305 | 544 | 933 | 1.346 | 1.829 | 2.396 | 3.059 | 3.835 | 4.757 |
Liguria | 29 | 80 | 122 | 198 | 281 | 382 | 504 | 653 | 834 | 1.059 |
Lombardia | 184 | 622 | 1.521 | 1.963 | 2.714 | 3.592 | 4.616 | 5.812 | 7.208 | 8.766 |
Marche | 32 | 110 | 241 | 457 | 679 | 930 | 1.217 | 1.544 | 1.916 | 2.346 |
Molise | 2 | 38 | 59 | 175 | 273 | 383 | 509 | 651 | 812 | 1.003 |
Piemonte | 78 | 285 | 851 | 1.098 | 1.541 | 2.053 | 2.645 | 3.330 | 4.121 | 4.991 |
Puglia | 163 | 507 | 876 | 1.672 | 2.405 | 3.213 | 4.104 | 5.084 | 6.165 | 7.387 |
Sardegna | 34 | 175 | 468 | 998 | 1.553 | 2.207 | 2.980 | 3.892 | 4.969 | 6.264 |
Sicilia | 144 | 473 | 952 | 1.842 | 2.764 | 3.847 | 5.120 | 6.616 | 8.375 | 10.485 |
Toscana | 42 | 150 | 359 | 667 | 1.019 | 1.444 | 1.958 | 2.580 | 3.332 | 4.250 |
TrAA – Bolzano | 11 | 41 | 120 | 139 | 186 | 239 | 298 | 364 | 438 | 515 |
TrAA – Trento | 11 | 41 | 108 | 140 | 195 | 258 | 333 | 419 | 520 | 631 |
Umbria | 15 | 60 | 135 | 279 | 429 | 609 | 823 | 1.079 | 1.384 | 1.756 |
Valle d’ Aosta | 1 | 4 | 10 | 27 | 47 | 75 | 112 | 162 | 231 | 328 |
Veneto | 125 | 413 | 1.088 | 1.373 | 1.889 | 2.483 | 3.164 | 3.947 | 4.847 | 5.828 |
Totale | 1.348 | 4.344 | 9.940 | 16.109 | 23.287 | 31.578 | 41.160 | 52.243 | 65.075 | 80.001 |
Gli oppositori: grande impatto, poca utilità e scarsa condivisione con i cittadini
In maggio 2024 la Coalizione articolo 9, che raggruppa numerose associazioni nazionali e comitati territoriali, fra cui Italia nostra, Amici della terra, Mountain Wilderness, Ente Nazionale protezione animali, ha riunito a Roma nel convegno “Stati generali contro l’eolico e il fotovoltaico a terra in difesa del belpaese” associazioni e sindaci che hanno espresso il dissenso verso gli impianti già installati e gli obiettivi del Pniec, sostenendo che negli ultimi venticinque anni le procedure autorizzative semplificate hanno sottratto pascoli e terreni anche gravati da usi civici, scavalcando le regole sulla tutela dei territori, quali i siti di importanza comunitaria e le zone di conservazione e protezione speciale.
Il tutto senza la necessaria trasparenza e condivisione con i cittadini, messi al corrente solo quando i tempi per le osservazioni ai progetti erano prossimi alla scadenza. Le comunità inoltre non avrebbero beneficiato della riduzione dei prezzi dell’energia, aumentati anche per gli oneri di sistema delle rinnovabili.
Il parere tecnico del Cnr
In giugno 2024, su richiesta del comune di Casteldeci, il Dipartimento di ingegneria (Diitet) del Consiglio nazionale delle ricerche ha espresso un parere tecnico su sostenibilità e produttività di impianti eolici nell’Appennino centro-settentrionale. Secondo i calcoli mostrati nello studio, nel 2022 il contributo dell’eolico sarebbe stato solo l’1,45% del fabbisogno nazionale di energia, per cui quando si dice che un impianto eolico fornisce energia sufficiente alle necessità di 30 mila famiglie in realtà si sta parlando di una copertura del 4% del necessario.
L’eolico italiano contribuirebbe a ridurre le emissioni mondiali solo dello 0,01% a fronte di consumo di suolo, perdita di biodiversità e compromissione di servizi ecosistemici.
Essendo anche la ventosità delle regioni nazionali scarsa, la produttività risulterebbe dimezzata rispetto a quella di un impianto del Nord Europa.
L’installazione di pale eoliche è un’opera estremamente invasiva: alte anche più di 200 metri, con fondamenta in cemento armato di diametro superiore a venti metri. Sono costruite in fibra di vetro e resine non riciclabili, con un ciclo di vita di circa venticinque anni, dopo il quale devono essere sostituite e smaltite. Il ripristino integrale dello stato dei luoghi è problematico e costoso, per cui comunemente viene effettuato solo nello strato superficiale.
La catena di estrazione di valore dai terreni
Secondo le opposizioni, i progetti industriali delle rinnovabili in assenza di pianificazione sono stati governati da processi che hanno portato al land grabbing, cioè all’accaparramento ed espoliazione di territori già poveri.
L’argomento è stato approfondito nello studio di Samadhi Lipari, ricercatore presso l’Università di Manchester. La catena di estrazione di valore fino all’ottenimento dei certificati verdi è la seguente: I terreni oggetto di procedura di esproprio dalle regioni per “interventi urgenti e indifferibili” subiscono un calo del prezzo. Attraverso il lavoro di mediatori, i proprietari sono indotti alla vendita dei terreni a un importo di poco superiore al valore catastale. Una volta che i terreni sono acquisiti catastalmente, la ditta ne diviene proprietaria per sempre oltre gli anni della concessione di autorizzazione dell’impianto.
I dissidenti considerano la richiesta di installazione e connessione alla rete elettrica degli impianti fortemente condizionata dal meccanismo degli incentivi: dal 2008 al 2022 ne risultano erogati per oltre 141 miliardi di euro. Contrariamente, nel Nord Europa da qualche anno si realizzano impianti eolici senza incentivi, tanto che in alcuni casi le imprese avrebbero rinunciato ad investire nel settore perché giudicato poco remunerativo.