“Penso che lo scenario sia chiaro: le spinte per costruire un’area economica e politica diversa dal dollaro tenderanno a crescere, e maggiori saranno le tensioni generate a livello internazionale dagli Stati Uniti, maggiore sarà l’incentivo per molti Paesi a distaccarsi.” È quanto dichiara ad Agenda17 Paolo Pini, già docente di Economia politica presso l’Università di Ferrara.
“Molti di loro – afferma Pini – non vogliono fare guerre: sono interessati a svilupparsi economicamente e commercialmente poiché, essendo cresciuti negli ultimi anni, hanno disponibilità di risparmio e vogliono usarlo per la crescita interna.
Chiaramente non si può prevedere come evolverà la situazione, e molto dipenderà dal Governo americano, tuttavia credo che il futuro sarà in mano non all’Europa o agli Stati Uniti, ma all’Asia, in particolare Cina e India: sono questi i Paesi che usciranno vincitori. In che modo, è tutto da vedere, perché gli Usa non sono certo lì a regalare il multilateralismo, anzi faranno di tutto per contrastarlo, soprattutto la guerra.”
Abbiamo intervistato Pini dopo i due vertici internazionali, quello dell’Organizzazione delle Nazioni unite (Onu) per un Patto per il futuro e il summit dei Brics a Kazan, per valutare l’attuale e difficile scenario geopolitico globale.
Dagli anni Novanta, soprattutto con l’ascesa della Cina, è infatti cresciuta anche la competizione per le risorse e le tecnologie, mentre in parallelo i conflitti, in particolare in Ucraina, hanno ridisegnato le relazioni globali e determinato una risalita della spesa militare.
In un recente convegno presso la Fondazione Di Vittorio, Jeffrey Sachs, economista e saggista statunitense, ha posto la questione in termini di sviluppo sostenibile. “Lo sviluppo sostenibile – afferma – implica che tutti i luoghi del Mondo dovrebbero avere un benessere economico, che la giustizia sociale dovrebbe darsi ovunque, così come la sostenibilità ambientale, con sfide profonde delle quali siamo consapevoli da decenni ma per le quali non abbiamo fatto nulla.
Il Mondo può vivere in prosperità, equamente e pacificamente, in maniera sostenibile? La mia risposta è sì, ma dobbiamo cambiare il nostro modo di essere, comprendere il sistema integrato in cui viviamo e avanzare proposte a livello normativo per capire come chiudere il cerchio.”
90 secondi all’Apocalisse: l’unico approccio possibile è la cooperazione
Nel frattempo, l’orologio dell’Apocalisse rimane a 90 secondi dalla mezzanotte: dov’è finito il tempo che avevamo?
“La grande sfida – afferma Sachs – è una trasformazione tecnologica e umana per convivere in maniera più giusta e pacifica. L’agenda dell’Onu comprende obiettivi universalmente condivisi in un Mondo diviso, ma non li stiamo realizzando: perché? Ogni funzionario e capo di Stato ribadisce di credere nell’Agenda 2030 e quasi ogni Governo presenta annualmente la propria strategia nazionale degli obiettivi di sviluppo sostenibile, tuttavia l’impegno non è unanime.
Sono gli Usa il Paese meno allineato con la carta delle Nazioni unite: il loro interesse è pari a zero se non in termini di minacce e veti. Fin dagli albori della storia americana cercano il dominio, non lo sviluppo globale, e lo scontro con la Russia è iniziato dopo la Seconda guerra mondiale proprio per renderla una potenza di terza classe, a partire dall’allargamento della NATO (North Atlantic Treat Organization).
Ma già nel 1992 – sottolinea lo studioso – la Nato non serviva più: l’OCSE (Organization for Economic Co-operation and Development) avrebbe dovuto sostituirla e l’Europa giungere a un accordo interno in materia di sicurezza. Lo stesso capo della difesa americana dell’epoca era contrario all’allargamento della Nato, ma la classe politica e il cosiddetto Deep State si opposero perché cercavano, e lo fanno ancora oggi, non la pace, ma la vittoria.
Non sappiamo cosa accadrà in futuro, ma gli ultimi presidenti ci hanno avvicinati all’Armageddon perché tutti hanno seguito l’obiettivo della sconfitta della Russia e, successivamente, della Cina. Quindi (con le elezioni) non si deciderà nulla sul futuro del Mondo: quello che deve cambiare è una più profonda consapevolezza del fatto che il Mondo non lo gestisce né lo domina nessuno, ma che l’unico approccio concepibile è la cooperazione.”
Ripartire dalla Carta delle Nazioni unite per evitare il conflitto
“Non ritengo – conclude Sachs – che le potenze debbano necessariamente entrare in conflitto. Credo piuttosto che la vera questione sia se siamo capaci di fare di meglio e c’è un punto fondamentale che ci costringe a farlo: l’era nucleare. La storia è piena di guerre, tuttavia quella nucleare è di fatto la fine del Mondo perché perché l’escalation diventa incontrollabile.
Abbiamo però la capacità di cooperare. Il mondo dei leader americani è guidato da una teoria dei giochi basata sull’idea che con la controparte non ci si parla nemmeno. Non è un modello diplomatico, ma viene assunto come tale: pensano di sapere cosa faranno i cinesi o i russi, anziché andarci a parlare. Nell’era nucleare abbiamo invece bisogno di un altro tipo di geopolitica.
La Carta delle Nazioni unite, seppur datata, è paragonabile alla Costituzione della Terra di Luigi Ferrajoli: va assunta non come un manifesto, ma come un documento fondamentale per la governance globale. Le Nazioni unite sono solo il secondo tentativo di costruirla, dopo la Lega delle Nazioni, e sono nate a causa della Seconda guerra mondiale: oggi non possiamo permetterci la terza, per cui l’unica via rimane il dialogo.” (1_Continua)