L’abbattimento degli orsi tiene conto di valutazioni tecniche, ma la decisione è politica Il ruolo dell’Ispra e il caso di M91 secondo Piero Genovesi, responsabile Servizio fauna selvatica dell’Istituto

L’abbattimento degli orsi tiene conto di valutazioni tecniche, ma la decisione è politica

Il ruolo dell’Ispra e il caso di M91 secondo Piero Genovesi, responsabile Servizio fauna selvatica dell’Istituto

“La reintroduzione dell’orso non è mai stata a rischio zero. Per quanto gli orsi siano generalmente pacifici, è innegabile che vadano classificati come animali potenzialmente pericolosi. Da un lato, si sarebbe potuto – e dovuto – fare di più per informare e preparare le comunità locali alla convivenza con un grande carnivoro che, nel corso degli anni, per forza di cose si è sempre più abituato all’uomo. Dall’altro, l’opinione pubblica doveva essere informata che qualche abbattimento, pur con tutte le precauzioni del caso, si sarebbe reso necessario nel corso del tempo.” Lo dichiara ad Agenda17 Piero Genovesi, responsabile del Servizio di coordinamento della fauna selvatica dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra).

A seguito della recente uccisione dell’orso M91 abbiamo chiesto a Genovesi le motivazioni di questa decisione, rilevando anche alcune criticità sul reinserimento dell’orso bruno nell’arco alpino.

 Le azioni previste in base alla classificazione dell’esemplare. Il ruolo dell’Ispra

“Il ruolo dell’Ispra – spiega Genovesi – è semplicemente quello di fornire valutazioni tecniche. Nel caso specifico, abbiamo fatto una valutazione della conformità dell’intervento proposto dalla Provincia con il Pacobace, il Piano d’azione per la conservazione dell’orso nelle Alpi Orientali.”

Piero Genovesi, responsabile del Servizio di coordinamento Ispra (©ildolomiti)

Il Pacobace, elaborato di concerto fra le Regioni alpine, il Ministero dell’ambiente e l’Ispra, contiene una scala di riferimento per classificare i comportamenti degli orsi in base alla pericolosità. Nel caso di M91, l’atto di inseguire intenzionalmente una persona è rientrato nella scala di pericolosità 16 (su 18 totali). 

Sono tre i possibili interventi per gli orsi che mettono in atto comportamenti di categoria 16: la cattura e rilascio con monitoraggio intensivo (attraverso un collare elettrico), la cattura con messa in cattività o l’abbattimento. L’Ispra ha confermato che le azioni proposte dalla Provincia di Trento erano coerenti con il piano e con la Direttiva Habitat dell’Unione europea. Quest’ultima consente infatti l’abbattimento di orso se sono rispettati tre criteri fondamentali: una motivazione solida, l’impossibilità di adottare tecniche alternative e l’assenza di impatti negativi sullo stato di conservazione della popolazione.

“La nostra valutazione – prosegue – è stata che la rimozione di M91 non avrebbe minacciato la conservazione dell’intera popolazione di orsi sulle Alpi, poiché non avrebbe comportato il superamento del limite massimo di otto rimozioni annuali (due adulti e due giovani per ogni sesso).” 

Le criticità della reintroduzione dell’orso sulle Alpi

La decisione di abbattere M91 ha riportato alla luce le criticità del progetto di reintroduzione dell’orso bruno sulle Alpi, avviato negli anni Novanta. Genovesi ricorda: “Nella sua versione iniziale, il progetto era stato bocciato dall’Ispra per un’insufficiente analisi dei rischi. Solo dopo modifiche significative, tra cui un sondaggio d’opinione fra i residenti delle aree interessate, che aveva rilevato un ampio sostegno alla reintroduzione dell’orso, il piano venne approvato.” 

(©pixabay)

Tuttavia, l’Ispra aveva comunque evidenziato alcune criticità legate soprattutto alla mancata formazione della popolazione locale, e che non sembrano ancora esser state stemperate.” Un dato su tutti: dal sondaggio era emerso che l’81% degli intervistati credeva erroneamente che l’orso non attaccasse mai l’uomo, evidenziando una generale sottovalutazione del problema e la necessità di un piano di comunicazione che, di fatto, non è mai stato realizzato.

“La decisione finale di abbattere l’orso – conclude -, piuttosto che di trasferirlo in cattività, è stata essenzialmente politica. La Provincia autonoma di Trento ha certamente dovuto bilanciare fra la salvaguardia dell’orso e la sicurezza dei cittadini, ma la scelta che è stata presa mostra un chiaro indirizzo.”

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