Ad oggi, gli USA, che sono uno dei maggiori player in tema di Intelligenza artificiale (AI), non hanno promulgato una legge federale che ne governi l’uso e le applicazioni. E il contesto culturale entro cui si sviluppa questa potente rivoluzione tecnologica si presenta eterogeneo anche sotto il profilo dell’approccio etico.
Proviamo a capire perché la visione americana sia così diversa da quella europea e cosa possiamo aspettarci dalla seconda era Trump, che si aprirà ufficialmente il 20 gennaio prossimo.
Dall’archivio della Rice University di Houston, l’università che lega la sua storia al primo lancio sulla Luna e alle iniziative di ricerca della NASA, è possibile accedere al Programma di Sviluppo scientifico e tecnologico che viene portato avanti dagli USA in stretta relazione con gli Ordini esecutivi dei Presidenti della Casa bianca.
Il gruppo di advisors del Presidente, fin dalla prima era Trump, ha orientato gli Stati federali verso una politica aggressiva di conquista di nuovi mercati, puntando soprattutto sull’AI come garante della sicurezza. Ma di fatto cosa temono gli Stati uniti? È presto detto: la perdita di leadership nel mercato globale.
L’era Biden ha successivamente investito parecchio sui semiconduttori, risorsa strategica alla base dello sviluppo di tutti i sistemi dotati di AI, non solo delle applicazioni elettroniche, ma anche della manifattura, delle infrastrutture e dei dispositivi militari.
La competizione parte dai semiconduttori
Per comprendere l’importanza di questo settore tecnologico, leva della supremazia statunitense fino ad oggi, facciamo ricorso a qualche dato. Con il CHIPS and Science Act (Creating Helpful Incentives to Produce Semiconductors) del 2022, sono stati disposti stanziamenti di 280 miliardi di dollari per sostenere la ricerca e le partnership con governi stranieri, come per esempio l’India, a favore dello sviluppo di nuova tecnologia.
In pratica, gli USA si stavano attrezzando per arginare gli assalti dei competitors, primo fra tutti la Cina. Il Paese del dragone, infatti, con i suoi 25 miliardi di dollari destinati allo sviluppo di chip nel 2025 – in forza dei quali ha superato gli stanziamenti di Corea del Sud, Taiwan e USA combinati – sta aggredendo la leadership americana. Ma non basta: si è posto l’obiettivo di raggiungere il 70% della produzione interna di semiconduttori entro il 2025, per evitare la dipendenza dall’estero.
Anche se ci sono molti ostacoli in questo cammino, primo perché la proprietà intellettuale necessaria è per lo più in capo a aziende statunitensi, poi perché Taiwan è un leader mondiale nelle infrastrutture di produzione e ancora perché molti dei macchinari che costruiscono high tech provengono dalla multinazionale olandese ASML, la sfida è ormai lanciata.
Quale strategia ci si aspetta allora dal futuro dell’era trumpiana per non perdere terreno nel settore strategico della ricerca scientifica e tecnologica?
Cosa farà il leader degli USA è solo in parte noto. Nel concreto, ha annunciato che David Sacks, zar delle criptovalute, sarà una sorta di plenipotenziario di AI e cripto, per le quali propone anche una riserva valutaria gestita dal governo.
Mentre Elon Musk, padre di Tesla e di Space X, in qualità di capo del Dipartimento per l’efficientamento governativo, si occuperà di tagliare investimenti superflui, di cui forse le dichiarazioni presidenziali che paventano la fuoriuscita dall’Organizzazione mondiale della sanità costituiscono un segnale premonitore.
Apple e Tesla sembrano poi essere favorite sui dazi d’importazione dalla Cina. Tuttavia, tenendo come presupposto che, nel mondo americano, sono il mercato e la paura della sua possibile erosione a tracciare la road map, la vera battaglia tecnologica si giocherà nel mercato dei semiconduttori.
Investimenti in armi e formazione, ma è il mercato a guidare lo sviluppo
Accanto a ciò, è prevedibile un potenziamento e un incremento dei sistemi di AI a favore della sicurezza, frutto della paura di minacce esterne, ma anche della volontà di aprire mercati in un mondo sempre più belligerante.
Sul fronte della formazione, è lecito, come è già accaduto in passato, attendersi un forte investimento nell’educazione delle discipline STEM e l’accoglimento di forza lavoro straniera con alto know how tecnologico per soddisfare la domanda interna. Tutto si gioca tra protezionismo e aggressività.
Alla luce di quanto esposto, si può capire perché negli USA non ci sia una legge federale che regoli l’uso dell’Intelligenza artificiale: se è il mercato a guidare lo sviluppo scientifico e tecnologico, è logico che sia il mercato a plasmare in maniera eterogenea anche le aspettative etiche.
Così, mentre l’Europa, il 12 luglio 2024, ha pubblicato la prima legge al mondo sulle applicazioni dell’AI, fuori dall’Ue, il quadro normativo resta ancora piuttosto disarticolato, non solo negli Stati uniti. Anche Giappone e Cina, per esempio, che sono fra i Paesi che hanno sviluppato pratiche di gestione, mantengono una situazione fluida che segue la mobilità dei mercati.
Da un lato l’Europa – si legge infatti nella premessa della legge – decide delle regole per “migliorare il funzionamento del mercato interno” e promuovere la diffusione di un’intelligenza artificiale antropocentrica a garanzia di “un livello elevato di protezione della salute, della sicurezza e dei diritti fondamentali […] compresi la democrazia, lo Stato di diritto e la protezione dell’ambiente”, dall’altro lato, gran parte del Mondo modula le regole per inseguire il profitto e moltiplicare i mercati.
Nel Patto per il futuro dell’Onu ci sono impegni precisi in questo campo
Eppure, le esigenze di una regolamentazione etica dell’AI sembrano sempre più una priorità condivisa a livello globale. Infatti, il 22 settembre 2024, i leader mondiali che rappresentano l’Organizzazione delle nazioni unite (Onu) hanno siglato il Patto per il futuro. Fondato sui diritti umani e il diritto internazionale, il Patto consentirà di affrontare le sfide complesse di un mondo che cambia rapidamente e si completa con il Global Digital Compact: una vera e propria cornice di riferimento per la governance dell’AI.
Il suo sviluppo prevede un dialogo politico globale su basi di consapevolezza scientifica ed etica. Gli obiettivi sono nobili e prefigurano, fra l’altro, una diffusione di Internet a tutti i servizi essenziali e alle persone, con anche il potenziamento di spazi online sicuri e accesso aperto ai dati. In questo contesto globale, il ruolo degli USA, membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’ONU sarà decisivo anche sotto il profilo etico. Ma se sarà il mercato a guidare le scelte etiche – cosa che vedremo nella seconda era Trump – fino a quando le sue direttrici correranno in parallelo con le esigenze dei diritti umani?