Armi: aumentano la spesa dello Stato e gli affari delle imprese, ma i cittadini sono sempre più contrari Impressionante il crescente scollamento delle scelte politiche e della narrazione mediatica rispetto alla volontà popolare. I dati delle ricerche

Armi: aumentano la spesa dello Stato e gli affari delle imprese, ma i cittadini sono sempre più contrari

Impressionante il crescente scollamento delle scelte politiche e della narrazione mediatica rispetto alla volontà popolare. I dati delle ricerche

Il nostro Paese spende sempre più in armamenti, ma gli italiani sono contrari alle spese per le armi e a inviarle nei luoghi di guerra. 

Lo sono ora e lo sono sempre stati, da quando i recenti conflitti – fondamentalmente la guerra in Ucraina e Medio Oriente – hanno imposto il problema alla nostra attenzione quotidiana.

L’avversione cresce, mentre il discorso pubblico, sui media e nelle dichiarazioni dei  politici, vorrebbe convincere dell’utilità e necessità degli investimenti in armi: dalle opportunità economiche indicate nel  Rapporto Draghi al rispetto degli impegni internazionali (obiettivo del 2% del Prodotto interno lordo in armamenti dei Paesi NATO).

Il rifiuto si manifesta e si amplia nel tempo anche rispetto all’invio di armi in Ucraina. Ed è trasversale allo schieramento politico. La maggioranza degli elettori dei partiti è contraria – secondo il sondaggio pubblicato il 16 settembre da Ilvo Diamanti su La Repubblica –  sia a inviare aiuti militari all’Ucraina, sia ad aumentare le spese militari.

Anche gli elettori più favorevoli non raggiungono mai la maggioranza nei propri partiti. Se consideriamo i partiti di una certa consistenza numerica, troviamo i più favorevoli  all’invio di armi all’Ucraina in Forza Italia e in Alleanza verdi e sinistra, ma nemmeno loro superano comunque il 48%;  e mentre i primi sono favorevoli per il 42% all’aumento di spese militari i secondi si fermano 26%. Fra chi dichiara di votare PD, il 44% invierebbe armi all’Ucraina e il 23% aumenterebbe le spese militari. In tutti gli altri partiti (Fratelli D’Italia, Lega e M5S) meno di 4 elettori su 10 (40%) invierebbe armi all’Ucraina e ancor meno aumenterebbe le spese militari.

Novembre: maggioranza contro l’aumento della spesa militare. Sondaggio SWG Greenpeace 

In novembre, il 55% degli intervistati da SWG per Greenpeace respinge la proposta del governo di portare il budget della Difesa al 2% del Pil entro il 2028. Meno di uno su quattro è è favorevole (23%),

L’attuale governo prevede di portare le spese militari al 2% del PIL entro il 2028 per un importo annuo di circa 40 miliardi di euro. Sei favorevole o contrario? (Fonte: Greenpeace)

La posizione degli italiani è chiara e costante nel tempo: circa due anni prima (gennaio 2023) analoga ricerca di SWG aveva rilevato le stesse percentuali di maggioranza di rifiuto e di minoranza di favorevoli.

Non solo, gli intervistati hanno le idee ancora più nette rispetto all’opportunità di imporre una tassa sugli extra profitti dell’industria bellica: due intervistati su tre (65%) sono favorevoli a un’imposta sugli utili straordinari del comparto bellico e  solo il 17% è contrario.

Sei favorevole o contrario alla proposta di introdurre una tassa sugli extra profitti dell’industria bellica?(Fonte: Greenpeace)

Settembre: crollano negli anni il sostegno alle spese militari e all’invio di armi all’Ucraina. Sondaggio Diamanti per Repubblica

Le scelte degli italiani rilevate da Greenpeace non esprimono, come abbiamo visto, un sentimento dell’ultim’ora, dovuto magari a scenari sempre più preoccupanti e fuori controllo.

Anche quando i media e molti politici, di entrambi gli schieramenti, battevano la grancassa della necessità di armare noi e spedire armi sempre più sofisticate all’Ucraina, l’opinione dei cittadini era già chiara. Il tempo l’ha semplicemente rafforzata.

In settembre, secondo la rilevazione di Ilvo Diamanti per La Repubblica, coloro che si dichiaravano favorevoli all’aumento delle spese militari erano meno di due su dieci (19%), ma già due anni prima (settembre 2022)  solo poco più di tre su dieci erano favorevoli (33%).

E per quanto riguarda l’invio di armi all’Ucraina, è dal maggio del 2022 che i favorevoli sono stati sempre meno della metà, per crollare, nel settembre 2024, al 29%.

Del resto, avevamo già segnalato nell’ottobre 2022  che in Europa i pacifisti erano maggioranza –  assoluta nel nostro Paese -, e che nonostante forti differenze nelle dieci nazioni coinvolte nell’indagine, solamente una persona su quattro riteneva la punizione della Russia prioritaria.

Febbraio 2023: solo uno su tre favorevole alle armi all’Ucraina. E pochi credono ai media. Sondaggio IPSOS Corriere della Sera

Quasi due anni fa (febbraio 23) l’Istituto guidato da Nando Pagnoncelli registrava che solo il 36% degli intervistati era a favore all’invio di armi all’Ucraina, mentre più della metà si dichiarava contrario (53%).

Sempre in quella rilevazione l’istituto forniva un dato molto interessante rispetto al giudizio sull’informazione: meno di tre intervistati su dieci ritenevano l’informazione neutrale e oggettiva, e la maggioranza relativa (37%) la giudicava troppo sbilanciata a favore dell’Ucraina e di Zelensky.

Ipsos | Conflitto in Ucraina – 2023)

È un dato molto importante perché, come rilevammo allora, nonostante uno spiegamento massiccio di quasi tutti i media, l‘escalation voluta dai governi e da buona parte degli attori politici  non ha mai convinto gli italiani, che non si sono fidati dell’informazione.

Maggio 2022: fare la pace in Ucraina e non inviare armi. Sondaggio IPSOS La 7

E se risaliamo a maggio 2022  troviamo, con i dati di Pagnoncelli, che, ben prima della “stanchezza” di cui parlano oggi i media, una larga maggioranza degli intervistati (62%) riteneva doveroso trovare a tutti i costi un modo per arrivare a una trattativa, e solamente uno su quattro (26%)  sosteneva che bisogna prima sconfiggere militarmente la Russia.

In merito all’invio delle armi, la maggioranza relativa (46%)  non riteneva giusto che l’Italia e la Nato continuassero  a inviare armamenti all’Ucraina, mentre il  41% lo riteneva doveroso. 

E già allora era evidente la mancanza di fiducia nell’informazione, con meno di un terzo che riteneva l’informazione neutrale e oggettiva, e quasi quattro su dieci che la giudicava troppo sbilanciata a favore dell’Ucraina e di Zelensky. 

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