Si è svolta a Ginevra dal 22 luglio al 2 agosto, sotto la presidenza dell’ambasciatore kazako Akan Rakhmetullin, la seconda sessione del comitato preparatorio (PrepComII) dell’undicesima Conferenza di riesame (RevCom) del Trattato di non proliferazione (NPT), prevista per il 2026.
Al PrepComII hanno partecipato 116 Paesi membri e dodici fra agenzie specializzate, organizzazioni intergovernative internazionali e regionali come osservatori; alle sessioni aperte furono ammessi i rappresentanti di settantadue organizzazioni non governative, cui fu concesso di presentare documenti e fare interventi in una sessione speciale il 23 luglio.
Dopo due settimane di discussione, nessun accordo per un trattato fondamentale
Dopo due settimane di discussioni su questioni di fondamentale importanza per la sopravvivenza del mondo, gli Stati parte hanno concluso la riunione senza produrre un documento condiviso.
Il Trattato NPT è il fondamentale strumento internazionale per regolare le problematiche dell’energia nucleare: proibisce l’accesso di nuovi Paesi alle armi nucleari, impone il disarmo nucleare e promuove le applicazioni nucleari pacifiche.
Entrato in vigore nel 1970, è quasi universale, mancando solo Corea del Nord, India, Israele, Pakistan e Sud Sudan.
Il trattato, unico fra gli accordi internazionali, ammette una disparità di diritti e doveri fra le parti, distinguendo Cina, Francia, Russia, UK e USA (Nuclear-weapons states – NWS) dai rimanenti Paesi (Non-nuclear-weapon states – NNWS); tale discriminazione è in principio solo temporanea, richiedendo l’articolo VI il disarmo nucleare, ma di fatto si sta perpetuando nel tempo e costituisce la causa principale delle difficoltà del trattato stesso.
Dato il ruolo cruciale del NPT per la sicurezza globale, ogni cinque anni è prevista una conferenza per “esaminare il funzionamento del trattato al fine di accertare se le finalità del suo preambolo e le sue disposizioni si stiano realizzando” e per proporre suggerimenti per rafforzare il controllo dell’energia nucleare militare e civile.
Per l’estrema sensibilità politica delle conferenze di riesame e la complessità dei lavori da svolgere, nel 2000 si decise di impegnare la comunità internazionale nei tre anni che precedono una RevCon in lavori di preparazione della conferenza stessa, con appunto un comitato preparatorio articolato in tre sessioni.
È richiesta l’unanimita’ sulle conclusioni, ma il clima politico è sempre più avvelenato
Poiché in questi eventi ogni decisione richiede l’unanimità di consensi, il più delle volte non si riesce a concordare un documento finale, specie in occasione di gravi tensioni politiche: in particolare la nona (2015) e la decima RevCon (2022) hanno visto insanabili e irriducibili contrapposizioni sulla maggioranza dei punti in esame e, alla fine, non venne espresso un documento concordato: le motivazioni formali furono nel 2015 l’opposizione degli USA alle posizioni su Israele e nel 2022 il veto russo per i riferimenti alla guerra in Ucraina.
Sorte ancora più grave ebbe il PrepComI, svolto nell’agosto 2023: il presidente della sessione dovette ritirare la bozza di rapporto dei lavori, a causa di critiche contrapposte, e propose una sintesi dei lavori redatta sotto la sua responsabilità. Iran, Russia e Siria si opposero all’inclusione delle raccomandazioni del presidente nell’elenco dei documenti ufficiali, mettendo in discussione l’intera prassi delle RevCon.
Il PrepComII si aprì quindi con un pesante fardello e in un clima avvelenato dal perdurare della guerra in Ucraina, dall’aggravarsi della crisi medio-orientale e dalle crescenti tensioni fra Russia e Stati Uniti e a livello globale, a fronte del (disperato) obiettivo di preparare una base praticabile per i lavori dell’undicesima RevCon.
La seconda sessione del comitato preparatorio ha registrato contrapposizioni su ogni punto
Lo scopo previsto per la seconda sessione è quello di esaminare principi, obiettivi e specifiche questioni sostanziali per promuovere la piena attuazione del trattato, nonché la sua universalità, e di formulare raccomandazioni in merito alla RevCon.
L’agenda dei lavori prevedeva l’esame dell’attuazione delle disposizioni del NPT relative ai tre capisaldi del trattato: disarmo nucleare, pace e sicurezza internazionale; non proliferazione delle armi nucleari, salvaguardie e zone libere da armi nucleari; il diritto inalienabile di tutte le parti di sviluppare la ricerca, la produzione e l’uso dell’energia nucleare per scopi pacifici senza discriminazioni.
Nei trentotto lavori presentati e nelle discussioni formali sono stati effettivamente presentati, dai vari Paesi e dagli osservatori, tutti gli aspetti rilevanti per la presente situazione nucleare, militari, politici, diplomatici, economici e umanitari.
Il presidente Rakhmetullin li ha raccolti nei 151 punti del suo draft factual summary, ma ha dovuto prendere atto che su ogni punto, a parte ovvie questioni formali o di principio, vi sono state posizioni e “narrazioni” contrapposte, con un generale irrigidimento di ogni Paese sulle proprie posizioni, per cui dovette ricorrere nel testo a espressioni del tipo “la maggioranza dei Paesi”, ma soprattutto “alcuni Paesi”, “altri Paesi”, e anche registrare l’opposizione di “un Paese”.
Anche sulla finora non controversa “importanza di promuovere la partecipazione equa, piena ed effettiva delle donne al processo di non proliferazione nucleare, al disarmo nucleare e agli usi pacifici dell’energia nucleare, inclusa la fase decisionale” (punto 52) ci sono state le riserve dell’Iran.
Espansione, rinnovo degli arsenali nucleari e sviluppo di nuove armi ostacolano gli accordi
La storica contrapposizione fra NWS e NNWS si è riproposta e radicalizzata sui molteplici aspetti del mancato rispetto del capitolo VI; oltre ai temi noti, quali l’ammodernamento e sostanziale rafforzamento degli arsenali nucleari di tutti gli NWS, la sospensione del trattato bilaterale NewSTART e l’assenza di iniziative per il controllo degli armamenti delle potenze nucleari e per la riduzione del rischio nucleare, sono stati considerati nuovi fattori di preoccupazione: l’aumento delle armi cinesi, la grande attenzione della NATO alle proprie capacità nucleari, la ripresa della tecnologia per i test nucleari, le minacce nucleari russe, il posizionamento di armi nucleari russe in Bielorussia, le nuove armi nucleari tattiche della Corea del nord, i programmi per missili a gittata intermedia nello scacchiere indo- pacifico e in Eurasia.
Sono stati inoltre considerate le nuove complessità e incertezze nelle intersezioni in rapida evoluzione tra armi nucleari, nuove tecnologie e nuovi domini di conflitto, nello spazio esterno e in quello cibernetico, nelle applicazioni dell’intelligenza artificiale, delle difese missilistiche e dei vettori ipersonici.
Dal punto di vista dottrinale, vi sono state vivaci discussioni sullo stesso principio di deterrenza nucleare, la sua compatibilità con il disarmo e sui gravi rischi che esso comporta.
Altro punto delicato la controversia sulla compatibilità col NPT del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW), che vede una crescente adesione da parte di membri del NPT ma rimane fortemente osteggiato dai NWS e loro alleati.
Discutendo dei problemi legati alla proliferazione si è dibattuto sulle forme di salvaguardia previste dall’Agenzia atomica internazionale (IAEA) e sull’opportunità di un’adesione universale alle salvaguardie globali (comprehensive safeguards agreements), per concentrarsi sui programmi di propulsione nucleare navale, inclusa la prevista acquisizione australiana di sommergibili a propulsione nucleare (accordo AUKUS), e sulla produzione iraniana di uranio fortemente arricchito.
Si è riconosciuto da gran parte dei Paesi l’importante ruolo della IAEA per la sicurezza degli impianti nucleari, e sono stato condivisi i principi espressi per tutelarli in caso di loro coinvolgimento in conflitti armati. In particolare, è stata largamente apprezzata l’attenzione della IAEA alla sicurezza e protezione della centrale ucraina ZNPP di Zaporizhzhya, sotto occupazione militare russa. La Russia ha affermato che la ZNPP è un impianto russo e che la Russia ha dovuto prendere ulteriori misure militari a sua protezione.
Nella discussione sulle applicazioni pacifiche dell’energia nucleare una novità è stata la presentazione da parte di alcuni Paesi dei rischi e dei pericoli posti dagli impianti elettronucleari (compresi i piccoli reattori modulari–SMR e gli impianti “avanzati”) per le persone e per il Pianeta, col suggerimento di un loro abbandono graduale a favore di fonti ecologicamente compatibili.
Una sessione è stata dedicata al rafforzamento del NPT e a rendere più efficaci i lavori delle RevCom, ma ogni proposta operativa, in particolare per misure di trasparenza delle forze nucleari dei NWS, ha trovato il veto della Russia e della Cina.
Dopo la discussione della bozza di sintesi, il presidente prese atto che il documento non godeva di consenso, e ha dichiarato che intendeva presentare la sintesi come proprio documento di lavoro per il PrepComIII. La Russia ha chiesto l’aggiunta di una nota a piè di pagina, affermante che “il documento non sarà considerato una base per i futuri lavori del processo di revisione del NPT”. Naturalmente, queste lotte procedurali non riguardano mai veramente i documenti, ma riflettono contrasti politici molto seri. Il nocciolo della questione è che gli Stati parte sono divisi sulla convinzione che le armi nucleari siano necessarie o vadano eliminate.
Una nuova sessione a maggio 2025, ma si allargano conflitti ingestibili per via diplomatica
La terza sessione del comitato preparatorio, prevista dal 28 aprile al 9 maggio 2025 a New York, sotto la presidenza dell’ambasciatore ghanese Harold Agyeman, dovrebbe specificamente produrre un rapporto consensuale con raccomandazioni e proposte precise per la RevCom del 2026.
Lo svolgimento dei lavori a Ginevra dà la netta impressione che si stiano ulteriormente allargando i solchi che dividono i vari Paesi con un incrudimento delle rivalità; emergono obiettivi contrapposti e incompatibili fra loro, in un contesto ingestibile per via diplomatica.
Solo un deciso cambiamento del clima politico internazionale può impedire il rischio concreto che i ripetuti fallimenti erodano la credibilità di questo trattato essenziale fino a renderlo obsoleto e incapace di sopravvivere quale strumento per la riduzione dei conflitti e una via verso il disarmo e la convivenza pacifica. Poiché è vano sperare che il necessario cambiamento venga “dall’alto”, ampio spazio rimane da coprire con iniziative efficaci da parte della comunità civile, organizzazioni umanitarie e mondo scientifico attento ai problemi del Mondo.
Padova, 9 agosto 2024