Bostrico, in Veneto l’epidemia si sta stabilizzando, secondo il tecnico Valerio Finozzi. Ma tutto dipenderà dal clima Rimangono prioritari la tempestività nel gestire gli eventi estremi e la diversificazione delle foreste

Bostrico, in Veneto l’epidemia si sta stabilizzando, secondo il tecnico Valerio Finozzi. Ma tutto dipenderà dal clima

Rimangono prioritari la tempestività nel gestire gli eventi estremi e la diversificazione delle foreste

Nonostante le prospettive negative per la diffusione del bostrico segnalate per il prossimo futuro in tutta Europa, in alcuni territori del nostro Paese la situazione sembra finalmente conoscere un rallentamento, che potrà portare a una stabilizzazione dei boschi colpiti dai gravi danni prodotti dall’insetto.

É quanto emerso nel XIV Congresso nazionale della Società italiana di selvicoltura ed ecologia forestale (Sisef), svoltosi recentemente, nell’ambito del quale si è tenuta la tavola rotonda “Vaia, bostrico…quale futuro per l’abete rosso?”, tra i cui partecipanti c’era Valerio Finozzi, coordinatore del Tavolo tecnico-scientifico nazionale sul bostrico tipografo e responsabile fitosanitario per le foreste della Regione Veneto. Lo abbiamo intervistato per un aggiornamento sulla situazione alla luce degli ultimi dati.

I dati nel Nord Est: in Veneto la situazione è migliore rispetto allo scorso anno

“In Friuli Venezia Giulia – afferma Finozzi – i danni del bostrico sono stati meno evidenti che in altre aree: il motivo principale è che si è sviluppato in zone dove c’era già una situazione conclamata, per cui si stava già tenendo d’occhio la problematica che, dopo Vaia, risultava così essere già gestita e attenzionata.

Valerio Finozzi, ispettore fitosanitario della Regione Veneto (foto di Valerio Finozzi)

Da noi in Veneto, quest’anno la situazione è migliorata, almeno a livello di catture: se lo scorso anno avevamo una cattura media di 41mila insetti per trappola, nel 2024, secondo gli ultimi dati, siamo a 16mila, quindi meno della metà. Ciò è dovuto probabilmente a una primavera più fredda e piovosa, che ha ridotto i voli dell’insetto e rafforzato le piante e il loro stato fisiologico, permettendo loro di avere maggiori difese.

Inoltre, dopo oltre cinque anni da Vaia e dall’inizio della manifestazione più conclamata dell’epidemia, ora sembra finalmente che la situazione si stia gradualmente ristabilendo, salvo ovviamente un ulteriore verificarsi di circostanze specifiche come schianti o siccità pronunciate, che potrebbero favorire nuovamente la ripresa dell’infestazione. Se invece la situazione climatica proseguirà con un andamento simile a quello cui siamo abituati, l’emergenza epidemica potrebbe assestarsi e, in circa due o tre anni, rientrare.”

Nel territorio regionale, il picco di catture si infatti è verificato a giugno: ora, tutto dipenderà dall’andamento della prossima stagione invernale. “Se solitamente i primi voli iniziano a fine aprile-inizio maggio – spiega Finozzi – quest’anno si sono spostati di quattro-cinque settimane, per cui forse è la seconda generazione (che si sarebbe dovuta manifestare a fine luglio-inizio agosto) che potrebbe far aumentare nuovamente le catture. Il clima di settembre, con nuove piogge e temperature più basse, non ha comunque aiutato il volo degli insetti: vedremo dunque i nuovi dati cosa ci riveleranno.”

Piante esca e diversificazione: importante continuare a monitorare

La riprogrammazione dei boschi è ormai da tempo sul tavolo come una delle principali strategie per fronteggiare l’emergenza. Con il cambiamento climatico e l’aumento delle temperature, i boschi stanno già cambiando, ad esempio con la comparsa a quote maggiori di alberi di latifoglie che erano spontanei ad altitudini inferiori. Per garantire però la cura del territorio, rimane parallelamente prioritaria la necessità, segnalata anche recentemente da più Comuni montani, di implementare le risorse e la presenza di agenti di polizia locale con funzioni di guardia boschiva.

(ⓒregione.veneto.it)

“Tra le misure adottate nel nostro territorio – conclude Finozzi – è stata posizionata una serie di tronchi esca in Valle del Boite (Dolomiti bellunesi), dove si trovano nuclei di bostrico contenuti e ancora arginabili con strumenti di lotta attiva sull’insetto. La speranza è di ripetere l’attività il prossimo anno per essere in grado di attivare misure di assestamento e successivamente, con la decrescita dell’infestazione, contribuire ad accelerare il processo di risanamento del bosco.

Va comunque rilevato che, nonostante il calo nelle catture, la situazione resta a un livello importante poiché ancora al doppio rispetto al livello di guardia: se l’andamento climatico sarà favorevole, ci vorranno dai tre ai cinque anni circa per tornare a un livello endemico pre-Vaia.

Nel frattempo, chiaramente, dobbiamo continuare a ripensare i boschi con specie adatte ai cambiamenti climatici. C’è sempre il rischio che certi eventi si ripetano e lo stesso futuro dell’abete rosso è incerto, anche a quote più elevate. Per il momento tutto dipenderà dalla stagione, nonché dalla disponibilità di sostrato riproduttivo-edafico. A Campolongo (Santo Stefano di Cadore), ad esempio, lo scorso anno si è verificata una “mini Vaia” con numerosi e importanti schianti: sono state subito attivate le piante esca e poi rimosse, per cui lì il bostrico non ha prolificato.”

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